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Algeria - I tesori dell’industria energetica

  • 16 lug
  • Tempo di lettura: 14 min

Roberto Roggero* - L'Algeria ha una storia profondamente legata agli idrocarburi, in particolare petrolio e gas naturale. Il settore ha plasmato l'economia del Paese fin dal 1956, e rappresenta un elemento significativo delle esportazioni e del bilancio nazionale, nella misura di oltre il 90%.

La scoperta di giacimenti di petrolio e gas in Algeria ha segnato un punto di svolta, portando a un sensibile sviluppo dell’economia, in particolare dopo l'indipendenza dalla Francia, e la nazionalizzazione delle risorse di idrocarburi, assumendo il controllo diretto del settore. Petrolio e gas naturale sono così diventati la spina dorsale dell'economia e l’Algeria ha investito e investe molto nello sviluppo delle infrastrutture per produzione, trasporto e lavorazione di petrolio e gas, inclusi oleodotti e gasdotti, e ha sviluppato politiche economiche per promuovere il settore, attrarre investimenti stranieri e diversificare le fonti di energia, oggi soprattutto con procedimenti verso energia pulita e fonti rinnovabili.

Tra sfide e prospettive, l'Algeria gestisce in modo molto oculato la dipendenza da queste risorse, specialmente per la volatilità dei prezzi del mercato mondiale, e la necessità di diversificare l'economia e le fonti di energia.

Mappa dei giacimenti di petrolio e gas, e delle infrastrutture energetiche in Algeria
Mappa dei giacimenti di petrolio e gas, e delle infrastrutture energetiche in Algeria

La storia energetica dell'Algeria è quindi caratterizzata dalla centralità degli idrocarburi, che hanno plasmato economia e politica, considerando inoltre la diversificazione che molti Paesi mediorientali stanno attuando. Un processo graduale ma costante, verso l’energia da idrogeno verde e altre fonti rinnovabili, sostenuto e alimentato dagli introiti del mercato di gas e petrolio, grazie alle enormi riserve, stimate in circa 12,5 miliardi di barili.

A buon diritto, quindi, l’Algeria è membro OPEC e fra i principali fornitori di gas naturale dell’Europa e in particolare dell’Italia.

Gli idrocarburi rappresentano oltre il 30% de Pil nazionale, contribuiscono al 65% delle entrate fiscali nazionali e al 94% del totale delle esportazioni, con una particolare attenzione alla diversificazione in atto, specie per quanto riguarda il settore petrolchimico e altri che formano un non indifferente valore aggiunto.

La scoperta dell’oro nero

Era il 1956 quando furono localizzati i primi giacimenti di petrolio nel Sahara algerino, che però furono festeggiati in particolare in Francia (ed Europa), visto che il Paese era ancora una colonia, e da due anni era iniziata la Guerra d’Indipendenza che avrebbe reso l’Algeria un Paese indipendente nel luglio 1962.

Nei fatti, l’Algeria era per Parigi, e per i partner europei, un serio grattacapo dal punto di vista economico, perché il bilancio del Paese era in netto passivo. L’Europa inoltre stava investendo le proprie risorse nella ricostruzione post-bellica, e lo spettro di un rallentamento, se non di un blocco, delle forniture energetiche rappresentava un serio rischio di ricadere nella recessione, come sottolineato dalla OECE (Organizzazione per la Cooperazione Economica Europea) in un rapporto ufficiale del 1958.

Il problema principale erano le importazioni di petrolio, dal momento che i consumi del Vecchio Continente aumentavano costantemente, e il petrolio stava ormai sostituendo il carbone come fonte di approvvigionamento in tutto il mondo. I consumi del solo biennio 1954-56 erano aumentati di oltre il 20% e continuavano ad aumentare.

Nell’era del petrolio, l’Europa era diventata un territorio dalle scarse risorse energetiche, e non erano più sufficienti le importazioni di carbone dagli Stati Uniti e soprattutto di petrolio dal Medio Oriente, senza contare i costi.

Impianto per l'estrazione di petrolio nel Sahara algerino
Impianto per l'estrazione di petrolio nel Sahara algerino

All’epoca, il primo produttore di petrolio erano gli Stati Uniti (36%), seguiti da Medio Oriente (24%), Venezuela (16%) e Unione Sovietica (13%), ma gli Stati Uniti erano anche il primo consumatore, con quasi 500 milioni di tonnellate l’anno, e dal 1948 erano diventati la prima potenza mondiale, ruolo che di certo non erano intenzionati a lasciarsi scappare, tanto che l’amministrazione Truman aveva imposto misure per limitare le esportazioni di petrolio e facilitare le importazioni dall’America Latina, più tutelabili da eventuali iniziative sovietiche.

La Russia, da parte sua, era autosufficiente, e aveva la possibilità di esportare a basso prezzo. Sarebbero trascorsi pochi anni e il Medio Oriente, che possedeva il 63% delle riserve mondiali (contro il 12% degli Stati Uniti), sarebbe diventato il primo produttore ed esportatore globale.

L’Europa, terzo consumatore mondiale, riusciva a coprire poco più del 3,5% del proprio fabbisogno, e si era trovata a dipendere prevalentemente dal Medio Oriente. Inoltre, le importazioni in Europa non erano gestite che in minima parte da compagnie europee, perché la leadership era ancora mantenuta da grandi gruppi anglo-americani, che avevano creato una situazione di monopolio nell’industria petrolifera internazionale, con un vero e proprio cartello per la coordinazione di produzione e distribuzione a livello mondiale, esercitando il controllo su più dell’85% della produzione e distribuzione.

Le prime compagnie europee, come la francese CFP (Compagnie Française des Pétroles, la più grande azienda pubblica europea) erano sorte dopo la prima guerra mondiale, per recuperare lo svantaggio in un’industria dominata dagli Stati Uniti, e svolgevano esplorazioni sul territorio nazionale o nelle colonie, oppure si concentravano nel settore raffinazione e distribuzione, acquistando il petrolio americano, per rivenderlo a prezzi competitivi, con lo scopo di avere un minimo controllo sui prezzi.

La Francia era il paese più attivo nella politica petrolifera, perché oltre alla CFP, aveva creato diversi altri organi pubblici per promuovere la ricerca e la raffinazione del petrolio, come il Bureau de Recherche de Pétrole, che agiva in tutti i possedimenti francesi. Vi era poi la italiana ENI, interamente pubblica, fondata nel 1953, inizialmente per gestire le risorse di metano scoperte in Valle Padana e soprattutto di raffinare e distribuire il greggio acquistato dalla BP, ma con un determinato orientamento al controllo diretto dei giacimenti petroliferi.

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In un primo tempo il presidente dell’ENI, Enrico Mattei, aveva cercato di entrare nell’orbita delle grandi compagnie (le famose Sette Sorelle) chiedendo di partecipare al consorzio internazionale promosso dallo scià Reza Palhavi in Iran, dopo il colpo di Stato che aveva deposto Mossadeq. L’ambizione per una compagnia come l’ENI era di controllare uno spazio di manovra sui giacimenti petroliferi simile a quello della CFP o delle indipendenti americane, in modo da assicurare all’Italia un accesso diretto alle risorse. Tuttavia, dopo il rifiuto delle Sette Sorelle di far entrare l’ENI in Medio Oriente, Mattei decise di cambiare strategia, riuscendo a concludere una serie di contratti che nel giro di pochi anni determinarono cambiamenti sostanziali nell’industria petrolifera mondiale.

La crisi di Suez

La crisi di Suez fu l’ultima impennata degli imperi coloniali europei, ma soprattutto mostrò al mondo quanto l’Europa fosse esposta nei confronti del mondo arabo a causa del petrolio. Nell’aprile del 1956, sei mesi prima dell’inizio della crisi, il passaggio di petroliere dal canale aveva stabilito il nuovo record di 38,4 milioni di tonnellate di greggio, un aumento del 67,3% rispetto all’anno precedente. Il petrolio era destinato soprattutto a Regno Unito (11,6 milioni di tonnellate), Francia (6,9 mt), Paesi Bassi (4,5 mt), Italia (4 mt) e Stati Uniti (4 mt). Durante la chiusura del canale, la crisi energetica fu scongiurata grazie all’aumento di rifornimenti dagli Stati Uniti e dall’America Latina; inoltre le compagnie petrolifere si equipaggiarono velocemente con grandi petroliere per circumnavigare l’Africa. In ogni caso, il prezzo del greggio sul mercato europeo aumentò di 2 dollari la tonnellata, e Nasser poté sperimentare la teoria presentata nella sua opera "Filosofia della Rivoluzione": il petrolio era un’arma potente per il mondo arabo, un nervo vitale e scoperto per l’Occidente. Per l’FLN e gli altri leader indipendentisti, la riappropriazione delle risorse petrolifere divenne uno dei principali slogan nella lotta contro i poteri coloniali.

Questo scenario di crescente tensione tra Occidente e mondo arabo fu sfruttato da Enrico Mattei per aprire importanti spazi di manovra.

Anche se ciò significava enormi vantaggi economici, l’asset rimaneva controllato da organi stranieri che possedevano la tecnologia e i mercati per gestire il petrolio, senza lasciare voce in capitolo. La speranza di trovare petrolio nel Sahara era stata inseguita dalla Francia per decenni, e nel 1956, quando il petrolio venne trovato in Algeria, il governo francese cominciò a stanziare cospicui finanziamenti, ma nel Sahara la posizione predominante era ancora mantenuta dalla Shell.

Impianto di lavorazione del gas naturale in Algeria
Impianto di lavorazione del gas naturale in Algeria

Nel gennaio 1956 la Creps (35% Shell) trovarono una grande quantità di petrolio a Edjelé, lungo il confine con la Libia; poi la compagnia pubblica SN Repal fece le scoperte più importanti a Hassi Messaoud e soprattutto a Hassi R’Mel, con uno dei più grandi giacimenti di gas naturale del mondo.

La notizia fu accolta con entusiasmo in tutto il continente, ma rimaneva il problema del trasporto che portò a considerare la politica della creazione di un’industria petrolifera nel Sahara, che però era ben più difficile del previsto, soprattutto a causa della Guerra di Algeria, che aveva costretto ad abbandonare diverse iniziative di esplorazione e perforazione.

Agli inizi del 1957, il Sud dell’Algeria fu organizzato in due nuovi dipartimenti (Oasis e Saoura), sotto il controllo del nuovo Ministero del Sahara alle dipendenze dirette di Parigi. Contemporaneamente, fu approvato il progetto OCRS (Organisation Commune des Régions Sahariennes), organo intergovernativo fra Paesi confinanti con il Sahara per lo sviluppo locale.

Forte dell’accordo con il Marocco, Enrico Mattei fece una controproposta alla Francia per la creazione di una compagnia euro-africana che potesse essere la base non solo di progetti come l’Eurafrigas, ma un primo passo verso futuri negoziati con l’Algeria.

Riguardo all’Algeria, Mattei propose come soluzione-ponte durante la guerra di creare una joint-venture Italia-Francia, con un eventuale coinvolgimento della Spagna (passaggio obbligato per la costruzione di oleodotti o gasdotti). Con la pace, il 50% delle quote sarebbe passato al governo indipendente algerino. Inoltre, finita la guerra, queste compagnie avrebbero potuto fondersi in un unico consorzio gestito dai Paesi del Maghreb e dai Paesi europei. Mattei si offriva inoltre di prendere contatto con Algeria, Tunisia e Marocco e dare inizio ai negoziati. La Francia rispose in maniera negativa. Dopo il rifiuto francese, l’ENI continuò i propri negoziati in Tunisia, con la creazione nel 1960 della Société Italo-Tunisienne d’Exploitation Pétrolière (Sitep).

Nello stesso periodo, Mattei reclutò Mario Pirani, ex giornalista dell’Unità, per seguire in segreto i negoziati per i futuri progetti in Algeria. Tre anni dopo, con gli Accordi di Lugrin e di Évian, veniva riconosciuta piena indipendenza all’Algeria, con una gestione condivisa delle risorse petrolifere.

Impianto Sonatrach nel bacino Taudeni, in Mali
Impianto Sonatrach nel bacino Taudeni, in Mali

Sonatrach ieri e oggi

L’azienda di stato algerina è la Sonatrach, che ha un ruolo fondamentale della produzione e nella commercializzazione, che per altro dal 2018 gestisce anche un importante impianto ad Augusta, in Sicilia, acquistato dalla Esso, ed è fra i primi marchi del settore nel mondo e la prima nel continente africano.

E’ stata fondata il 31 dicembre 1963, con il primo presidente Bélaid Abdessalam, e oggi è diretta da Toufik Hakkar. Nei primi anni 2000, dopo avere consolidato il settore della raffinazione del greggio, ha dato inizio alla espansione all’estero, concludendo diversi accordi con la francese Total, la britannica BP e in particolare con l’italiana ENI, portando avanti lo sviluppo tecnologico per il trasporto e il commercio degli idrocarburi, nonché l’inserimento negli altri settori dell’industria petrolifera, che ha assunto come priorità fin dagli inizi, con la costruzione dello OZI, il primo oleodotto dell’Algeria lungo oltre 800 km, nel 1964, e con l’inizio delle perforazioni l’anno successivo. Nel 1971, Sonatrach estende le attività nel settore gas naturale e metano, grazie alla politica di nazionalizzazione degli idrocarburi e nel 1981 inaugura GL2Z, il grande stabilimento per le fasi di liquefazione del gas, con una capacità di 13 miliardi di metri cubi all’anno, seguito due anni dopo dall’entrata in funzione del gasdotto “Enrico Mattei”, collegato a Italia e Slovenia attraverso la Tunisia, con una capacità annua di circa 35 miliardi di metri cubi.

Sulla strada dello sviluppo, nel 1996 entra in funzione il gasdotto Africa-Europa per rifornire Spagna e Portogallo attraverso il Marocco, e nel 2016 viene concluso l’accordo Sonatrach-Eni, per l’esplorazione offshore di nuovi giacimenti.

Recentemente, nel 2022, grazie al partenariato Sonatrach-ENI, sono stati scoperti nuovi giacimenti di petrolio e gas nella zona di Zemlet El-Arbi, a Berkine, nel Grande Erg Orientale e, nel quadro della trasformazione energetica, Eni e Sonatrach hanno concluso importanti accordi per lo sviluppo della tecnologia nel setttore del gas e soprattutto per la decarbonizzazione con l’idrogeno verde.

Il quartier generale della Sonatrach a Orano
Il quartier generale della Sonatrach a Orano

Attualmente, Sonatrach è una delle principali aziende del mondo, specializzata in esplorazione, produzione e trasporto di idrocarburi, con settori sempre più specifici nelle attività petrolchimiche, generazione elettrica, energia da fonti rinnovabili, desalinizzazione delle acque, estrazione di gas di scisto.

Prospettive future ed energia pulita

La crisi Russia-Ucraina sta modificando gli scenari geopolitici e geoenergetici. La dipendenza dal gas russo per molti Paesi europei è diventata una questione prioritaria e in molti, soprattutto l’Italia, stanno focalizzando la propria attenzione sull’Algeria, che possiede la decima più grande riserva di gas naturale del pianeta ed è il sesto esportatore mondiale di gas, oltre ad avere la terza più grande risorsa mondiale di gas di scisto non sfruttata al mondo. Il paese nordafricano si posiziona inoltre al 16° posto per riserve di petrolio ed esporta circa il 60% della produzione. Inoltre, secondo i dati Sonatrach, circa 2/3 del territorio algerino rimane ancora inesplorato.

L’attuale amministrazione a optato per dare priorità agli investimenti nell’energia pulita e nelle fonti rinnovabili. Il governo, infatti, ha fissato l’obiettivo di raggiungere il 27% della produzione elettrica da fonti rinnovabili entro il 2030 e di aumentare la capacità di generare energia da fonti pulite al 37% entro lo stesso anno. Nel 2012, è stato annunciato il lancio del programma per lo sviluppo delle energie rinnovabili e l’efficienza energetica (PENREE).

L’azienda che coordina la transizione verso le rinnovabili è la Sonelgaz, che ha più volte espresso l’impegno del governo ad aumentare la quota delle rinnovabili nel panorama energetico nazionale. Inoltre, l’Algeria ha evidenziato l’intenzione di lavorare con il consorzio tedesco per le energie rinnovabili Dii Desert Energy, composto da diverse società tedesche coinvolte nella realizzazione di progetti solari ed eolici in Nord Africa e nella regione del Medio Oriente.

Diversi progetti sono già stati realizzati, come la centrale ibrida di Hassi R’Mel (il più grande giacimento di gas naturale dell’Africa), in funzione dal 2011, che produce energia solare con oltre 180mila metri quadrati di pannelli, abbinati a una turbina a gas e a un impianto a ciclo di vapore, che utilizza gas naturale e vapore generato dalla stessa energia solare.

Una delle navi della flotta Sonatrach per li trasporto di GNL (Gas Naturale Liquefatto)
Una delle navi della flotta Sonatrach per li trasporto di GNL (Gas Naturale Liquefatto)

Oggi in Algeria sono inoltre presenti 13 centrali idroelettriche che rappresentano la terza risorsa dopo gas naturale e petrolio, in m aggio parte nel nord del Paese. In aggiunta, l’Algeria dispone anche di un enorme potenziale di energia eolica e geotermica, con il primo parco eolico ad Adrar, e una serie di sorgenti termali nell’Algeria centro-settentrionale (Ouarsenis, Biban e Kabylie), utilizzate per gli impianti geotermici.

Il processo verso il futuro include l’avvio di nuovi progetti energetici in grado di rivitalizzare il settore e la produzione. La recente approvazione di una nuova legge sugli idrocarburi sembra indicare un cambiamento di rotta e di investimento nel settore degli idrocarburi, al fine di attirare nuovamente le compagnie petrolifere internazionali. Sonatrach ha poi ufficializzato una nuova visione e strategia, la SH2030, in materia di esplorazione e produzione di idrocarburi, per raddoppiare la produzione dei giacimenti esistenti e aumentare le tecnologie avanzate di esplorazione e recupero.

Algeria, Italia e industria diversificata

Per l’Italia, l’Algeria è centrale e lo sarà soprattutto nell’ottica di slegarsi dalla dipendenza dal gas russo. Algeri è infatti il secondo fornitore di gas per l’Italia, con circa 1/3 del gas consumato, dopo la Russia.

La Sonatrach è pronta a fornire di più a Italia ed Europa, attraverso il gasdotto TransMed collegato all’Italia. A fine dicembre 2021, ENI e Sonatrach hanno firmato un nuovo contratto petrolifero, relativo all’area onshore del bacino di Berkine e, come riportato dalla stessa ENI, è stato firmato anche un protocollo d’intesa per la cooperazione su iniziative nella transizione energetica, con progetti nei settori delle fonti rinnovabili, dell’idrogeno, della cattura e stoccaggio dell’anidride carbonica, bio-raffinazione, fonti rinnovabili e idrogeno, per raggiungere l’obiettivo “Zero Emissioni CO2” entro il 2050.

L’importanza dell’Algeria nel settore energetico è quantomai evidente, e i programmi verso la produzione di energia pulita è altrettanto provata. A ciò si aggiunge l’attuale slancio internazionale per la diversificazione energetica, e il fabbisogno dell’Europa.

Parallelamente, l’Algeria non trascura certo altri settori, come quello automobilistico, come dimostra il recente incontro fra il ministro dell'Industria algerino, Sefi Ghrib, e una delegazione del gruppo Stellantis, guidata da Samir Sharfan, direttore delle operazioni per Medio Oriente e Nord Africa, accompagnato da Rawi Al Baji, presidente e direttore generale di Stellantis Algeria, nonché da un rappresentante del partner algerino.

ENI e Sonatrach, due aziende leader mondiali nel settore energetico
ENI e Sonatrach, due aziende leader mondiali nel settore energetico

Nel corso dell'incontro, il ministro Sefi Ghrib ha sottolineato l'importanza di accelerare il tasso di integrazione locale nel settore automobilistico, incoraggiando al contempo il tessuto industriale nazionale, in linea con le direttive del presidente Abdelmajid Tebboune volte a rafforzare il ruolo dell'industria nella crescita economica del Paese e nella soddisfazione della domanda interna. Da parte sua, Sharfan ha ringraziato il ministro per l'accoglienza e ha espresso il proprio apprezzamento per la fiducia e il sostegno continui del presidente Tebboune allo sviluppo del comparto.

Sharfan ha inoltre ribadito l'impegno del gruppo Stellantis a mobilitare tutte le risorse umane e materiali disponibili per rafforzare la capacità produttiva e incrementare la quota di integrazione locale, per costruire un sistema industriale efficiente e sostenibile in Algeria.

Il ministro Ghrib ha confermato la volontà di attuare rapidamente le direttive presidenziali, favorire partnership efficaci con gli operatori locali e garantire il successo dei progetti automobilistici, sottolineando l'importanza della cooperazione fra tutte le parti coinvolte.

L'incontro si inserisce nel quadro delle istruzioni impartite dal presidente Tebboune durante l'ultima riunione del Consiglio dei ministri, relative alla necessità di accelerare lo sviluppo di una vera industria automobilistica nazionale, aumentando la partecipazione di imprese algerine qualificate.

Il partenariato ENI-Sonatrach rimane comunque l’elemento trainante dell’economia algerina. E’ stato infatti concluso un nuovo accordo per l'esplorazione e lo sfruttamento del giacimento Zemoul El Kbar, situato nel bacino di Berkine, a circa 300 km a est di Hassi Messaoud.

Particolare della strumentazione di monitoraggio di un gasdotto in Algeria
Particolare della strumentazione di monitoraggio di un gasdotto in Algeria

Secondo quanto dichiarato dal direttore generale di Sonatrach, Rachid Hachichi, durante la cerimonia di firma, l'accordo rientra nel quadro della legge 19-13 dell'11 dicembre 2019 che regola le attività del settore degli idrocarburi. Il contratto, di tipo "production sharing" (condivisione della produzione), ha una durata iniziale di 30 anni, estendibile per altri dieci, e prevede una fase di esplorazione di sette anni. Il valore complessivo dell'investimento è pari a 1,35 miliardi di dollari, di cui 110 milioni destinati esclusivamente alle attività di ricerca. "Questo contratto rappresenta una tappa qualitativa nello sviluppo di soluzioni digitali e tecnologie innovative nel settore energetico", ha affermato il dirigente algerino, citato dal quotidiano algerino "Ennahar", sottolineando inoltre l'impegno nel miglioramento del rendimento dei pozzi e nel recupero delle riserve, in linea con le migliori pratiche internazionali.

Il progetto prevede la produzione totale di circa 415 milioni di barili equivalenti di petrolio, inclusi 9,3 miliardi di metri cubi di gas naturale, contribuendo così alla sicurezza energetica del paese e rafforzandone la capacità di esportazione.

In questo scenario, il presidente algerino, Abdelmadjid Tebboune, ha recentemente incontrato l'amministratore delegato di ENI, Claudio Descalzi, per un confronto sulle attività della società nel Paese, tra cui la produzione e l'export di gas, gli investimenti in corso e futuri e le iniziative legate alla transizione energetica, alla presenza del ministro di Energia, Miniere ed Energie Rinnovabili, Mohamed Arkab, l'amministratore delegato di Sonatrach Rachid Hachichi e l'amministratore delegato di Sonelgaz Mourad Adjal. Nuovi accordi anche per per l'esplorazione e lo sviluppo di idrocarburi nell'area di Zemoul El Kbar.

Il presidente algerino, Abdelmajid Tebboune, con l'a.d. ENI, Claudio Descalzi
Il presidente algerino, Abdelmajid Tebboune, con l'a.d. ENI, Claudio Descalzi

In campo anche nuovi accordi fra Saipem e Sonatrach per il FEED (Front End Engineering Design), relativi al progetto Phosphate Integrated, per la produzione di fertilizzanti in Algeria.

La concessione del contratto è avvenuta attraverso un processo di dual Feed competitivo che prevede che l'attività di design sia condotta sia da Saipem che da un secondo operatore contendente. Sonatrach selezionerà la migliore soluzione tecnico-economica e provvederà all'assegnazione diretta del contratto EPC (Engineering, Procurement and Construction) per l'esecuzione dell'opera.

Il contratto Dual FEED aggiudicato prevede la fornitura dei servizi di ingegneria di Front End per la progettazione di un nuovo complesso industriale, composto dalle infrastrutture minerarie per l'estrazione di fosfati site nell'area di Bled El Hadba e dalle unità di processo e da quelle ancillari a supporto della produzione di fertilizzanti nell'area di Oued Keberit. Lo scopo del lavoro include, inoltre, l'adeguamento del porto di Annaba per l'export dei prodotti e la costruzione dei tratti ferroviari che collegano gli impianti di estrazione e produzione alla linea ferroviaria principale. Si tratta del primo progetto integrato nel campo dell'estrazione mineraria e della produzione di fertilizzanti in Algeria che contribuirà a diversificare l'economia algerina e a rafforzare la posizione del Paese nel mercato globale dei fertilizzanti. Una volta in esercizio, gli impianti saranno in grado di estrarre 10 milioni di tonnellate di fosfati e di produrre 6 milioni di tonnellate di fertilizzanti all'anno.

A livello globale, l’Italia è il terzo partner commerciale dell’Algeria (primo cliente e terzo fornitore), mentre il Paese del Maghreb è il primo partner commerciale in Africa.

Oltre agli ormai consolidati rapporti energetici, i settori tradizionali in cui le imprese italiane hanno investito, e invesstono, in Algeria sono quello energetico e quello delle infrastrutture e lavori pubblici. Negli ultimi anni si sta notando una diversificazione, con le imprese italiane che stanno investendo anche in nuovi ambiti, come nel settore agroalimentare e in quello delle energie rinnovabili.

(*Direttore responsabile Assadakah News)

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