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Accordi Siria-Emirati, Washington in disaccordo

Paola Sireci – Relazioni bilaterali, cooperazione tra le controparti coinvolte, distensione politica e accordi economici sono gli obiettivi del vertice convocato in questi giorni tra Emirati Arabi e la Siria a dieci anni dallo scoppio della guerra civile siriana il 15 marzo 2011.

Una missione diplomatica già avviata nel 2018 e sospesa a causa del conflitto ma che, grazie agli accordi dello scorso 10 ottobre, riprende la sua attività grazie all’incontro tra il Ministro degli Esteri emiratino Abdullah bin Zayed e il presidente siriano Bashar al-Assad con cui sono stati concordati nuovi accordi cooperativi volti a ristabilire le relazioni geopolitiche dei due Paesi già portati avanti nello scorso triennio con cui Abu Dhabi ha stanziato fondi per la ricostruzione di edifici pubblici distrutti dalla guerra, reti idriche ed elettrice e assistenza militare mediante la presenza di 170 fabbriche finalizzate alla costruzione di armi.

Ciliegina sulla torta, la richiesta degli Emirati di reintrodurre la Siria nella Lega Araba da cui è stata espulsa nel 2018 con la relativa sanzione di Assad per aver represso i ribelli con la violenza. Il Ministro degli Esteri, infatti, sottolinea prontamente il "sostegno degli Emirati Arabi Uniti a tutti gli sforzi compiuti per porre fine alla crisi siriana, consolidare la stabilità nel paese e soddisfare le aspirazioni del fraterno popolo siriano". Tuttavia, questo impegno di Abu Dhabi non vede il benestare degli Stati Uniti i quali sono preoccupati per l’incontro tenutosi gli scorsi giorni, simbolo di legittimazione oppressione, dittatura e violenza di Assad verso il Paese. A questo proposito Ned Price, portavoce del Dipartimento degli Stati Uniti, sostiene che non revocherà le sanzioni in favore della Siria e, rivolgendosi agli Emirati Arabi, "Esortiamo gli stati della regione a considerare attentamente le atrocità che questo regime, che lo stesso Bashar al-Assad ha perpetrato contro il popolo siriano nell'ultimo decennio, così come gli sforzi in corso del regime per negare a gran parte del Paese l'accesso agli aiuti umanitari e sicurezza".

Una posizione forte che non lascia spazio ad accordi diplomatici per alleviare la linea adottata dagli Stati Uniti. È altrettanto assodato che la visita di Abdullah bin Zayed significa un’apertura, da parte di Damasco, verso diversi Paesi del mondo arabo, nel tentativo di normalizzare rapporti e superare quell’isolamento diplomatico sorto con lo scoppio del conflitto.

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