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Roma - Anche Assadakah all’incontro Senzatomica

(m.m./Assadakah News) - Centoquarantamila decessi solo il 6 di Agosto. Dopo tre giorni altri settantamila morti. Fu questa l’immediata conseguenza del lancio delle bombe atomiche sul Giappone nel 1945. Nell’attuale fase storica, caratterizzata da eventi cruenti tali che mai l’uomo avrebbe potuto immaginare ripresentarsi dopo la Seconda Guerra Mondiale, è fondamentale ricordare la presenza della più devastante e persistente minaccia alla nostra esistenza: le bombe atomiche.

A Roma, la Soka Gakkai, organizzazione buddista laica, ha predisposto in uno dei palazzi del centro storico in Piazza San Giovanni in Laterano, una mostra itinerante gratuita di grande impatto, visitata ogni giorno da centinaia e centinaia di persone, in particolare molti giovani.

Aperta fino al 18 maggio 2024, la mostra è incentrata sul Trattato Internazionale per la Proibizione delle Armi Nucleari (TPNW). Un trattato che fu adottato dall’Assemblea delle Nazioni Unite nel 2017, grazie ai movimenti della società civile formatisi attorno agli Hibakusha (i sopravvissuti dei bombardamenti nucleari di Hiroshima e Nagasaki).

Lo firmarono oltre 120 paesi. Il TPNW entrò in vigore nel 2021, rendendo da quel momento le armi atomiche illegali, esattamente come quelle chimiche, biologiche, a grappolo, etc. Va sottolineato che numerosi paesi africani hanno ratificato tale accordo, esibendo così maggiore attenzione per la dignità umana e il diritto alla vita rispetto a molti dei paesi occidentali, i quali invece hanno persino votato contro l’adozione del TPNW. Senzatomica conduce il visitatore attraverso il passato per giungere al presente.

Inizialmente, lungo il percorso, è delineata la storia di come negli USA si giunse a creare la bomba atomica tramite il Progetto Manhattan. Un programma di ricerca, diretto dallo scienziato J. R. Oppenheimer, al quale parteciparono le menti più brillanti della fisica dell’epoca, tra cui anche Enrico Fermi.

Questi scienziati, molti dei quali si pentirono poi amaramente, lavorarono alla realizzazione della bomba atomica, credendo erroneamente che i nazisti ne stessero per produrre una anche loro. Una volta scoperto però, che i tedeschi non sarebbero stati in grado di realizzarla, gli Stati Uniti (sostenuti da Gran Bretagna e Canada) proseguirono nel loro intento e nel luglio del 1945 fecero il primo esperimento nucleare (il Trinity Test). A distanza di pochi giorni, il 6 agosto del 1945, gli USA sganciarono la prima bomba atomica su Hiroshima, e lo fecero da una altezza di 580 metri per avere il maggiore impatto possibile. Vi riuscirono, poiché nella zona più prossima all’esplosione vi fu la più devastante deflagrazione della II. Guerra Mondiale. 140.000 morti furono causati nell’immediato da questa bomba all’uranio a cui si aggiunsero i 70 mila di Nagasaki e le altre decine di migliaia di persone decedute nei mesi successivi.

L’atroce conseguenza del lancio di queste due sole testate nucleari fu di oltre 200 mila morti. Morti non necessari, come scrisse lo storico americano Gar Alperovitz sul Washington Post nel 1985, causati da una superpotenza intenta a dimostrare la propria supremazia non nei confronti del Giappone (stremato e pronto alla resa), bensì della Russia. Fu proprio questa la motivazione che spinse il presidente Truman a far sganciare anche la seconda bomba atomica al plutonio su Nagasaki.

In queste due città del Sol Levante, quasi completamente rase al suolo, una parte degli abitanti riuscì comunque a sopravvivere, andando incontro ad atroci sofferenze per via della ricaduta radioattiva, causa di molteplici patologie, anche nelle generazioni successive. Gli Hibakusha, i sopravvissuti di questi bombardamenti atomici, il cui bersaglio fu proprio la popolazione civile, si sono battuti sin da subito affinché una tale atrocità disumana non si avesse a ripetere, riuscendo con l’aiuto della società civile a rendere queste armi illegali (anche grazie al movimento ICAN – International Campaign to Abolish Nuclear Weapons – insignita del Premio Nobel per la Pace nel 2017).

Purtroppo, sono proprio i cinque stati, membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, ossia Francia, Cina, USA, Russia e Gran Bretagna a non voler riconoscere tale trattato, così come non lo fanno gli altri stati detentori di armi atomiche, come Israele, Pakistan, India.

Preferiscono dare peso alla linea politica della cosiddetta deterrenza nucleare, di fatto a quella che è nota come “distruzione reciproca garantita”, in inglese Mutual Assured Distruction, il cui acronimo MAD, è parola che in questa lingua significa “folle”. E di follia, infatti, si tratta, come riconoscono spontaneamente persino i bambini di quinta elementare che visitano questa mostra a Roma. Una follia che può condurre alla distruzione dell’umanità e di molte altre specie viventi sul pianeta, anche e solo per errore (come indica l’episodio avvenuto nel 1983 e sventato dal tenente colonnello sovietico Stanislav Petrov). Una follia che potrebbe scatenarsi oggi a causa di probabili hackeraggi oppure per via di linee di comando militari non più controllabili, poiché affidate all’intelligenza artificiale.

Nel mondo vi sono attualmente oltre 12mila testate nucleari (molto più potenti e devastanti rispetto a quelle che colpirono Hiroshima e Nagasaki). Di queste 2000 sono immediatamente pronte all’uso, 35 delle quali sono le bombe nucleari strategiche statunitensi dislocate ad Aviano e Ghedi. Da un recente sondaggio si desume che l’87 percento degli italiani vorrebbe che l’Italia ratificasse il TPNW, ossia il trattato che vieta la produzione, lo stoccaggio e la gestione delle armi nucleari. Un desiderio questo mosso anche dalla constatazione che sono le nostre tasse a finanziare il mantenimento delle testate nucleari e che basterebbe il 10 percento del denaro investito in queste armi di distruzioni di massa per raggiungere gli obiettivi dell’agenda 2030 delle Nazioni Unite, tra cui sconfiggere la fame e la povertà nel mondo. Senzatomica, la mostra organizzata con il sostegno attivo di molteplici volontari dall’organizzazione buddista laica Soka Gakkai a Roma, non si limita a presentare dati, testimonianze video ed esperienze immersive, tramite realtà virtuale, poiché durante il percorso si tenta di illustrare a chi lo segue, che il disarmo inizia con il disarmo interiore, che non bisogna reagire, ma agire, e che agire significa operare non a favore delle spinte più primitive dell’ego, ma adoperarsi principalmente per il bene comune.

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