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Dossier - Crisi umanitaria, sappiamo davvero cos’è?

(Hussein Ghamlouche - Ambasciatore Internazionale di Pace) Che cosa è realmente una crisi umanitaria? Siamo sicuri di saperlo con esattezza? Da cosa può essere causata e quali possono essere le concause? E le soluzioni? Molte domande, purtroppo in maggior parte ancora senza risposta, considerando la situazione internazionale.

Non c’è mai solo una causa, questo è ormai assodato e molti sono gli aspetti che caratterizzano le crisi umanitarie, così come i diritti negati alle popolazioni che vivono tali crisi.

Allarme alimentare, accesso ai diritti di giustizia ed educazione, diritto a una vita dignitosa, diritti dell’infanzia, il quadro è complesso e delicato, perché diverse sono le caratteristiche dei Paesi che vivono una crisi umanitaria.

A livello mondiale l’assistenza internazionale è molto attiva, specialmente da parte delle principali organizzazioni non governative, ma le richieste di maggiore attenzione e maggiori finanziamenti stanno aumentando in conseguenza della situazione globale.

L’Alto Commissariato per i Diritti Umani delle Nazioni Unite (OHCHR), definisce crisi umanitaria “un evento o una serie di eventi che minacciano salute, sicurezza o benessere di una comunità, o di un grande gruppo di persone”, ma sappiamo che ogni crisi umanitaria è causata da diversi fattori, può avere conseguenze differenti e causare danni a breve e lungo termine. Il fattore comune rimane la violazione dei diritti umani, diritto alla vita, libertà di espressione, di movimento, e altri definiti fondamentali e tutelati dalla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani dal dicembre 1948 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite.

Sono principalmente le guerre all’origine delle crisi umanitarie attuali, poi le catastrofi naturali anche e soprattutto causate dall’uomo, le crisi economiche e politiche, il negato accesso ai bisogni primari quali alimentazione, acqua potabile e una casa. Ad oggi, le crisi umanitarie in corso sono più di una decina, e la regione più colpita è l’Africa, dove il Paese afflitto da più tempo è lo Yemen e dove oltre 23 milioni di persone, di cui 13 milioni bambini, vivono una crisi senza precedenti. Vi è poi l’Etiopia, dove il conflitto scoppiato da due anni fra governo nazionale e movimento rivoluzionario interno ha portato alla fame più di 5 milioni di individui.

Inoltre non si può non ricordare il Sudan, e le crisi “dimenticate” come quella dei Rohingya in Myanmar e di altre comunità etniche.

Una crisi umanitaria si configura quindi come il risultato di più fattori a livello politico, economico, sociale e ambientale, che si intersecano e si rinforzano a vicenda, contribuendo ad aumentarne l’impatto.

Per risolvere ed evitare che si ripetano le violazioni sistematiche dei diritti umani, istituzioni giuridiche internazionali, come i tribunali criminali speciali, la Corte Internazionale di Giustizia (ICJ) e la Corte Internazionale Penale (ICC),  ricoprono un ruolo rilevante, ma il ruolo principale di tutti questi attori di primo piano deve essere primariamente il fornire assistenza umanitaria. Ad oggi il sistema umanitario è sopraffatto poiché le dimensioni e le complessità delle crisi che si affrontano sono aumentate rispetto al passato. La globalizzazione ha fatto il resto, poiché una guerra come quella in atto in Ucraina, ha ripercussioni in Africa, Europa e Medio Oriente.

L’azione umanitaria può alleviare la sofferenza, ma non risolve la situazione, anche perché bisogna affrontare i pretesti per un intervento militare.

Di fatto, le emergenze umanitarie aumentano, fra disastri climatici, calamità naturali e guerre che hanno messo in ginocchio decine di Paesi.

A livello mondiale, le persone che hanno bisogno di assistenza a livello di emergenza sono circa 340 milioni, mai così tante da trent’anni ad oggi.

Un record assolutamente negativo è l’aumento delle vittime di guerre dal 1994, anno del genocidio in Rwanda, a causa soprattutto dell’aumento delle violenze in Etiopia e Ucraina. Il mondo, negli ultimi 15 anni, è diventato meno pacifico.

Le emergenze spingono alla fuga, in cerca di luoghi dove poter vivere. Considerando gli almeno 280 milioni di migranti, la grande maggioranza (75%) trova rifugio nei Paesi a basso e medio reddito, solo il 24% in quelli ad alto reddito, e il 70% si stabilisce nei Paesi confinanti.

Cresciuto anche il numero dei rifugiati richiedenti asilo, di circa il 35%. La Turchia è la nazione che ne ospita il maggior numero (3,6 milioni), seguita da Iran (3,4 milioni), Colombia (2,5 milioni), Germania (2,1 milioni) e Pakistan (1,7 milioni)12. L’Europa (Turchia inclusa) ospita 12,4 milioni di rifugiati, l’Asia-Pacifico quasi 7 milioni, quasi tutti in Iran, Pakistan e Bangladesh, le Americhe 6 milioni. In Africa Sub-Sahariana sono 7 milioni, in Medioriente e Nordafrica 2,4 milioni13. Nel 2022 in Italia sono arrivate quasi 304mila persone, di cui meno di 174mila dall’Ucraina14. Anche il numero degli sfollati interni ha segnato un record negativo: oltre 70 milioni di persone (+20%), con oltre 65 milioni. Una situazione non esattamente rosea…".

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