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Gaza - La guerra israeliana contro i bambini

Assadakah News Agency - Quando ci si accanisce contro una generazione di vittime innocenti, per impedire che abbia un futuro, si chiama GENOCIDIO.

Il 19 gennaio 2024 è il 105° giorni della guerra scatenata da Israele nella Striscia di Gaza, con la morte di oltre 25mila persone, di cui almeno 10mila sono bambini. I morti israeliani sono circa 1.200.

L'agenzia palestinese Wafa riferisce che almeno 12 cittadini sono stati uccisi e molti altri feriti, in un raid dell'aviazione israeliana su uno stabile residenziale vicino all'ospedale Shifa, a Gaza City. Secondo la stessa fonte nelle ultime ore sono stati uccisi 77 cittadini e decine feriti, fra cui bambini e donne, dall’incessante bombardamento degli aerei, dell'artiglieria e delle cannoniere navali israeliani.

Appare sempre più evidente la macabra intenzione israeliana di eliminare tutti i palestinesi, e nel caso specifico, assicurarsi che non ci sia una continuazione della popolazione della Striscia di Gaza. Altrettanto evidente è la tacita complicità della comunità internazionale…

Circa 10mila bambini sono stati uccisi dalla follia israeliana, vittime innocenti la cui colpa è quella di essere venuti al mondo…

I bombardamenti israeliani continuano e la situazione a Gaza è passata da "catastrofe" a "collasso". Ad assicurarlo è l'UNICEF, l'Agenzia per l'infanzia delle Nazioni Unite, che tramite il vicedirettore generale, Ted Chaiban, ha fatto il punto della situazione dopo una missione di tre giorni nella Striscia: oltre 25 mila i morti, il 70% di questi sarebbero donne e bambini; l'85% della popolazione è stato sfollato, e molti di questi sono stati sfollati più volte. Gaza è e resta "il luogo più pericoloso al mondo per un bambino".

"Ho potuto incontrare i bambini e le loro famiglie - ha spiegato Chaiban - che soffrono alcune delle condizioni più terribili che abbia mai visto". "Dalla mia ultima missione, la situazione è passata dalla catastrofe a quasi il collasso. L'UNICEF ha descritto la Striscia di Gaza come il luogo più pericoloso al mondo per un bambino. Abbiamo detto che questa è una guerra contro i bambini. Ma queste verità non sembrano diffondersi. Delle quasi 25.000 persone che sarebbero state uccise nella Striscia di Gaza dall'escalation delle ostilità, fino al 70% sarebbero donne e bambini. L'uccisione di bambini deve cessare immediatamente".

Oltre ai morti, però, ci sono gli sfollati e le conseguenze che si abbattono su di loro: "oltre 1,9 milioni di persone, ovvero quasi l'85% della popolazione di Gaza, sono ora sfollate, tra cui molti che sono stati sfollati più volte. Più di un milione di loro si trova a Rafah, in un mosaico di rifugi e siti di fortuna che hanno reso la piccola città quasi irriconoscibile. L'enorme massa di civili al confine è difficile da comprendere e le condizioni in cui vivono sono disumane. L'acqua scarseggia e le carenze igieniche sono inevitabili. Il freddo e la pioggia di questa settimana hanno creato fiumi di rifiuti. Il poco cibo disponibile non soddisfa le esigenze nutrizionali specifiche dei bambini. Migliaia di bambini sono malnutriti e malati".

Due mesi fa, Chaiban era stato in missione a Gaza, e aveva constato come "i casi di diarrea erano aumentati del 40% rispetto a prima dell'escalation delle ostilità. A metà dicembre, erano stati registrati 71.000 casi tra i bambini sotto i cinque anni, con un aumento di oltre il 4.000 per cento dall'inizio della guerra. Si tratta di un peggioramento sconcertante delle condizioni dei bambini di Gaza. Se questo declino persistesse, potremmo assistere a decessi dovuti a conflitti indiscriminati, a cui si aggiungono quelli dovuti a malattie e fame. Abbiamo bisogno di una svolta epocale".

Una svolta epocale che "inizia con la fine degli intensi bombardamenti, che non solo uccidono migliaia di persone, ma impediscono anche la consegna degli aiuti ai sopravvissuti. Dobbiamo far entrare più camion, attraverso più valichi e con processi di ispezione molto più efficienti. Prima del conflitto, più di 500 camion entravano nella Striscia di Gaza ogni giorno. Quando ero lì a novembre, entravano circa 60 camion di aiuti al giorno. Ora sono circa 130 camion al giorno, insieme a una media di 30 camion commerciali al giorno. Questo con l'apertura di un secondo valico, che però rimane del tutto inadeguato. Stiamo tentando di dare assistenza attraverso una cannuccia per soddisfare un oceano di bisogni".

Il vicedirettore dell'UNICEF ha poi raccontato di aver incontrato, martedì scorso, una bambina di 11 anni di nome Sama all'ospedale Al-Nasser di Khan Younis. "Stava saltellando con gli amici quando sono stati colpiti dalle schegge di un bombardamento. Le schegge hanno squarciato l'addome di Sama, costringendola a un intervento chirurgico per l'asportazione della milza. Si sta riprendendo in ospedale, isolata da tutti coloro che la circondano perché ora è immunodepressa in una zona di guerra piena di malattie e infezioni". "Dieci minuti dopo ho incontrato Ibrahim, 13 anni. Era in un rifugio designato con la sua famiglia, in un'area che gli era stata indicata come sicura, quando tutto è crollato intorno a loro. La mano di Ibrahim era gravemente danneggiata e si è rapidamente infettata. Senza medicine, la cancrena ha preso piede e alla fine ha perso il braccio durante un'amputazione senza anestesia. La madre di Ibrahim, Amani, che lo ha accompagnato nel sud della Striscia per ricevere cure salvavita ad Al-Nasser, ha chiesto aiuto per rintracciare gli altri sei figli e il marito rimasti a nord di Gaza City. Non ha notizie di loro da due mesi. Poche ore dopo la nostra partenza, molte famiglie sono fuggite dall'ospedale di Al-Nasser mentre i combattimenti si avvicinavano alla zona".

"Devono esserci meno restrizioni sul tipo di aiuti che possiamo portare, come i generatori per le pompe dell'acqua e i tubi per riparare le strutture idriche, che sono fondamentali per ripristinare i servizi idrici e igienici essenziali per la sopravvivenza delle persone - ha esortato Chaiban -. Una volta che gli aiuti entrano nella Striscia di Gaza, la nostra capacità di distribuirli diventa una questione di vita o di morte. È indispensabile eliminare le restrizioni all'accesso, garantire comunicazioni terrestri affidabili e facilitare la circolazione delle forniture umanitarie per garantire che coloro che sono rimasti senza aiuti per giorni ricevano l'assistenza disperatamente necessaria. Inoltre, dobbiamo far fluire il traffico commerciale a Gaza, in modo che i mercati possano riaprire e le famiglie possano dipendere meno dai soccorsi".

Infine, Chaiban ha chiesto "accesso al nord". "Si stima - ha spiegato -che tra le 250.000 e le 300.000 persone che vivono nel nord di Gaza non abbiano accesso all'acqua potabile e a malapena al cibo. Nelle prime due settimane di gennaio, solo 7 delle 29 consegne di aiuti previste hanno raggiunto le loro destinazioni nel nord di Gaza. Nel 2024, nessun convoglio dell'UNICEF ha raggiunto il nord della Striscia di Gaza.

"Dove abbiamo accesso, possiamo fare la differenza - ha assicurato -. Ho visitato uno dei due impianti di desalinizzazione a Khan Younis che l'UNICEF sta sostenendo e che fornisce acqua a circa 250.000 persone. Ho visto bambini che indossavano i vestiti invernali che abbiamo portato e famiglie che usavano sapone e prodotti sanitari dai kit per l'igiene che erano arrivati. Non possiamo aspettare oltre per un cessate il fuoco umanitario che ponga fine alle uccisioni e ai ferimenti quotidiani di bambini e delle loro famiglie, che consenta la consegna urgente di aiuti disperatamente necessari e il rilascio sicuro e incondizionato dei due bambini israeliani ancora tenuti in ostaggio a Gaza. Tutto questo non può continuare", ha concluso.

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