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Artsakh - Monumenti presi di mira dalla furia distruttiva di Baku


Letizia Leonardi (Assadakah News Agency) - Puntuale, dopo lo "scippo" azero dell'Artsakh (Nagorno Karabakh) agli armeni con l'assordante silenzio occidentale, arriva la distruzione di tutto ciò che si trova su quel territorio a lungo conteso. Sono stati cambiati subito i nomi delle città di quella che era la piccola enclave armena nel territorio dell'Azerbaijan e ora, dell'ancestrale presenza armena, non deve restare alcuna memoria. E così gli azeri se la prendono anche con chi è stato uno dei più grandi artisti a livello internazionale. A Stephanakert, che ora è diventata Khankendi, è stato stato distrutto il monumento, che era stato inaugurato nel 2021, in memoria di Charles Aznavour. A darne notizia è stato il Consiglio di Stato per la Protezione del Patrimonio Culturale dell’Artsakh. Il busto, realizzato dallo scultore Yuri Hovhannisyan, che si trovava accanto al Centro della Francofonia Paul Eluard nella capitale dell'Artsakh, ora non c'è più. Ma il Consiglio di Stato ha un gran lavoro da fare perché quello che è accaduto non è stato il primo e non sarà l'ultimo atto di vandalismo, di distruzione e di odio verso tutto ciò che è armeno. Croci di pietra (katchkar), statue, chiese, tombe, tutto ciò che testimonia la presenza armene in quelle zone deve essere cancellato. Aliyev, che ha fatto in modo di appropriarsi di tutta l'autoproclamata Repubblica d'Artsakh senza gli armeni (solo una piccola percentuale ha deciso di restare), ora vuole portare a termine il genocidio culturale eliminando le tracce millenarie della presenza armena. Queste terribili notizie arrivano nei giorni del ricordo del massacro della popolazione armena di Sumgait, in Azerbaijan, avvenuto dal 27 al 29 febbraio del 1988. Da quel momento è partita l’ondata di pogrom contro gli armeni in tutto il territorio dell’Azerbajjan. Mkhitar Karapetyan, dell’Ufficio del Difensore Civico per la cultura armena ha lanciato l'allarme: il monumento ad Artsvi, di epoca sovietica, nel parco di quella che era la capitale dell'Artsakh, è stato distrutto. Stessa sorte è toccata alla statua del filantropo Alek Manukyan, ai monumenti allo scrittore Hakob Hakobyan, al primo Presidente del Comitato Popolare della Repubblica Socialista Sovietica di Armenia Alexander Myasnikyan, all’Ammiraglio Ivan Isakov, ai soldati sovietici Anatoly Zinevich, Kristafor Ivanyan, al leader bolscevico del Caucaso, Stepan Shaumyan, che aveva dato il nome alla capitale Stepanakert e all’eroe dell’Artsakh, Ashot Ghulyan. Ma gli azeri non si accaniscono solo sui monumenti, anche le tombe dei morti nella guerra di liberazione dell’Artsakh sono state vandalizzate, come pure il Museo di Martakert, come riferito dal canale Telegram Karabakh Records. Ora si teme anche per la sorte del monumento alle vittime del terremoto in Armenia del 1988 e ci chiediamo fino a quando resterà in piedi il monumento simbolo dell’Artsakh chiamato "Noi siamo le nostre montagne".  Ovviamente la furia di Baku non ha risparmiato le numerose chiese e la grande croce (seconda più grande d'Europa) che, posizionata su una collinetta, illuminava la capitale della Repubblica di Artsakh, eretta in memoria dei moltissimi militari morti per la liberazione e la difesa dell’Artsakh.

E forse cadrà ancora una volta nel vuoto il grido d'aiuto del Consiglio di Stato per la Protezione del Patrimonio Culturale dell’Artsakh che invita tutti i media del mondo  a denunciare con forza questi atti deplorevoli e sistematici di distruzione. Come per le aggressioni, per le guerre, per il blocco e la conseguente grave crisi umanitaria, tutti i Paesi cristiani stanno in silenzio di fronte a questa scellerata e pericolosa politica genocida dell’Azerbajjan.

E il Parlamento Europeo, che dispensa lezioni di democrazia e di rispetto dei diritti umani che fa? Continua con i proclami per stare in pace con la coscienza, Chiede sanzioni immediate contro l'Azerbaijan, di sospendere il Memorandum d’Intesa sul Partenariato Energetico Strategico, sanzioni contro la leadership politica e militare di Baku e la sospensione delle importazioni di petrolio e gas in caso di aggressione militare da parte dell'Azerbaijan contro l'Armenia. Chiede inoltre di rafforzare e prolungare il mandato della missione dell’UE in Armenia, schierare osservatori al confine con la Turchia e bloccare i negoziati su un nuovo accordo di partenariato con Aliyev.

Queste risoluzioni saranno destinate a riposare nel cassetto di qualche scrivania a far compagnia a tutte le altre? Ai posteri l'ardua sentenza.






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