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Artsakh - La fame è l'arma azera del genocidio contro gli armeni


Letizia Leonardi e Talal Khrais (Assadakah News Agency) - Non scoppiano più bombe, non ci sono più carrarmati azeri in Artsakh. L'Azerbaijan ha capito che può sterminare gli armeni del Nagorno Karabakh senza sporcarsi le mani di sangue agli occhi della Comunità Internazionale. Una guerra sanguinosa, come quella che aveva scatenato nel 2020, qualche notizia l'aveva fatta. Gli azeri ora sanno che lo sterminio degli armeni più avvenire con ancora più silenzio. Gli armeni muoiono lo stesso: di fame e di malattia. E tutto il mondo tace. Il mondo sa e si gira ancora dall'altra parte. Il Papa sa che il primo popolo cristiano del mondo è sotto attacco e parla solo di Ucraina.

L'ex procuratore capo della Corte Penale Internazionale, Luis Moreno Ocampo, ha affermato che: "C'è una base ragionevole per credere che il genocidio è stato commesso contro gli armeni nella regione contesa del Nagorno-Karabakh".

Ha dichiarato inoltre che: "Non ci sono forni crematori e non ci sono attacchi di machete. La fame è l'arma del genocidio invisibile. Senza un cambiamento drammatico immediato, questo gruppo di armeni sarà distrutto in poche settimane".

L'Armenia e l'Azerbaijan hanno combattuto per decenni per la regione. Ocampo sa il fatto suo, ha lavorato presso la Corte Penale Internazionale olandese fino al 2012.

Lunedì scorso , gli esperti delle Nazioni Unite hanno esortato, ancora una volta, l'Azerbaijan a rimuovere un blocco sul corridoio Lachin, l'unica strada che collega il Nagorno-Karabakh all'Armenia. Un blocco che è stato istituito illegalmente dal 12 dicembre 2022.

In un comunicato stampa, anche l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, ha chiesto all'Azerbaijan di porre fine alla terribile crisi umanitaria nella regione del Nagorno Karabakh, che sta affamando e portando alla morte 120 mila armeni. Non c'è più cibo e nemmeno farmaci essenziali per curare i malati. Ormai supermercati, farmacie e ogni negozio hanno scaffali completamente vuoti

"Le ultime, pochissime forniture mediche - sostiene l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati - si stanno velocemente esaurendo. Esortiamo il governo azero a mantenere i suoi obblighi internazionali di rispettare e proteggere i diritti umani. Invitiamo le forze di pace russe nella regione a proteggere e sbloccare il corridoio".

Tutte queste richieste sono presenti nell'accordo trilaterale del cessate il fuoco del novembre 2020, firmato anche dall'Azerbaijan. Il governo di Baku sta quindi violando palesemente, non

solo le norme sui diritti umani ma anche gli accordi firmati.

La terribile situazione è stata oggetto di esame nella riunione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite del 3 agosto, con la presenza del Vice Ministro degli Esteri dell'Armenia, Vahe Gevorgyan. Inutile ancora sottolineare che il blocco dell'Azerbaijan ha già colpito 2.000 donne incinte che hanno subito un aborto spontaneo, circa 30.000 bambini, 20.000 anziani e 9.000 persone con disabilità che sono rimaste senza possibilità di cure.

A luglio, il capo della politica estera del l'Unione europea, Josep Borrell, aveva dichiarato che l'UE è profondamente preoccupata per la grave situazione umanitaria nella regione del Nagorno Karabakh, sostenendo che le autorità azere sono obbligate a garantire la sicurezza e la libertà di movimento lungo il corridoio di Lachin e di non permettere l'aggravarsi della gravissima crisi umanitaria.

Anche il portavoce del Segretario di Stato americano Antony Blinken il mese scorso aveva parlato con il presidente dell'Azerbaijan Aliyev e aveva espresso la sua profonda preoccupazione per la situazione umanitaria nel Nagorno-Karabak, sottolineando l'urgenza di ripristinare il libero transito di veicoli commerciali, umanitari e privati attraverso il corridoio di Lachin.

Tutta la Comunità internazionale dovrebbe avere ormai capito che le parole non bastano a fermare il progetto genocidiario dell'Azerbaijan. Si deve passare decisamente e velocemente ai fatti concreti.

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