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Sudan - RSF responsabili di morti in orfanotrofio di Khartoum

Assadakah News Agency - L'Arabia Saudita e gli Stati Uniti hanno annunciato in un comunicato congiunto la proroga di cinque giorni della tregua in Sudan per "consentire maggiori sforzi umanitari".

La crescente crisi umanitaria in Sudan si colloca sullo sfondo di una lunga crisi economica e di conflitti preesistenti in alcune parti del paese, con un terzo della popolazione che aveva già bisogno di assistenza umanitaria. Oltre alla dislocazione su larga scala, il conflitto ha reso sempre più difficile l’accesso a cibo, acqua, denaro, carburante, assistenza sanitaria e altri servizi di base per milioni di persone. L’elevata insicurezza e il saccheggio di beni e uffici umanitari hanno compromesso l’accesso umanitario ai luoghi chiave del conflitto. Il numero di persone bisognose di assistenza umanitaria è aumentato da 15,8 milioni, stimato nel novembre 2022, a 24,7 milioni nel maggio 2023, un aumento del 57 per cento.

Mentre il conflitto continua, l’esodo della popolazione verso porti più sicuri aumenta. Secondo l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, questa è la peggior crisi umanitaria che il paese abbia mai visto. Sarebbero almeno 1,1 milioni le persone che sono state costrette a lasciare le loro case, sia nella capitale che in altre città. Si tratta di una crisi che, come denuncia UNHCR, l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, ha causato un’emergenza sia all’interno del Sudan, sia nei paesi limitrofi come Ciad, Sudan del Sud ed Egitto, dove innumerevoli persone si rifugiano in cerca di salvezza.

La pressione maggiore si sta esercitando sull’Egitto, destinazione di quasi 70mila fra richiedenti asilo e rifugiati in transito verso nord. Oltre 26mila migranti sono defluiti in Ciad, Paese che già ospita 400mila rifugiati sudanesi e confina con il Darfur, mentre più di 43mila hanno varcato la frontiera meridionale con il Sud Sudan: una quota che si divide fra 2.756 nuovi arrivi e un totale di 40.295 sud sudanesi rimpatriati.

In mancanza di una risoluzione di pace rapida e duratura, le ripercussioni saranno devastanti per il paese. Circa il 68% degli sfollati interni proviene dallo stato di Khartoum, con alcuni che fuggono negli stati vicini e altri che cercano rifugio all’interno dello stato. Il maggior numero di sfollati interni si trova nel Darfur occidentale, nel Nilo Bianco e negli Stati del Nord. Tra le tantissime persone sfollate, si stima che almeno 368.000 sono bambini. E proprio i bambini stanno pagando il prezzo più alto. E’ successo alla Maygoma House, il più grande orfanatrofio di Khartoum, teatro di una agghiacciante tragedia: una cinquantina di piccoli ospiti è morta di fame perché i paramilitari della Rapid Support Force hanno impedito al personale di poter operare nella struttura e nessuno è riuscito a nutrirli. Un massacro che rappresenta la malvagità di questa assurda guerra. Abeer Abdullah, un medico della struttura, ha fatto di tutto appena scoppiata la guerra. Correva da una parte all’altra, insieme al poco personale rimasto per accudire centinaia di piccoli. Il loro pianto disperato si sentivano in tutto l’edificio, malgrado gli spari e i colpi di artiglieria pesante nei dintorni. Ma senza lo staff necessario, è difficile prendersi cura di tutti i bambini, molti, moltissimi sono morti per grave malnutrizione e disidratazione, ha raccontato la dottoressa Abdullah. Per non parlare dei neonati, creature fragili, deceduti anche a causa di febbri altissime.

I decessi giornalieri sono saliti di giorno in giorno, ha raccontato il dottore. Almeno 50 bambini, tra questi oltre 20 neonati, sono morti nell’orfanotrofio nelle sei settimane dallo scoppio della guerra. E venerdì, 26 maggio ben 13 bambini sono morti. Un funzionario dell’orfanatrofio e un medico volontario hanno confermato le morti.

Intanto, la guerra del Sudan è sparita dalle prime pagine dei giornali di tutto il mondo, ma la morte di questi bimbi indifesi non potrà essere cancellata.

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