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Artsakh – Crisi aperta fra Mosca e Baku

Assadakah Yerevan - Oltre all’Ucraina, la Russia apre una crisi internazionale più a est con l’Azerbaijan. Mosca ha accusato le forze armate di Baku di avere lanciato attacchi con i droni contro l’esercito del Nagorno-Karabakh. Quest’ultima è una regione contesa da Armenia e Azerbaijan, anche se internazionalmente riconosciuta come parte del territorio azero.

Il Nagorno-Karabakh chiede l’indipendenza ed è alleato con gli armeni. Gli attacchi, secondo i russi, sono avvenuto tra il 24 e il 25 marzo. La Russia accusa i militari azeri di essere entrati in una zona presidiata dalle forze di pace russe, violando un accordo di cessate il fuoco al quale Mosca fa da garante. La tregua ha messo fine a una guerra esplosa tra settembre e novembre 2020 nella quale sono morti 6500 uomini. Il governo russo ha esortato gli azeri a ritirare i loro militari. Il Ministero della Difesa russo ha accusato l’Azerbaijan di aver lanciato quattro attacchi con droni contro l’esercito del Nagorno-Karabakh, un’enclave montuosa contesa che è riconosciuta a livello internazionale come parte dell’Azerbaijan, ma rivendica l’indipendenza ed è strettamente alleata con l’Armenia. Secondo il Ministero russo, gli attacchi si sono verificati il 24 e il 25 marzo, con le forze armate azere che sono entrate in una zona presidiata dalle forze di pace russe, in violazione di un accordo di cessate il fuoco mediato da Mosca che ha posto fine a una guerra di sei settimane tra il settembre e il novembre 2020. Alla luce di ciò, Mosca si è detta “estremamente preoccupata” per le crescenti tensioni nella regione. La Russia ha anche affermato di aver esortato l’Azerbaijan a ritirare le truppe, invitando le parti rivali “a mostrare moderazione e garantire il rispetto degli accordi raggiunti”. Si è trattato della prima volta in cui, dalla fine delle ostilità, Mosca ha accusato una delle parti di aver violato il cessate il fuoco.

Da parte sua, il Ministero della Difesa azero ha definito “unilaterale” la dichiarazione russa, sottolineando che “non riflette la verità”. A suo dire, la mattina del 26 marzo, membri di gruppi armati armeni hanno tentato di sabotare alcune unità dell’esercito azero. Inoltre, il Ministero di Baku ha chiesto che la Russia ritiri completamente le restanti truppe armene e le unità armate illegali dal territorio internazionalmente riconosciuto dell’Azerbaigian, ribadendo l’impegno del Paese al cessate il fuoco, entrato in vigore il 10 novembre 2020.

In seguito a tale data, Mosca ha schierato quasi 2.000 forze di pace nella regione, riaffermando il proprio ruolo di capo mediatore, in una zona instabile dell’ex Unione Sovietica dove anche la Turchia esercita influenza attraverso la sua alleanza con l’Azerbaijan. Gli incidenti tra le forze armate di Azerbaigian e Armenia sono stati frequenti negli ultimi mesi e, il 25 marzo, tre soldati di etnia armena sono stati uccisi e molti altri feriti in scontri con le truppe azere. Nei giorni precedenti alla dichiarazione russa, il primo ministro armeno, Nikol Pashinian, aveva discusso telefonicamente con il presidente russo, Vladimir Putin. L’ufficio stampa di Pashinian ha riferito che i due leader hanno discusso “della situazione creatasi dopo l’invasione delle unità azere nella zona di responsabilità del contingente di peacekeeping della Federazione Russa nel Nagorno-Karabakh”. Il 26 marzo, il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, ha confermato che Putin e Pashinian avevano tenuto due telefonate il 24 marzo e il 25 marzo, in cui avevano deciso di “compiere sforzi per risolvere la situazione di crisi nel Nagorno-Karabakh”.

La guerra tra Armenia e Azerbaijan, nel 2020, ha causato più di 6.500 vittime. Sulla base del trattato di pace del novembre 2020, l’Armenia ha ceduto il controllo sull’area del Nagorno-Karabakh e su tutti i 7 distretti limitrofi all’Azerbaigian, i quali, dagli anni Novanta, erano stati occupati dalle forze armene. Nello specifico, Baku e Erevan si contendono il Nagorno-Karabakh dal febbraio 1988, quando la regione, a maggioranza armena, ha annunciato la sua secessione dalla Repubblica socialista sovietica dell’Azerbaigian. Durante il conflitto armato del 1991-94, l’Azerbaigian ha perso il controllo del Nagorno-Karabakh e di sette regioni adiacenti. Dal 1992 sono in corso negoziati per una soluzione pacifica del conflitto nel quadro del Gruppo OSCE di Minsk, guidato da tre co-presidenti, Russia, Stati Uniti e Francia.

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