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Genocidio armeno - Tutti lo riconoscono ma la politica lo fa solo a parole



Letizia Leonardi e Talal Khrais (Assadakah Roma News) - A pochi giorni dalla commemorazione delle vittime del genocidio armeno torniamo sull'argomento raccogliendo alcune importanti reazioni da parte della politica. Reazioni e belle parole ma ancora non fanno seguito fatti tangibili perché gli armeni, anche in questo momento, non hanno mai smesso di soffrire. Il 24 aprile di quest'anno, a 107 anni dal genocidio del popolo armeno, i parlamentari del gruppo di amicizia Italia-Armenia rappresentato dai senatori Paola Binetti, Stefano Borghesi, Roberto Calderoli, Isabella Rauti e i deputati Umberto Buratti, Laura Cavandoli, Jari Colla, Ugo Cappellacci, Giulio Centemero, Vito Comencini, Roberto Ferrari, Paolo Formentini, Eva Lorenzoni, Alvise Maniero, Elena Murelli, Tullio Patassini, Katia Polidori, Alberto Ribolla, hanno espresso la loro solidarietà. "Sono trascorsi 107 anni dal genocidio del popolo armeno - si legge in una nota - una tragedia che non possiamo e non dobbiamo assolutamente scordare. Dimenticare i momenti oscuri della storia fa sì che si possano ripetere. La memoria è l'antidoto alla barbarie e alla ferocia contro l'umanità e ricordare è quindi un dovere. Perciò come parlamentari della Repubblica Italiana siamo felici che la Camera dei Deputati nel 2019 abbia approvato all'unanimità una mozione unitaria che ha riconosciuto il genocidio del popolo armeno. In questo giorno ci stringiamo a tutti gli armeni nel ricordo del Metz Yegern e in particolare alle associazioni e comunità armene d'Italia". Hanno nominato la mozione del 2019 della Camera dei Deputati sul riconoscimento del genocidio armeno, dovrebbero però fare ancora un passo: approvare la stessa mozione anche al Senato in modo che l'Italia rientri tra quei Paesi civili che hanno una legge che riconosca il genocidio armeno. Un atto doveroso di giustizia che eliminerebbe finalmente la maschera di ipocrisia indossata per tutti questi anni. La senatrice dell'Udc, Paola Binetti ha ricordato il milione e mezzo di armeni massacrati nel 1915 ma nell'affermare che "Ci sono voluti quasi 100 anni perché il Parlamento italiano lo riconoscesse formalmente nel 2019 con una mozione approvata all'unanimità" confonde, speriamo in buona fede, il fatto che non basta l'approvazione da parte di una sola Camera del Parlamento per dire che l'Italia ha riconosciuto il genocidio armeno. Manca proprio il passaggio al Senato, dove lei siede. Quando poi afferma che ricordare, dopo 107 anni, il massacro degli armeni significa schierarsi ancora una volta accanto al popolo ucraino, che è

oggettivamente sotto la minaccia di un vero e proprio genocidio, e che il genocidio armeno si consumò sotto gli occhi di tutta l'Europa, sarebbe utile ricordarle che c'è stata una guerra nel 2020 nel Nagorno Karabakh, scatenata dagli azeri (appoggiati dalla Turchia) contro il popolo pacifico armeno, che è durata 44 giorni. E ancora gli armeni sono sotto assedio con continue provocazioni da parte dell'Azerbaijan. E se si riconosce il diritto all'autodeterminazione all'Ucraina lo stesso si dovrebbe fare con gli armeni del Nagorno Karabakh (da sempre enclave armena), che dal 1991, con un referendum democratico ha deciso di autoproclamarsi Repubblica indipendente d'Artsakh. Bene fare confronti tra ucraini e armeni ma allora facciamolo fino in fondo e trattiamo allo stesso modo i due popoli, perché non ci sono sofferenze di serie A e di serie B, non ci sono diritti all'autodeterminazione che valgono solo per certi popoli e non per altri. Ci ricordiamo ancora della delegazione di parlamentari italiani che, dopo la disfatta degli armeni (che non avevano le armi di ultima generazione e i mercenari che aveva invece il governo di Baku), si sono recati a congratularsi con Aliyev per la vittoria. E neppure ci possiamo scordare quelle strette di mano per concludere affari per la fornitura di gas azero, rosso del sangue dei circa 5000 giovani soldati armeni uccisi, in poco meno di 2 mesi. Significative sono state le parole del premier armeno Nikol Pashinyan: "Il riconoscimento internazionale del genocidio armeno può contribuire a ridurre le tensioni nella regione invece di esacerbarle. Negare o distorcere la verità storica spiana la strada a nuove atrocità e crimini. La comunità internazionale può fare molto per prevenire altri crimini". Il genocidio perpetrato dai Giovani Turchi contro la popolazione armena dall'Impero ottomano nel 1915 è stato riconosciuto dai governi e dai Parlamenti di 31 Paesi. La Turchia non intende ancora ammetterlo e chiedere scusa.


Anche il presidente americano Joe Biden ha commemorato il 107° anniversario dell'inizio del genocidio armeno. Ha colto questa occasione per ribadire una serie di principi in politica estera ma anche se, in questa circostanza, non ha nominato la guerra in Ucraina, anche se non ha nominato la parola genocidio riferito al popolo ucraino, sta comunque spingendo il suo Congresso e i suoi Alleati ad una escalation militare e imponendo sanzioni alla Russia che porterebbe ad una terza guerra mondiale e allora altro che genocidio: sarebbe la fine dell'umanità. Se Biden, come dice, intende rinnovare l'impegno dell'America a rimanere vigile contro l'influenza corrosiva dell'odio in tutte le sue forme e a impegnarsi a denunciare e fermare le atrocità che lasciano cicatrici durevoli nel mondo, dovrebbe allora spingere per seri negoziati al fine di giungere ad una pace. Mantenendo una promessa fatta in campagna elettorale, Biden ha usato il termine "genocidio", riferito agli armeni, per la prima volta durante l'anniversario dello scorso anno. Un importante passo avanti dal momento che Washington ha sempre evitato di pronunciare la parola genocidio per non infastidire la Turchia, membro della Nato. E infatti la reazione di Ankara allora non si era fatta attendere, respingendo e denunciando con fermezza la dichiarazione del presidente degli Stati Uniti. Oggi le cose sono un po' cambiate perché lo scorso 24 aprile il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, ha invitato la minoranza armena presente in Turchia a sostenere il processo di normalizzazione dei rapporti tra Turchia e Armenia. In un messaggio al patriarca armeno ortodosso Sahak MaŸalyan, Erdogan si è rivolto alla comunità armena riunita presso il Patriarcato armeno di Istanbul.

"Commemoro rispettosamente - ha dichiarato Erdogan - ancora una volta gli armeni ottomani

defunti e porgo le mie sincere condoglianze ai loro parenti sopravvissuti. Auguro la misericordia di Dio a tutti i cittadini ottomani che sono morti nelle difficili condizioni della prima guerra mondiale. È importante per noi, che da secoli condividiamo gioia e preoccupazione, legare insieme le ferite del passato e rafforzare i nostri legami umani. Con questa comprensione, credo che dovremmo costruire insieme il futuro, ispirati dai nostri legami risalenti fino a mille anni fa, invece di amplificare il dolore". Parole concilianti, quelle del presidente turco, che si aspettavano da tempo, anche se la parola genocidio non è stata pronunciata. Parole però che anche disorientano se si pensa che nel 2020, lo stesso Erdogan aveva dichiarato che, nei confronti degli armeni, si doveva completare il lavori di spade iniziato dagli avi.

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