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Palestina - Crisi dell'UNRWA

Issam Al-Halabi (Assadakah News Libano) - L'UNRWA nella tempesta: dalla crisi di finanziamento alla liquidazione della causa palestinese.


Negli ultimi anni, l'Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l'occupazione dei rifugiati palestinesi (UNRWA) sta affrontando una delle crisi più gravi dalla sua fondazione nel 1949, non solo a livello finanziario, ma anche sul piano politico ed esistenziale. La domanda è: ciò che sta accadendo è il risultato di una semplice mancanza di fondi o rappresenta un nuovo capitolo nei tentativi di liquidare la causa dei rifugiati palestinesi?


L’UNRWA… testimone della Nakba e garanzia del diritto al ritorno


L'UNRWA fu istituita con una risoluzione dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite (risoluzione 302 del 1949) per fornire assistenza e occupazione ai rifugiati palestinesi fino a quando non fosse trovata una soluzione giusta alla loro causa, nel quadro del riconoscimento internazionale della Nakba palestinese.


La soluzione giusta è il ritorno alla loro patria e il diritto all'autodeterminazione.


Sin dalla sua creazione, l’UNRWA non è stata soltanto un’agenzia umanitaria, ma anche testimone politico, legale e morale del crimine dello sfollamento e del diritto al ritorno. La sua esistenza rappresenta un riconoscimento internazionale della causa palestinese; smantellarla equivale a ritirare progressivamente questo riconoscimento.


Politica del prosciugamento finanziario… un piano sistematico, non una crisi passeggera


L’attuale crisi dell’UNRWA non è un’emergenza finanziaria improvvisa, ma il risultato di una politica deliberata di prosciugamento delle risorse, iniziata con la sospensione dei fondi da parte degli Stati Uniti nel 2018, e proseguita con il mancato pagamento da parte di altri paesi donatori. Gli Stati Uniti, storicamente il principale finanziatore dell'agenzia, hanno interrotto il sostegno nel contesto del "Deal of the Century", che mirava a liquidare i dossier finali della questione palestinese, primo fra tutti quello dei rifugiati.

È significativo che il calo dei finanziamenti coincida con tentativi internazionali di ridefinire il concetto di "rifugiato palestinese", e con proposte di trasferire il dossier alla competenza dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR), trasformando la questione da politica a puramente umanitaria, e il diritto al ritorno in un semplice "diritto di insediamento dove si trovano".


Riduzioni successive... passi calcolati verso la fine


In questo contesto, si inseriscono le riduzioni dei servizi: da un aiuto in denaro di 50 dollari a persona ogni due mesi, a 30 dollari, fino a un pacco alimentare dal valore di appena 10 dollari, riservato solo ai casi di “estrema necessità”.

I tagli hanno colpito anche i settori dell'istruzione, della sanità e dei soccorsi, oltre al blocco delle assunzioni. È un processo di indebolimento progressivo delle funzioni dell'UNRWA, senza un annuncio ufficiale della sua chiusura, rafforzando così l’ipotesi di una “morte lenta”.


I rifugiati: tra protesta e necessità


Questa realtà ha alimentato nei campi profughi sentimenti di frustrazione e rabbia. I rifugiati palestinesi rifiutano i tagli, ma al tempo stesso sono costretti ad accettare ciò che viene offerto, anche se simbolico. Negli ultimi due anni si sono registrate proteste in diverse zone, ma la mancanza di coordinamento politico e la dispersione delle iniziative rivendicative ne hanno indebolito l’efficacia.


L’OLP: equilibrio nazionale di fronte alla crisi


In mezzo a questo scenario critico, l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP) agisce su due fronti:

1. riaffermare politicamente la necessità della continuità dell’UNRWA come riferimento internazionale per la causa dei rifugiati;

2. esercitare pressioni sull’agenzia affinché adempia pienamente ai suoi doveri verso i rifugiati, nel quadro del suo mandato.

Con questo equilibrio, l’OLP svolge il suo ruolo naturale come garante politico e nazionale della causa.

Tuttavia, alcune fazioni palestinesi agiscono in modo disordinato nelle loro attività di protesta, arrivando a chiudere scuole, centri sanitari e cliniche, azioni che a volte sembrano essere mosse da intenti punitivi e non solo rivolte all’UNRWA, ma anche percepite come attacchi all’OLP stessa. Ciò indebolisce la posizione unitaria palestinese e offre ulteriori pretesti ai nemici della causa per giustificare gli attacchi all’agenzia.


La scommessa sulla diplomazia e la pressione organizzata


Oggi la battaglia non è più solo umanitaria, ma eminentemente politica. I paesi arabi ospitanti, le fazioni palestinesi e le organizzazioni della società civile devono agire diplomaticamente presso i paesi donatori, esercitare pressione affinché rispettino i loro impegni finanziari e avvertire del pericolo che l’UNRWA diventi un guscio vuoto.


Difendere l’UNRWA significa difendere il diritto al ritorno


Quello che accade non è solo una riduzione di bilancio, ma un tentativo di liquidare un’agenzia che rappresenta l’unico testimone politico della Nakba di un intero popolo. Difendere l’UNRWA oggi significa difendere il diritto palestinese al ritorno: una responsabilità nazionale che non ammette calcoli faziosi né retoriche populiste. La permanenza dell’UNRWA, con le dovute riforme e il rafforzamento del suo ruolo, è parte integrante della lotta per la resistenza e l’identità, ed è la sola risposta politica ai progetti di insediamento e oblio.

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