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Egitto: firmato un accordo con Siemens per produrre idrogeno verde. Novità anche nell'archeologia


ANN - Shadia Farid Cairo - La società tedesca Siemens ha firmato un memorandum d'intesa con la società governativa Egyptian electricity holding (Egcp) per costruire, in Egitto, un'industria ecologica basata sull'idrogeno allo scopo di aumentare le esportazioni egiziane di energia rinnovabile. A dare la notizia, un comunicato stampa del governo del Cairo. Siemens stava già studiando un progetto per produrre idrogeno verde in Egitto come fonte alternativa per l'industria energetica, da esportare eventualmente all'estero, in base a una lettera di intenti firmata all'inizio di quest'anno con il governo egiziano. Mohamed Shaker, ministro egiziano dell'Elettricità e delle Energie Rinnovabili, ha spiegato che si sono svolte trattative per attuare un progetto di generazione di idrogeno verde da energia elettrica rinnovabile con una capacità di 100 megawatt o più nell'ambito del sistema "Epc + Finance". Siemens ha recentemente collaborato con il governo del Cairo su diversi progetti energetici, tra cui le tre più grandi centrali elettriche a ciclo combinato nel mondo, la costruzione del Centro nazionale di controllo dell'elettricità nella nuova capitale amministrativa e un nuovo impianto eolico da 500 megawatt. Il 26 agosto Ahmed Hafez, portavoce del ministero degli Esteri egiziano, ha affermato che i due ministri condividono il desiderio di rafforzare il commercio e migliorare le relazioni politiche tra i due Paesi. A margine dell'incontro è stato firmato un accordo bilaterale sulla cooperazione nel campo della consultazione politica. I due ministri hanno anche collaborato alla stesura di due memorandum d'intesa finalizzati a rafforzare la cooperazione nei settori della cultura e della gioventù: il loro scopo è facilitare la comunicazione tra i funzionari dei due Paesi promuovendo al contempo il dialogo interculturale. Passando su un altro versante: scoperto il fossile di un'antenata delle balene. Aveva quattro zampe e probabilmente era in grado sia di camminare sulla terraferma che di nuotare. I resti, che risalgono a 43 milioni di anni fa, sono stati trovati in Egitto e sono stati analizzati da un gruppo di ricerca guidato dall'università egiziana Mansoura che ha pubblicato il lavoro su Proceedings of the Royal Society B.


Sempre nel campo archeologico, è stato costituito un gruppo di ricerca dell'Università di Pisa in missione nei musei europei per studiare la cultura dell'antico Egitto. La missione coinvolgerà prestigiosi musei europei, tra cui il Rijksmuseum van Oudheden di Leiden, il Musée Art & Histoire di Bruxelles, Ägyptische Museum Georg Steindorff di Leipzig e il Louvre di Parigi. Un team di archeologi del Dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere dell'Università di Pisa ha studiato gruppi di figurine in fango o argilla cruda egizie e nubiane, riuscendo a identificare le tracce di lavorazione e le impronte digitali degli autori di queste figurine di fango. Lo studio è stato portato avanti nell'ambito del progetto di ricerca "Process - Pharaonic Rescission: Objects as Crucibles of ancient Egyptian Societies", diretto dal professor Gianluca Miniaci che, insieme a Vanessa Forte e Camilla Saler, ha studiato gruppi di figurine in fango o argilla cruda risalenti all'età del Medio Bronzo in Egitto (2000-1500 a.C.) e provenienti da diversi contesti archeologici egiziani e nubiani. "Queste piccole statuette rappresentano soggetti multipli (uomini, animali, nemici da maledire, figure femminili propiziatorie), ma sono tutte accomunate dal materiale povero di cui sono fatte, il fango e l'argilla del Nilo, un materiale considerato povero - spiega il professor Gianluca Miniaci - Se infatti di solito l'opinione pubblica è affascinata dai 'tesori' dell'antico Egitto, gioielli d'oro, d'argento, intarsiati con lapislazzuli e avorio, statue in alabastro e granito, sarcofagi del prezioso legno di cedro, il fango racchiude al suo interno altri tesori nascosti, che l'archeologo ha il compito di portare alla luce". Grazie all'utilizzo di un microscopio portatile Dinolite e la modellazione fotogrammetrica 3D, sono state identificate le tracce di lavorazione, uso e perfino le impronte digitali delle persone che avevano forgiato e usato queste figurine di fango. Chi erano coloro che le avevano forgiate e perché? "Grazie al progetto Process stiamo recuperando quei segni quasi invisibili che invece gettano luce proprio sull'identità delle persone meno note dell'antico Egitto, come gli artigiani e gli abitanti dei villaggi. Individui comuni troppe volte ignorati dalla storia dei grandi eventi - aggiunge Miniaci - Inoltre, lo studio di queste figurine sta rivelando fondamentali informazioni sulle credenze, i comportamenti e le aspettative dei comuni abitanti dell'antico Egitto, spesso oscurate dalle solenni dottrine professate dei faraoni e dagli alti funzionari".

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