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Artsakh - Rischio nuovo genocidio armeno

Aggiornamento: 15 lug 2023


L'Azerbaijan blocca anche i mezzi della Croce Rossa

Letizia Leonardi (Assadakah News Agency) - Sono ormai le ultime grida d'aiuto, poi ci sarà la fine. Una brutta fine: un genocidio. E degli armeni in Artsakh (Nagorno Karanbakh) non ci sarà più traccia. Chi potrà più guardarsi allo specchio senza provare una grande vergogna per aver fatto finta di nulla? Sta girando un video, che potrebbe essere l'ultimo.

Immagini che fanno accapponare la pelle e che riassumono tutto il dolore, tutta la miseria di un popolo che chiede solo di vivere in pace nella sua terra. Il 2023 come il 1915. Ora l'Azerbaijan, prima la Turchia ma il popolo è lo stesso: gli armeni. Nel 2020 decimati dalla guerra scatenata dagli azeri, appoggiati dalla Turchia, con Israele, Ucraina e la stessa Turchia che fornivano armi di ultima generazione, anche quelle non convenzionali, come le terribili bombe a grappolo. Da dicembre del 2022 il governo di Baku ha bloccato il corridoio di Lachin e in questi mesi c'è stato un crescendo. Ora nemmeno i mezzi della Croce Rossa possono portare soccorso agli armeni accerchiati e isolati.

E così in Artsakh non c'è più cibo, non ci sono più medicine, la gente muore per mancanza di cure e per l'impossibilità di raggiungere gli ospedali della vicina Repubblica d'Armenia. Nessuno passa, non c'è pietà. Non c'è stato riscaldamento per potersi riscaldare nel gelido inverno. Non c'è luce. I bambini hanno studiato a lume di candela.

Tutte azioni, queste dell'Azerbaijan, che violano quanto firmato nella dichiarazione trilaterale del 9 novembre 2020. La dittatura di Baku si fa beffe degli appelli della comunità civile e internazionale che chiedono di interrompere il blocco dell'unica strada di collegamento tra il Nagorno Karabakh e il resto del mondo. Non sono serviti a nulla le risoluzioni dei vari parlamenti e gli ordini giuridicamente vincolanti della Corte internazionale di giustizia del 22 febbraio e del 6 luglio. In particolare, il 6 luglio, la Corte ha affermato che l'Azerbaijan mente quando dichiara che ha sempre garantito la libera circolazione di persone, veicoli e merci lungo il corridoio Lachin.

Dopo 7 mesi di interruzione della fornitura di energia elettrica e gas, dal 15 giugno anche il cibo non è più arrivato agli armeni dell'Artsakh. La consegna di tutti i tipi di merci è stata completamente vietata, compreso il materiale sanitario e i farmaci. Ciò sta aggravando e portando alla morte le persone più vulnerabili come le donne incinte, i malati di cancro, i diabetici e i bambini. E se prima, con mille difficoltà, qualche persona, con i mezzi della Croce Rossa riuscivano ad arrivare ai nosocomi di Yerevan, adesso anche i mezzi del Comitato Internazionale non hanno possibilità di transito. La gravità della situazione è anche provata dal fatto che, in tutti questi mesi, nessuno della comunità internazionale e delle organizzazioni umanitarie hanno potuto mettere piede sul suolo del Nagorno Karabakh per controllare e portare aiuti.

Il Ministero degli Affari Esteri della Repubblica di Armenia ha accolto con favore e anche con una sorta di speranza, l'Ordinanza della Corte Internazionale di Giustizia del 6 luglio scorso che ha confermato quanto stabilito, all'unanimità, l'Ordine del 22 febbraio 2023 che obbliga l'Azerbaijan "a prendere tutte le misure a sua disposizione per garantire il movimento senza ostacoli di persone, veicoli e merci lungo il Corridoio Lachin in entrambe le direzioni”. La Corte conferma inoltre la necessità di un'effettiva attuazione di tale Ordine per prevenire un un danno irreparabile ai diritti degli armeni.

Occorre quindi, più che mai urgentemente, il coinvolgimento pressante di ogni Organismo, Parlamento e in particolare del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, di adottare tutte le misure per garantire l'immediata ed effettiva attuazione dell'ordinanza della Corte da parte dell'Azerbaijan al fine di togliere gli armeni dall'assedio e dall'isolamento subito dagli azeri.

Ma alle parole e agli scritti, devono seguire i fatti e di fatti, ad ora, non ce ne sono. E quindi ora tocca alla società civile, alle singole persone, sollecitare, diffondere, farsi promotore, spingere ogni politico, di ogni partito, di ogni parlamento di sanzionare materialmente l'Azerbaijan per queste provocazioni, crudeltà e violenze, così come tutti hanno fatto e fanno per l'Ucraina.



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