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Armenia - Occorre l'intervento della Comunità Internazionale dopo le minacce di Aliyev


Letizia Leonardi (Assadakah Roma News) -

Per l'Azerbaijan il problema del Nagorno Karabakh è risolto. "La parola Nagorno Karabakh non esiste nelle istituzioni internazionali. Questo è il territorio dell’Azerbaijan e tutti lo accettano". Queste sono state le allarmanti dichiarazioni del presidente azero Aliyev che necessitano una mobilitazione urgente per fare pressioni sulla Comunità internazionale. Il diritto all'autodeterminazione non vale solo per l'Ucraina ed è più che mai necessaria la definizione dei confini e il riconoscimento dell'autoproclamata Repubblica d'Artsakh. In caso contrario si rischia un'altra sanguinosa guerra. Immediata è stata la risposta del Ministro della repubblica d'Artsakh, Artak Beglaryan secondo il quale "Il processo e i risultati di delimitazione e demarcazione con la Repubblica di Armenia non possono influenzare lo status attuale e futuro dell’Artsakh. Il conflitto del Karabakh non è con la Repubblica di Armenia, ma con la Repubblica del Nagorno Karabakh (Artsakh) e questo conflitto non è stato risolto". La Repubblica d'Artsakh chiede al governo di Baku la restituzione dei territori occupati a seguito della recente guerra dei 44 giorni, della fine del 2020, e il riconoscimento dell'Indipendenza dell'Artsakh.

La guerra tra Russia e Ucraina deve insegnarci qualcosa: senza il riconoscimento del diritto all'autodeterminazione dei popoli e l'osservanza del principio del diritto internazionale che ripudia l'uso della forza o la minaccia dell’uso della forza non può esserci pace. L'Azerbaijan viola costantemente questi diritti e principi fondamentali. Artak Beglaryan fa un accorato appello alla Comunità internazionale di adottare misure preventive e sanzionatorie a chi non intende seguire percorsi di pace. Ignorare certi comportamenti significa incoraggiare atti di aggressione e provocare conflitti. E al confine con l'Armenia si è verificata, in queste ultime ore, un'ennesima grave violazione.

Le forze armate dell'Azerbaijan hanno aperto il fuoco contro le posizioni armene nella parte sudorientale del confine tra Armenia e Azerbaijan. Il soldato Davi Vahan Vardanyan ha perso la vita. E l'Armenia piange così un'altra delle migliaia di giovani vittime. Il ministero degli Esteri di Yerevan ha rilasciato un duro comunicato di condanna per questa ulteriore provocazione e violenza azera.

"Condanniamo fermamente la flagrante violazione del cessate il fuoco da parte delle forze armate azere al confine sud-orientale della Repubblica di Armenia, che ha provocato la morte del soldato Davi Vahan Vardanyan - ha affermato il ministero degli Esteri armeno -

È da notare che questa provocazione è stata preceduta da dichiarazioni distruttive e bellicose del Presidente dell'Azerbaijan del 27 maggio, che includevano insulti al territorio sovrano della Repubblica d'Armenia. Da maggio 2021, le forze armate azere hanno invaso illegalmente il territorio sovrano della Repubblica d'Armenia nel segmento Sotq-Khoznavar, occupando oltre 45 chilometri quadrati di territorio. Analoghe provocazioni e incidenti, si sono registrate, sia il 28 maggio che prima. Le sistematiche violazioni del cessate il fuoco confermano ancora una volta la necessità del ritiro delle truppe dal confine e del dispiegamento di una missione di osservazione, come ha più volte affermato la parte armena".

La Commissione di sicurezza per la demarcazione e la delimitazione dei confini tra Armenia e Azerbaijan ha già iniziato i suoi lavori e si spera che questo attacco sia valutato con la dovuta attenzione dalla Commissione.

Il Ministero degli Esteri di Yerevan fa anche notare che è stata violata anche la dichiarazione di pace del 9 novembre 2020, visto che le Forze armate azere hanno invaso il villaggio di Parukh nel Nagorno-Karabakh, che rientra nella zona di responsabilità della missione russa di mantenimento della pace, e non sono state ancora liberate.

Come auspica il ministero degli Esteri armeno, sarebbe fondamentale che i Paesi Copresidenti del Gruppo di Minsk dell'Osce, dell'Unione Europea e dell'intera Comunità internazionale valutino questi gravi comportamenti aggressivi e le provocazioni dell'Azerbaijan in modo da assicurare la pace nel Caucaso meridionale.

A quanto pare alle dichiarazioni, che parevano rassicuranti, negli incontri trilaterali di Bruxelles non stanno seguendo i fatti.

Il Ministero degli Affari Esteri della Repubblica d'Armenia ritiene necessario riaffermare la posizione di principio della parte armena. I colloqui sulla normalizzazione delle relazioni tra Armenia e Azerbaijan dovrebbero svolgersi sulla base delle proposte di entrambe le parti, che dovrebbero affrontare tutte le questioni, compresa la soluzione finale del conflitto del Nagorno Karabakh. Il mandato internazionale dei Copresidenti del Gruppo Osce di Minsk, del 1995, per sostenere la soluzione globale del conflitto del Nagorno-Karabakh continua ad esistere e l'Azerbaijan non può fare finta di ignorarlo. Sia l'Armenia che la Repubblica d'Arsakh chiedono alla Comunità internazionale e al presidente della Commissione Europea, Michel, di non voltarsi dall'altra parte di fronte alle minacciose parole del governo di Baku e del presidente azero a proposito del territori del Nagorno Karabakh. Occorre piuttosto compiere azioni concrete per raggiungere pace e stabilità e nel Caucaso Meridionale.

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