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Mar Rosso - Una nuova strategia?

Lorenzo Utile - Non è certo un segreto che il Golfo di Aden, lo stretto di Bab el Mandeb e il Mar Rosso siano una delle zone più delicate e strategiche del mondo. Ancora più delicata da quando i ribelli Houthi hanno cominciato ad attirare l’attenzione con attacchi in territorio saudita, specialmente quello di fine marzo 2022 sulle installazioni petrolifere di Jeddah.

Con lo scoppio della guerra fra Hamas e Israele, gli Houthi hanno aperto un altro fronte proprio nel Mar Rosso, annunciando che avrebbero attaccato qualsiasi nave battente bandiera della coalizione che sostiene Israele, in sostegno alla causa palestinese. E in effetti sono già avvenuti diversi attacchi, ed è stata costituita una Task Force specializzata internazionale, di cui fa parte anche l’Italia, per la sorveglianza delle rotte.

Il pericolo Houthi

Gli attacchi provenienti dallo Yemen minacciano il flusso del commercio, e mettono in pericolo molte vite oltre a violare il Diritto Internazionale.

Com’è noto, questo importante tratto di mare, che dall’Oceano Indiano porta al Mediterraneo, è delimitato a nord dal Canale di Suez e a sud dallo Stretto di Bab el Mandeb, e oltre ad essere percorso da migliaia di navi di vario genere, attualmente è anche progetto di diverse zone franche, nuove città e diritti di passaggio. Le località turistiche, specie nel sud del Sinai, competono con le iniziative in corso di realizzazione in Arabia Saudita nei pressi del golfo di Aqaba, uno dei risultati positivi del riavvicinamento fra Arabia Saudita ed Egitto, simboleggiato dalla cessione delle isole di Tiran e Sanafir all’Arabia Saudita, dopo oltre mezzo secolo di occupazione.

L'Arabia Saudita

Il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman ha avviato grandiosi progetti, nel quadro del piano per il 2023, ad esempio il piano Neom, mega città sul Golfo di Aqaba. Nel 2021, l’Arabia Saudita ha reso pubblico il progetto di costruzione del più grande complesso industriale galleggiante, conosciuto come Oxagon, il cui obiettivo è trasformare il porto di Dhina in un polo logistico, commerciale e industriale, capace di fare concorrenza alle principali infrastrutture del Medio Oriente, e farne il fulcro dell’economia nazionale, in collegamento con lo scalo di Yanbu, terminale dell’oleodotto che attraversa il Paese, con una raffineria che ha la capacità di lavorazione di 400mila barili al giorno. Inutile dire i vantaggi che Riyadh ne trarrebbe a livello mondiale. Prova del gigantismo di queste ambizioni, la Cina ha manifestato il suo interesse per questi progetti, compatibili con le nuove vie della seta.

I Paesi del Golfo

Gli Emirati Arabi Uniti, altro attore protagonista fra i Paesi del Golfo, si sono appoggiati a saldi punti di sostegno sulle coste africane, come Assab (Eritrea), Berbera (Somaliland), l’isola di Mayyun, e quella di Socotra (Oman), in mezzo allo stretto di Bab el Mandeb.

Fra le potenze del Golfo da non dimenticare la Repubblica Islamica dell’Iran, che se non dispone di punti d’appoggio marittimi può contare sulla presenza di una nave ancorata permanentemente a sud del Mar Rosso, utilizzata come base logistica galleggiante per i reparti di protezione a bordo delle navi per la protezione del traffico commerciale iraniano.

Ci sono poi gli interessi terzi, che oltre a Russia e Cina, cominciano a manifestarsi da parte della Turchia, che ha investito in Somalia con intenti strategici vista la posizione geografica. Il porto e l’aeroporto di Mogadiscio sono utilizzati da grandi aziende e società turche, alle quali il governo somalo ha chiesto di cercare idrocarburi nelle proprie acque territoriali. Inoltre, in Somalia vi è una importante base militare turca con circa 200 militari, principalmente istruttori dell’esercito somalo. Interesi turchi anche in Sudan, così come russi con l’importante base di Port Sudan. Nel marzo 2018, anche il Qatar è entrato in gioco, concludendo importanti trattati commerciali e in materia di infrastrutture, per il rinnovo del porto di Suwakin (isola amministrata dalla Turchia). La base navale russa a Port Sudan, come annunciato da Mosca nel 2020, avrebbe lo scopo di aprire la strada alla costruzione di un centro logistico per le forze navali russe sul Mar Rosso, postazione che permetterebbe di monitorare il traffico marittimo e delle comunicazioni fra la Regione e l’Occidente, basato sui cavi sottomarini.

L'importanza di Gibuti

Gibuti sviluppa un’economia basata principalmente sulla rendita delle basi militari, che rappresenta una parte non indifferente della bilancia economica nazionale, alimentata anche dai contributi dei Paesi che hanno interessi in loco e quindi ben disposti a mantenere la stabilità. Tecnicamente poi, gli scali marittimi di Gibuti sono fra i più moderni al mondo, con una estensione verso Doraleh. Oltre alla base gestita dalla Francia (che ha concesso l’indipendenza nel 1977), vi è la base americana (con circa 2.000 uomini addestrati nell’antiterrorismo), la base giapponese, presidi italiani e spagnoli e, non ultimo, un importante avamposto cinese. Non a caso, Gibuti è la principale base di riferimento per la Task Force 153, forza marittima multinazionale per la protezione delle rotte attraverso il Mar Rosso, con la nuova operazione “Prosperity Guardian”.

In questo scenario, è difficile che le tensioni si attenuino, visto che sono animate da enormi interessi economici, politici e geopolitici.

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