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"Israele ha scatenato una guerra contro la Palestina"


(a cura dell'Ambasciata di Palestina in Italia) - Ovviamente, il cessate il fuoco seguito ai bombardamenti israeliani che per 11 giorni (dall’11 al 21 maggio) hanno martoriato Gaza è una buona notizia, ma questo non sarebbe un vero risultato se non portasse ad un cambiamento delle politiche di Israele, che sottopongono la popolazione palestinese a continue vessazioni esponendola a rischi quotidiani concreti e rendendo la situazione esplosiva nell’intera regione. Se il cessate il fuoco dovesse semplicemente riportare la lancetta al giorno prima dei bombardamenti israeliani, questo non comporterebbe la fine delle sofferenze del popolo palestinese. Se la comunità internazionale non si metterà duramente al lavoro per individuare le responsabilità dell’occupazione israeliana chiedendo a Israele di rispondere dei suoi crimini, saremo di nuovo al punto di partenza. Dobbiamo tenere a mente che il punto di partenza è l’occupazione e dobbiamo ricordarci che cosa significa occupazione: presenza militare e controllo della tua terra da parte di una potenza straniera. Nel caso dei palestinesi, la situazione è aggravata dal furto di terra portato avanti dai coloni, che vivono illegalmente sui loro territori e sfruttano le loro risorse impedendo ai loro cittadini di goderne. Immaginate se tutto questo accadesse in Italia. Parliamo di vere e proprie annessioni, che il diritto internazionale ritiene totalmente illegali. Una situazione di fatto, imposta con l’uso della forza, non è legittima. Questo principio universale del diritto si applica anche a Israele, che non può essere al di sopra della legge e deve farsi carico delle proprie responsabilità.

Lo dicono molte risoluzioni delle Nazioni Unite, che in molti casi riguardano proprio Gerusalemme Est, dove tutto è cominciato: i palestinesi che vivono a Gerusalemme Est non sono in nessun modo israeliani e vivono nella legittima capitale della Palestina, che secondo il diritto internazionale non appartiene a Israele, ma è stata occupata dall’esercito e dai coloni israeliani nel 1967. Chiunque abbia letto i giornali sa che la miccia della cosiddetta “escalation” è stata innescata dalla repressione israeliana durante le celebrazioni del Ramadan, che hanno visto coloni ed esercito aggredire i fedeli perfino dentro alla Moschea di Al-Aqsa; dagli sfratti nel quartiere di Sheikh Jarrah, che non sono “questioni private” ma parte della pulizia etnica che Israele porta avanti a Gerusalemme Est senza alcun titolo; e dal boicottaggio delle elezioni palestinesi, ottenuto proibendo ai cittadini di questa città di votare per il proprio Parlamento e il proprio Presidente.

Ben prima che partissero i famosi razzi da Gaza, la violenza e le provocazioni delle forze di occupazione e dei coloni avevano raggiunto livelli mai visti, fino a profanare i luoghi sacri. L’attenzione dei media italiani sui razzi di Hamas è stata per questo paradossale e fuorviante. Si è parlato di autodifesa di una potenza occupante e si è rimosso completamente dalla narrazione tutto

ciò che veniva prima: non solo ciò che è accaduto nelle sconvolgenti giornate di Gerusalemme Est, ma anche quello che va avanti da anni in tutta la Palestina, cioè l’espandersi delle colonie illegali, la demolizione delle case palestinesi, le detenzioni arbitrarie, le uccisioni ingiustificate, le condizioni di vita miserabili alle quali sono condannati i palestinesi, l’Apartheid, l’impossibilità di avere un loro Stato. In poche parole, non si è parlato dell’occupazione, che è la vera causa di tutti i mali a cui abbiamo assistito e continueremo ad assistere, se le cose non cambiano. Ci saremmo aspettati un minimo di apprezzamento per gli sforzi della leadership palestinese di resistere a tutto questo in modo pacifico.

A Gaza, le forze di occupazione hanno distrutto 132 edifici compresa la torre sede di diverse testate giornalistiche, 316 unità abitative, 9 centri medici tra cui l’unico laboratorio di analisi per i test Covid, e 6 ospedali. Sotto le bombe israeliane sono morte almeno 248 persone: di queste, 75 erano bambini, 39 erano donne e 17 anziani. Nessuno di loro era uno “scudo umano”, erano tutti esseri umani. A sentire Israele, è colpa loro se sono morti. Ed è colpa degli abitanti della Striscia se adesso devono contare 2.000 feriti e 100.000 sfollati, senza casa e in cerca di rifugio.

Questa aggressione traumatizza ulteriormente una popolazione già bersagliata: non solo quella di Gaza, fatta di 2 milioni di persone che vivono da 14 anni sotto assedio – altro che “Singapore del Medio Oriente”, come si è permesso di dire l’Ambasciatore di Israele in Italia - ma quella di tutta la Palestina, vulnerabile alla macchina da guerra della potenza occupante e senza la protezione internazionale di cui ha disperato bisogno. Se le uccisioni in Cisgiordania e a Gerusalemme Est in questo periodo si sono moltiplicate, le bombe del maggio 2021 ricordano quelle cadute su Gaza nel 2008, nel 2012 e nel 2014, per cui non è stata ancora fatta giustizia ma su cui la Corte Penale Internazionale sta giustamente investigando.

Risulta evidente che non ci sarà mai pace senza giustizia. Dopo il cessate il fuoco, serve un’immediata iniziativa politica basata sul diritto internazionale e le risoluzioni ONU, che metta fine all’occupazione israeliana dei Territori Palestinesi del 1967 con capitale Gerusalemme Est, e risolva la questione dei rifugiati sulla base della Risoluzione ONU 194 del 1948, che garantisce il diritto al ritorno anche attraverso forme di risarcimento. L’intervento della comunità internazionale e del Quartetto per il Medio Oriente sono a questo punto obbligatori, anche perché Israele, su questi punti come su molti altri, disconosce totalmente il diritto internazionale e continua a parlare, anche per bocca del suo Ambasciatore in Italia, di “territori contesi”, negando volutamente il significato delle risoluzioni delle Nazioni Unite,

che parlano esplicitamente di “Territorio Palestinese Occupato” (vedi ad esempio la Risoluzione del Consiglio di Sicurezza 2334 del dicembre 2016).

Nel frattempo, la Palestina ringrazia tutte le associazioni, i movimenti e le forze politiche italiane e di tutto il mondo che hanno dimostrato una vicinanza preziosa in un momento drammatico. Le loro manifestazioni, numerose e partecipate, provano ancora una volta il legittimo diritto del popolo palestinese ad essere libero.

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