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Editoriale - CPI: astensione, vergogna tutta italiana

  • 9 feb
  • Tempo di lettura: 2 min

Roberto Roggero* - Ormai non sorprende più la continua ambiguità del governo italiano di fronte a decisioni internazionali, nel tentativo di tenere il piede in due scarpe. Un’ambiguità che non ci si preoccupa nemmeno più di mascherare. Né è più in gioco la credibilità dell’Italia, assolutamente inesistente, continuando ad avvalersi dell’astensione, ovvero del rifiuto di prendere una posizione su questioni di valenza e interesse internazionale.

Dopo il caso Almasri, la mancata firma della dichiarazione a favore della Corte Penale Internazionale, contro le sanzioni alla Corte decise da Trump, mette l’Italia in aperto conflitto con l’Unione Europea e ben 79 Paesi dell’ONU, e approfondisce la distanza politica e ideologica, nel tentativo di ingraziarsi il più possibile Trump, con la assurda ambizione di poter fare da mediatore fra UE e Washington.

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Una speranza senza speranza, dal momento che a Washington non interessa assolutamente avere mediatori, cosa arcinota come il fatto che gli USA e Israele non riconoscono la CPI, ma ancor più il non avere calcolato che la decisione di astenersi dal prendere posizione contro le sanzioni nei confronti della Corte Penale Internazionale, creata con un atto ufficiale noto come Statuto di Roma, mette in opposizione l’Italia e la stessa Unione Europea. Assumere un ruolo di mediazione in questo contesto appare una vera e propria “mission impossible” poiché, a memoria d’uomo, non si può applaudire con una mano sola.

Il governo Meloni non ha sufficiente credibilità, specie se si considera l’apparire come il furbetto che tenta inutilmente di raggirare gli “amici” con falsi sorrisi, mettendosi dalla parte del più forte, accampando pretesti totalmente assurdi, come le accanite lotte fra spie e servizi segreti di cui parla il ministro dei Trasporti, Matteo Salvini, per giustificare la liberazione di Almasri, lo spionaggio nei confronti di OGN e giornalisti e ma manifesta incapacità dell’intelligence nazionale, già evidente con il caso di Cecilia Sala.

Una figura davvero misera, specie se si pensa che il primo requisito di un componente del governo dovrebbe essere la chiarezza, e invece si continua a frapporre rivalità mal celate, come quella fra il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, e il ministro dei Trasporti, Matteo Salvini, che dimostra sempre più di non volersi adattare all’incarico (incapacità a parte) e di soffrire l’Unione Europea e la stessa Meloni, che gli ruba continuamente ruolo, scena e consenso elettorale.

In sintesi, astenersi dal prendere una posizione è una palese manifestazione di vigliaccheria politica, e i tentativi di giustificare tale atteggiamento sono solo inutili, anzi, controproducenti arrampicate sugli specchi.

(*Direttore responsabile Assadakah News)

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