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La martoriata storia degli armeni che si ripete


Talal Khrais (Assadakah News Agency) -

In tutti questi mesi abbiamo continuamente scritto della gravissima tragedia umanitaria che si sta consumando in Artsakh. Ora come nel 1915, nella totale indifferenza del mondo. Gli armeni sono un popolo destinato a soffrire in silenzio ma noi non lo accetteremo mai. Da tanti anni sono giornalista di politica internazionale e corrispondente per il Medio Oriente. Conosco l'Armenia molto bene e anche la tenacia e la dignità del popolo armeno nel difendere la propria terra. Una terra che non abbandonano mai, nonostante la sofferenza che comporta resistere a sempre nuovi invasori, Nel presente come nel passato.

L'Armenia è Stato sovrano eppure, per via del territorio conteso dell'autoproclamata Repubblica d'Artsakh, è ancora minacciata, questa volta dall'Azerbaijan. Cambia lo Stato che li minaccia ma il risultato è sempre lo stesso. Non c'è più l'anziana signora, sopravvissuta al genocidio Arevaluys Amalyan. Lei è morta anni fa ricordando lucidamente quello che aveva subito, durante la Prima Guerra Mondiale, con la sua famiglia. Fortunatamente a lei è stato risparmiato il dolore di quello che sta accadendo oggi.

L'Armenia, importante crocevia tra Oriente e Occidente, fin dall'antichità ha avuto momenti di gloria e altri di dolorose disfatte. Ed è vero che nella storia ci sono corsi e ricorsi. Storie tragiche che si ripetono. Terra lontana contesa in origine tra Romani, Parti, Bizantini e Sassanidi. Prima nazione, nel 301, ad adottare il Cristianesimo come religione di Stato, Il regno di Urartu si estendeva per buona parte del Caucaso, tra l’800 e il 600 a.C. e fu il primo impero che si stabilì nel territorio armeno dopo gli scontri contro gli Ittiti.

Tra il IX e l’XI sec. Il popolo armeno ebbe modo di dimostrare forza e resistenza nei confronti degli invasori conquistando l’indipendenza dopo valorose lotte. Seguì un tempo di straordinaria rinascita economica, sociale e culturale, interrotta dall’arrivo dei turchi nel 1071. Senza dubbio quest’epoca può essere definita una delle più tristi, non solo per l’Armenia, ma per tutta l’Asia rimasta, in parte, sotto la dominazione ottomana fino alla fine del ‘700.

Nel 1375 la sovranità armena in Cilicia terminò quando i Mamelucchi d’Egitto approfittarono della sua debolezza per invaderla, ma non riuscirono a mantenerne il possesso. Alcune tribù turche riuscirono a penetrare e stabilirsi nella regione, dando la possibilità di anticipare la conquista della Cilicia a Tamerlano. Molti armeni furono uccisi, altri scapparono e si stabilirono in diversi paesi dell’Europa orientale, nei Balcani, in Medio Oriente. A Mosca, Sochi, Odessa, Sebastopoli e nella regione della Crimea. In Ucraina a Tiflis, in Georgia a Batumi, a Plovdiv in Bulgaria. A Beirut, Atene e Aleppo. Una delle comunità armene vive da più di un millennio in Terra Santa, e a Gerusalemme, uno dei quattro quartieri del centro storico è il Quartiere Armeno. Troviamo armeni a Cipro, rimasto sotto il governo veneziano fino al 1489. In Cilicia rimasero pochi armeni fino al tragico massacro del 1915. L’Armenia, strategica per la posizione geopolitica e per le sue ricchezze, finì per subire, dal 1813, l’Impero russo. Poi, però, l’esercito dello Zar venne piegato dalle grandi lotte interne e, dalla rivoluzione del 1917. Nel 1918 nacque la prima Repubblica Democratica di Armenia, durata solo due anni e, successivamente la definitiva indipendenza dall’URSS dichiarata il 21 settembre 1991.

Dopo la diaspora, il popolo armeno ha ritrovato la speranza e si è integrato perfettamente nelle nazioni ospitanti. Con coraggio e paziente determinazione, ha dimostrato straordinarie qualità intellettuali e morali. Gli Armeni sono apprezzati ovunque.

Haykakan spyurk è il termine con cui si rappresentano le comunità armene che vivono al di fuori dell’Armenia e del Nagorno Karabakh, regione contesa con l’Azerbaijan, sostenuto dalla Turchia, che non sembra voler deporre la sua avversione all’Armenia né le pretese sui territori storicamente popolati dagli armeni.

Secoli di vita armena troppo spesso dimenticati, e grandi ingiustizie che pochi conoscono o vogliono ricordare. Pochi politici conoscono o vogliono ricordare il Genocidio e le atrocità, l’occupazione dei territori e le sofferenze iniziali della diaspora costretta ad abbandonare la propria terra e le proprie case.

È possibile onorare le vittime innocenti di questi avvenimenti attraverso la memoria conservata nei musei, ma non solo. Il Genocidio di un milione e mezzo di innocenti (1914-1915), sterminati dai capi dell’allora Impero Ottomano oggi il governo turco ancora non vuole riconoscerlo. Un capitolo tragico che rimarrà aperto finché la Turchia non riconoscerà i torti del passato e non cambierà atteggiamento, ancora ostile verso il popolo armeno.

Per non dimenticare anche i media devono fare la loro parte e sono ancora troppo pochi quelli che sono liberi dalla propaganda che impone di ignorare gli armeni e le loro sofferenze. Per questo, nel 2023, ci sono ancora 120 mila armeni in Artsakh che rischiano un altro genocidio in assoluto silenzio. Per questo io mi sento di menzionare il direttore Narine Nazarian e tutti i colleghi di Armenpress, ai quali invio sempre un particolare ringraziamento.


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