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“The Prophet”, l’insegnamento di Kahlil Gibran

Teresa Lardino - Progetto sofferto questa trasposizione letteraria. Una realizzazione che non è certo solo per i più piccoli, anzi, specialmente dedicata a sensibilizzare i più grandi, sul tema che la pellicola lascia trasparire: un profondo senso di sconfitta nei confronti di un mondo che non è ancora pronto ad accettare l'armonia, l'equilibrio e la bellezza della vita. Un’animazione delle poesie di Kahlil Gibran, con un profondo senso etico e sociale, con grande leggerezza. Guardarlo fa sicuramente riflettere, pur essendo solo un frammento di un puzzle che raffigura l'umanità e le sue innate virtù.

Ispirato al mondo di Kahlil Gibran, del quale lo scorso 6 gennaio ricorreva il 183° anniversario della nascita, il film (una cooperazione di Libano, Qatar, USA e Canada) racconta la figura del poeta Mustafa, che lavora con le parole, e per questo nell'isola di Orphalese è tenuto prigioniero in una casa isolata, perché il governo lo accusa di essere sedizioso e voler sovvertire il sistema. Nella sua vita entra la vivace Almitra, figlia della sua domestica Kamila, che è rimasta muta per lo shock della morte del padre.

A partire dal testo di Gibran, si apre una carrellata di talenti di nove animatori diversi, per mettere in scena le sue parole, le sue poesie e il suo mito, in una forma accettabile per un pubblico vasto. A questo servono i personaggi di Kamila e Almitra, a fornire al film una cornice narrativa, a fare da spalla ai discorsi del poeta Mustafa e dargli spunto per declamare i versi del grande autore originario della cittadina di Bcharre, in Libano.

La poesia rompe la linearità narrativa con momenti in cui la messa in scena si libera, e il visivo insegue l'uditivo. Ogni volta che si passa dalla narrazione alla poesia, lo stile d'animazione cambia, con sequenze di parole e immagini, viaggiando fra l'astratto e l'evocativo, interpretando in maniera personale l'impossibile compito di fare da specchio e veicolo per la poesia. Il film si fa veicolo della poesia nel modo più diretto: facendola recitare su un tappeto di immagini.

L'idea di fare un film tratto dal capolavoro di Khalil Gibran, fa onore alle parole più adatte per i grandi momenti della vita, se pure suggeriti in un sussurro.

L’insegnamento di Kahlil Gibran è approdato anche al teatro, con il testo “Iram, città dalle alte colonne“, il regno dello spirito, il sogno del giovane cristiano Najeeb, alla ricerca della Divina Amena, custode del segreto che cela il cammino, sotto la guida del saggio mussulmano Zain, in un viaggio nel mito verso l’anima, per incontrare una donna misteriosa, ma anche alla ricerca del segreto che si cela nell’aurea Città dalle Alte Colonne, il regno dello spirito.

Najeeb, giovane libanese di fede cristiana, incontrerà in principio il saggio musulmano Zain, che lo introdurrà alla Divina Amena, non prima di avergli consegnato il profondo messaggio della perfetta fratellanza.

Per mezzo di uno sguardo che arriva fino al cuore e della sua innata sapienza, la Divina Amena mostrerà al frastornato Najeeb il retto cammino da intraprendere per arrivare alla luce della verità.

Un insegnamento che dovrebbe fare capire alle giovani generazioni quale potrebbe essere la soluzione a molti problemi che dovranno necessariamente affrontare, ma anche in certi “palazzi del potere“, perché in futuro l’idea di un ambiente di pace e cooperazione possa essere sostituito alla “ragion di stato“, e perché tutti ne possano trarre vantaggio e benessere.

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