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Analisi – L’importanza del Medio Oriente per un domani migliore


Roberto Roggero – Sulla base di un cauto ottimismo, necessario come collante, e tenendo ben presente quegli insegnamenti che si sarebbero dovuti assimilare da tempo, fra cui il detto del filosofo Eraclito “Il destino dell’uomo è il suo carattere”, si dovrebbe dare maggiore fiducia alle future generazioni, sganciando quelle fin troppo pesanti catene di una mentalità di potere ormai obsoleta e anacronistica. Soprattutto le pratiche obsolete, prima fra tutte la guerra, abitudine che la storia ha ampiamente dimostrato come sia sempre servita a ben poco. E’ altrettanto dimostrato che una pur complessa ma pacifica convivenza, basata sul buon senso, e sulla valorizzazione delle differenze che uniscono anziché dividere, ha dato in passato risultati ben più apprezzabili. A tale scopo, molta enfasi e attenzione (soprattutto in Italia, Francia e Vicino Oriente) sono state date alla saggia dimostrazione offerta dal vertice che si è tenuto giovedi fra due dei leader politici europei più coinvolti, e pur molto diversi fra loro, il presidente del Consiglio Mario Draghi, che non ha timore di mostrare concretezza, coraggio politico e realismo) e il presidente francese Emmanuel Macron (noto per essere cinicamente scaltro). I portavoce di due Paesi che, pur essendo, come si usa dire, “cugini”, non si sono mai profondamente amati e rispettati, ma anche il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e il pontefice, papa Francesco, hanno accolto molto positivamente l’avvenimento.

L’incontro ha tuttavia rivelato importanti novità, segno tangibile che si è giunto alla necessità di un cambiamento radicale, in un teatro d’azione dove il colosso americano si sta dimostrando dai piedi d’argilla e cerca appoggi a destra e a manca, e un’Europa che, da un lato, si definisce Unione ma di fatto non è mai stata tanto divisa; dall’altro sembra dimostrare sincera buona volontà di voler essere forte e di desiderare una nuova identità. Punto importante, in un eventuale riequilibratura, il fatto che la Germania sta per chiudere l’era Merkel.

Washington, da parte sua, sta cercando di imporre nuove regole, se non altro per riacquisire credibilità dopo il vergognoso abbandono dell’Afghanistan, di fatto regalato ai Talebani, ma sta annaspando, mentre cerca di ritrovare una sorta di direttiva di base per il prossimo futuro. Uno dei teatri più basilari, se non il principale in assoluto, per sperimentare tutto questo è senza dubbio il Medio Oriente, pur nell’oceano di diversità che esprime. In merito al Medio Oriente, il problema è che Italia e Francia hanno visioni radicalmente differenti sulla politica estera e sulla quasi totalità degli argomenti, e già questo non è un buon segno per presentare un fronte unico europeo. L’ombra del sultano Erdogan non ha mai sufficientemente sbilanciato Parigi, che non si è mai mostrata troppo dura con la Turchia, mentre il premier Draghi non ha esitato a definire Erdogan un autentico pericoloso dittatore e tiranno.

In Estremo Oriente, la Francia ha ancora velleità post-colonialiste al limite dell’aggressività, per ferite che di fatto non si sono del tutto rimarginate, o quanto meno mostrano cicatrici troppo vistose, mentre l’Italia non ha pretese in merito. Nonostante tutto questo, Macron e Draghi hanno deciso di cooperare pragmaticamente, e per questo il vertice di Roma è stato un passo importante, pur fra necessità e interessi non sempre sulla stessa linea, con riferimento in particolare alla Libia. Semmai Draghi può, con l’aiuto del presidente americano Biden, rafforzare le basi per un avvicinamento alla Russia dello Zar Putin, a sua volta è costretto a guardare al futuro prossimo per trovare una giusta collocazione fra le grandi potenze della storia attuale (e ci sta riuscendo). Da non trascurare la questione Cina che oggi è espressione di una nuova forma di capital-comunismo. E’ però nel Vicino Oriente che si gioca la partita più importante e dove si deve iniziare il cammino verso una società diversa, e anche nella grande Africa, che ha bisogno dell’aiuto di tutti per sconfiggere povertà, guerre e malattie. I presupposti ci sono tutti, le speranze anche. Rimane da mettere in pratica ciò che è nell’interesse dell’intero pianeta: convivenza.

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