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ONU - In corso la 80a Assemblea Generale

  • 24 set
  • Tempo di lettura: 3 min

Roberto Roggero* - Il riconoscimento dello Stato di Palestina tiene banco all’80esima Assemblea generale delle Nazioni Unite, che si chiuderà il 29 settembre. In discussione anche i conflitti a Gaza, Ucraina e Sudan.

E’ un momento fondamentale, fra crisi e pressioni internazionali, mentre l’esercito israeliano avanza su Gaza City, demolendo edifici e infrastrutture e provocando centinaia di morti che si aggiungono agli oltre 65mila causati in quasi due anni di bombardamenti quotidiani.

La crisi umanitaria e la carestia provocate da Israele nella Striscia hanno infiammato l’opinione pubblica in molti Paesi del mondo, e la scorsa settimana una commissione indipendente delle Nazioni Unite ha denunciato le prove evidenti di genocidio a Gaza, come già evidenziato dalle principali organizzazioni internazionali e israeliane per i diritti umani. Inghilterra, Canada, Australia e Portogallo, in passato in rapporti con Israele, hanno annunciato che riconosceranno ufficialmente la Palestina, allineandosi con gran parte dei Paesi membri dell’Assemblea che lo hanno già fatto, sull’esempio di Spagna e Irlanda fra i primi.

Grande attesa per la dichiarazione della Conferenza sulla Soluzione a Due Stati, convocata da Francia e Arabia Saudita, e per quella Ministeriale Esteri del G7, convocata dalla presidenza di turno canadese.

Il presidente francese Emmanuel Macron ha dichiarato che riconoscere lo Stato di Palestina è l’unico modo di fornire una soluzione politica ad una situazione che deve finire, ma l’Europa rimane divisa: Germania, Italia, Grecia, Ungheria e Paesi Bassi non aderiranno al riconoscimento di uno Stato palestinese “prima della sua costituzione”. Di fatto però. finché Israele avrà il sostegno degli Stati Uniti, le cose non cambieranno.

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Quella che probabilmente sarà la più significativa ondata di riconoscimenti per lo Stato di Palestina da oltre un decennio riflette l’orrore causato dalla catastrofe umanitaria voluta e calcolata dal governo israeliano, che naturalmente respinge l’accusa di genocidio e, per bocca del ministro delle finanze ultranazionalista Bezalel Smotrich, ribadisce la pretesa di annettere la Cisgiordania, sotto occupazione dal 1967, sostenuto dal ministro di estrema destra Itamar Ben-Gvir, e dai ministri del partito Likud di Netanyahu, tra cui il ministro della Difesa Israel Katz che hanno chiesto lo smantellamento dell’Autorità Nazionale Palestinese.

Il presidente della ANP, Mahmoud Abbas, interverrà con una dichiarazione registrata, dal momento che Washington ha negato i visti di ingresso ai rappresentanti palestinesi, e le Nazioni Unite, per tutta risposta, hanno approvato una risoluzione per consentire ai funzionari di partecipare comunque, anche se da remoto.

Ad oggi, 150 Stati membri dell’Onu hanno riconosciuto lo Stato di Palestina e si prevede che altri faranno altrettanto, co un voto di peso poiché Londra e Parigi insieme a Cina, Russia e Usa, fanno parte dei cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza con diritto di veto. Italia e Germania, che mantengono ancora in essere i contratti commerciali e di commercio di armamenti con Israele, hanno paradossalmente detto di considerare il riconoscimento della Palestina prematuro, senza l’assenso israeliano. Il presidente Donald Trump ha già chiarito di essere assolutamente contrario al riconoscimento e per altro ha ratificato la vendita a Tel Aviv di armamenti per circa 6 miliardi di collari, fra cui diversi jet F15, F35, elicotteri, aerocisterne, munizioni e bombe, e non smette di incoraggiare i desideri della destra israeliana di conquista e insediamento di Gaza.

Le difficoltà sono quindi evidenti, ma rimane il fatto che mai prima d’ora l’OU e i Paesi membri si erano espressi in modo netto al fianco della Palestina, sebbene sul campo non esistano ancora le condizioni necessarie per la nascita di uno stato palestinese: in Cisgiordania gli insediamenti israeliani proliferano, l’offensiva su Gaza City ha costretto già oltre 300mila persone a fuggire.

Se è vero che l’isolamento di Israele sembra aggravarsi, lo è anche il fatto che nessuno finora abbia minacciato iniziative tangibili come la rottura delle relazioni diplomatiche, boicottaggi economici e commerciali.

Il riconoscimento delle Palestina non è certo la soluzione della crisi di Gaza. Le parole con cui il primo ministro Carney ha dato l’annuncio della decisione canadese non lasciano dubbi sul significato primariamente simbolico del riconoscimento, ma la durezza della reazione di Netanyahu non lascia dubbio per la decisione, presa contestualmente da Gran Bretagna, Australia e Canada, e dai dai primi tre membri del G7 (Francia, Regno Unito e Canada) e che porta a ben 150 i Paesi che ora riconoscono la Palestina, giungendo più o meno alla parità con quelli che riconoscono Israele.

(*Direttore responsabile Assadakah News)

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