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Artsakh - Il grido di Amnesty International. Si aggrava la crisi umanitaria


Letizia Leonardi e Talal Khrais (Assadakah News Agency) – Tra un gesto di solidarietà e l’altro, tra Ucraina e Turchia, la Siria non è nominata e l’Artsakh (Nagorno Karabakh) è ancora sempre più ignorata. Eppure le macerie e i morti sono anche in Siria e il blocco degli pseudo ambientalisti dell'Azerbaijan in Artsakh, che dura ormai da più di due mesi, mette sempre più a rischio la vita di 120 mila persone. Molte infrastrutture di vitale importanza, all'interno del territorio abitato da armeni, sono prive di elettricità a causa delle provocazioni del governo di Baku. Ci sono blackout continui per cercare di utilizzare l’energia per un minimo di riscaldamento in un inverno dalle temperature gelide. Dal ​​21 gennaio ci sono blackout due volte al giorno e per tre ore. La maggior parte degli ospedali dell'Artsakh sono riscaldati grazie all’elettricità e, almeno due volte al giorno, le interruzioni lasciano i pazienti al freddo, senza apparecchiature elettriche mediche essenziali.

Anche Amnesty International ha lanciato l’allarme per la terribile situazione in cui versano circa 120.000 abitanti del Nagorno Karabakh di etnia armena, le cui vite sono a rischio per l’impossibilità di reperire beni essenziali, medicinali e cure fondamentali per i malati cronici.

L’organizzazione per i diritti umani ha sollecitato l’Azerbaijan e la forza di pace della Federazione russa a liberare il corridoio di Lachin al più presto e porre fine alla crisi umanitaria.

Il blocco sta avendo un impatto particolarmente grave soprattutto per le donne, gli anziani e le persone con disabilità. Le frequenti interruzioni delle forniture di energia elettrica, gas e carburante stanno rendendo inoltre estremamente difficile la vita quotidiana.

Gli aiuti umanitari arrivati finora, forniti dal Comitato internazionale della Croce rossa e dai peacekeeper russi, non bastano. Prima del blocco arrivavano 1200 camion al giorno di rifornimenti, ora cinque o sei. Il cardiologo dell’ospedale di Stepenakert, Vartan Lalayan, ha dichiarato che ogni giorno ci sono molti decessi per difficoltà di cure. Il reparto maternità è pieno, ma scarseggiano medicine, prodotti per l’igiene, pannolini, latte in polvere e molte altre cose essenziali. Funziona solo un’incubatrice per volta e i neonati prematuri devono fare i turni. Gli interventi chirurgici programmati nelle istituzioni mediche sono stati annullati, mettendo a repentaglio la salute e la vita di circa 600 cittadini.

Il blocco sta facendo scarseggiare sempre di più il cibo, costringendo le autorità locali a introdurre un sistema di razionamenti che prevede un chilo di riso, uno di pasta, un litro d’olio e un po’ di zucchero, una volta al mese. Frutta e verdura sono completamente scomparse dagli scaffali dei negozi mentre per accaparrarsi latte e uova, quando disponibili, si formano lunghe file fuori dai negozi.

Secondo Amnesty International le donne, pur di sfamare i loro figli, rinunciano alle loro razioni di cibo e, complice anche il freddo, ci sono moltissimi casi di immunodeficienza, anemia, tiroidismo e diabete tra le donne e le bambine. La scarsa nutrizione provoca inoltre aborti e nascite premature. Questi due mesi di blocco dell’unica strada di accesso e di azioni criminali da parte degli azeri sono un’ulteriore conferma del palese odio razziale verso gli armeni e dell’intenzione di attuare una pulizia etnica nell’Artsakh. Un blocco che viola tutte le norme del diritto internazionale e gli obblighi assunti dall’Azerbaijan con la firma del Trattato del 9 novembre 2020.

A causa della mancanza di elettricità e riscaldamento gli asili, le scuole primarie e secondarie del Paese sono rimasti chiusi, privando circa 20.000 bambini e adolescenti del diritto all’istruzione. Anche il lavoro di molte imprese è stato sospeso, lasciando disoccupati migliaia di cittadini. La costruzione di circa 3.700 appartamenti destinati agli sfollati è stata interrotta.

La Comunità internazionale interviene solo a parole ma fatti e azioni concrete, dopo due mesi, ancora non se ne vedono. L’aiuto allora deve, a questo punto, partire da singoli cittadini e associazioni, contattando le organizzazioni umanitarie e le agenzie governative. Dimostriamo agli armeni che non sono soli. Per saperne di più e fare donazioni, visitare il sito: agbu.org/artsakh

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