Amina Rizk: il volto immortale del cinema egiziano
- Letizia Leonardi
- 10 ore fa
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Assadakah News - Il 24 agosto del 2003, Il Cairo salutava per sempre Amina Rizk. Ventidue anni dopo, la sua assenza continua a pesare come quella di una voce che non si è mai davvero spenta perché nel mondo arabo, dire “madre” significa spesso pensare ai suoi occhi severi e dolci insieme, ai suoi gesti misurati, al suo talento capace di trasformare la quotidianità in memoria collettiva.
Nata nel 1910 a Tanta, in una famiglia che la vita rese presto fragile dopo la morte del padre, Amina Rizk trovò rifugio nell’arte. Con la zia, l’attrice Amina Mohamed, calcò per la prima volta un palco a soli dodici anni. Poco dopo entrò nella compagnia di Youssef Wahbi, che divenne suo mentore e compagno di scena. Insieme interpretarono Rasputin, spettacolo che la consacrò giovanissima al pubblico.
Poi arrivò il cinema, appena nato in Egitto. Nel 1928 fu tra i volti di Souad la zingara e nel 1932 recitò in Sons of Aristocrats, il primo film sonoro del Paese. Da lì in avanti, la sua carriera si snodò in oltre settant’anni di attività, con titoli che hanno fatto la storia come L’inizio e la fine di Salah Abu Seif, La venditrice di pane, Il richiamo dell’usignolo.

Il suo destino, però, si intrecciò a un ruolo preciso: quello della madre. Lo interpretò infinite volte, a partire dagli anni Quaranta, dando corpo a madri contadine e aristocratiche, tenere e autoritarie, forti e vulnerabili. Il pubblico la riconobbe come la “madre più famosa del cinema egiziano”. Un ruolo che, come lei stessa ammise, compensava la mancanza di figli nella vita privata, trasformando un vuoto personale in un patrimonio emotivo condiviso.
Accanto al cinema, la televisione e il teatro la videro protagonista fino agli ultimi anni. Serie come The Hilali Epic o Justice Has Many Faces hanno consegnato alla memoria di milioni di spettatori un’immagine sempre autentica, mai artificiosa. Nel 1997 il suo nome entrò anche nella storia politica.
Fu la prima artista a essere nominata nel Consiglio della Shura, segno di un riconoscimento che andava oltre l’arte.

Il 24 agosto 2003, a 93 anni, Amina Rizk si spense dopo una breve malattia. Con lei se ne andava non solo un’attrice, ma un capitolo fondamentale del Novecento arabo. Eppure la sua voce non è mai stata silenziata. Vive ancora in quelle pellicole in bianco e nero, nei ruoli che hanno cresciuto intere generazioni, in quell’arte che parlava con semplicità e verità.
Oggi, a ventidue anni di distanza, Amina Rizk resta un volto immortale. Non un ricordo da museo, ma un’eredità viva, che continua a insegnare come il talento non abbia bisogno di clamore per diventare leggenda.
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