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UNRWA - Lazzarini lancia l'allarme


Issam Al-Halabi (Assadakah News Libano) - Lazzarini e il progetto di “separare i palestinesi dalla Palestina”: Un allarme contro l’attuazione silenziosa di un piano pericoloso.


Philippe Lazzarini non ha lanciato il suo allarme per caso. Ciò che sta accadendo non è un sospetto, ma una realtà che si sta muovendo silenziosamente verso un obiettivo strategico: eliminare radicalmente la questione dei rifugiati palestinesi.

Nei giorni scorsi, il Commissario Generale dell'UNRWA (United Nations Relief and Works Agency for Palestine Refugees in the Near East), Philippe Lazzarini, ha lanciato un allarme senza precedenti, chiaro e deciso: "Il progetto di separare i palestinesi dalla Palestina è in fase di attuazione." Non si è trattato di una semplice metafora, ma del risultato di una valutazione accurata delle pressioni sistematiche cui sono sottoposti i rifugiati palestinesi e, in particolare, l’UNRWA: si va dalla delegittimazione e dal prosciugamento dei fondi, fino alla legalizzazione israeliana mirata a eliminare la legittimità internazionale dell’agenzia.


L’UNRWA sotto attacco: smantellamento graduale sotto il pretesto della “neutralità”


Indagini e rapporti delle Nazioni Unite confermano l’esistenza di un piano israeliano studiato per sostituire i servizi dell’UNRWA con istituzioni legate alle autorità di occupazione in Cisgiordania e Gerusalemme, o con ONG locali “alternative” nella Striscia di Gaza. Una delle prove più gravi di questa strategia è la legge approvata dalla Knesset nell’ottobre 2024 che vieta all’UNRWA di operare a Gerusalemme e obbliga il governo a predisporre un piano per la chiusura graduale dei suoi uffici.

Israele giustifica pubblicamente queste misure con “motivazioni di sicurezza”, ma in realtà sta portando avanti una politica silenziosa per eliminare lo status di rifugiato e recidere il legame giuridico e storico tra i palestinesi e il diritto al ritorno. Se l’UNRWA si ritira, resta solo una popolazione senza identità legale, senza dossier internazionale, senza protezione dell’ONU. Così si separa il rifugiato dalla Palestina.


Fase uno: il prosciugamento dei fondi


Dall'inizio del 2024, oltre 10 paesi donatori hanno sospeso i finanziamenti all’UNRWA con il pretesto di indagare su presunte partecipazioni di alcuni dipendenti all’attacco del 7 ottobre. Nonostante le indagini non abbiano dimostrato alcun coinvolgimento sistematico, la minaccia finanziaria continua a pendere sull’agenzia.


Fase due: la demonizzazione dell’agenzia


I media israeliani e internazionali hanno diffuso narrazioni secondo cui l’UNRWA “produce terroristi” e “alimenta l’odio”. Questa campagna, guidata da istituzioni e centri di ricerca della destra israeliana, mira a delegittimare moralmente l’agenzia.


Fase tre: false alternative


In diversi luoghi sono stati registrati tentativi di convincere la popolazione che nuove istituzioni “civili” e “locali” possano sostituire l’UNRWA. Ma in realtà, queste entità sono legate all’occupazione o finanziate da soggetti con agende politiche precise, aprendo così la strada a un tentativo di “integrazione morbida” (tawtin) dei rifugiati, soprattutto in paesi come il Libano e la Giordania.


Chi si oppone a questo progetto?


Nonostante la gravità degli eventi, non tutto è passato inosservato. L’ONU ha rinnovato il mandato dell’UNRWA per altri tre anni con una larga maggioranza nell’Assemblea Generale. L’Autorità Palestinese, insieme alla Giordania, ha avviato una campagna diplomatica per ripristinare il sostegno politico e finanziario all’agenzia.

All’interno del territorio palestinese, nonostante la divisione politica, si sono levate voci unanimi contro ogni tentativo di colpire l’UNRWA, definendola non solo un’agenzia di servizi, ma un “testimone politico e legale del crimine della Nakba e garanzia del diritto al ritorno”. Questo concetto è stato ribadito da numerosi leader e contenuto in memorie legali inviate alle Nazioni Unite.


Testimonianze dal campo: “Siamo sull’orlo del disastro”


Rifugiati palestinesi intervistati nei territori (Gaza e Cisgiordania) hanno confermato il loro attaccamento all’UNRWA:

"Tutta la nostra vita è legata all’UNRWA… Se scompare, dove andremo?"

"Non vogliamo carità… Vogliamo un riferimento internazionale che dica al mondo che siamo rifugiati e che abbiamo ancora una patria a cui tornare."


E se il progetto riuscisse?


Il pericolo maggiore del progetto di “separare i palestinesi dalla Palestina” non è solo la fine dei servizi, ma la fine della questione stessa. Con lo smantellamento dell’UNRWA, crolla l’ultimo ponte internazionale che riconosce l’esistenza dei rifugiati palestinesi, e comincia l’epoca del “rifugiato senza causa” e della “causa senza riferimento”. È questo che teme Lazzarini quando afferma: “Se l’UNRWA sparisce, l’alternativa sarà il caos e il vuoto, e l’occupazione dovrà assumersene tutta la responsabilità.”


E adesso?


L’allarme è stato lanciato. Gli indizi sono chiari. La risposta deve essere all’altezza del pericolo:

Intensificare la pressione internazionale per impedire la chiusura dell’UNRWA o il suo svuotamento di contenuto.

Rifiutare ogni alternativa all’agenzia da parte delle comunità ospitanti.

Trasformare la battaglia in una questione di consapevolezza globale: lo smantellamento dell’UNRWA non è un dettaglio logistico, ma un crimine politico contro l’esistenza palestinese.

Collegare la sopravvivenza dell’UNRWA alla soluzione politica definitiva della questione dei rifugiati, ovvero il ritorno alle loro terre secondo la Risoluzione 194.

Da qui, l’allarme di Lazzarini non deve essere dimenticato una volta passata la tempesta mediatica. La vera battaglia è quella della narrazione e dell’identità. Lo smantellamento dell’UNRWA è l’inizio dello smantellamento della memoria collettiva, della storia e dell’identità nazionale. E se questo progetto non sarà affrontato con un piano palestinese – arabo – internazionale unificato, allora ci troveremo di fronte al momento più pericoloso nella storia della causa dei rifugiati dalla Nakba del 1948.


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