Il Papa in Libano
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Paola Angelini (Assadakah News)

Nel Paese dei Cedri è la seconda tappa voluta vivamente da Papa Leone IV, ma il viaggio è iniziato in Turchia.
La parola ricorrente in questo primo viaggio apostolico del Papa, è pace.
“Lungo un'epoca in cui la convivenza può sembrare un sogno lontano, il popolo del Libano, pur abbracciando religioni diverse, rappresenta un potente esempio. Paura, sfiducia e pregiudizio non hanno qui l'ultima parola, mentre l'unità, la riconciliazione e la pace sono sempre possibili. […] Ai conflitti così complessi e di lunga data, in mezzo a queste lotte si può trovare speranza, incoraggiamento quando ci concentriamo su ciò che ci unisce, la nostra comune umanità, la nostra fede in un Dio di amore e misericordia”.
Papa Giovanni XXIII, che prima di diventare Papa, ha vissuto in Turchia per circa 10 anni. E lui è rimasto l'amico dei Turchi. Un Ministro della Turchia, nel 1960, dichiarò che era il primo Papa turco della storia.
La Turchia per la posizione geografica è ponte tra Asia, Europa, e tra diverse culture, confine tra cristianità e Islam. È una terra speciale dove nonostante tante avversità storiche, diverse comunità credenti sono rimaste lì, subendo anche persecuzioni nei secoli.
La terra del Patriarcato di Antiochia trema quando i giovani mettono in scena i loro peggiori incubi, quelli della guerra, mentre i loro sogni sono quelli della pace. Offrono la propria testimonianza a Papa Leone, che attento, li segue commosso e empatico.
“Vi rammaricate di avere ereditato un mondo lacerato da guerre e sfigurato dalle ingiustizie, ma voi avete un dono che agli adulti manca, voi avete tempo”.
Arrivano da tutti i distretti del Libano, ma anche da Siria e Iraq, il Papa comprende e offre loro la sua forza, li incoraggia a ricucire le ferite, ad andare avanti, a non lasciare questa terra da troppi decenni lacerata, ma a farla rifiorire. Bkerké è la sede del Patriarcato maronita dal 1823. Situata a 25 chilometri da Beirut, è adagiata sul fianco di una collina.
Sono radunate 15.000 persone a Bkerkè.
L'ultimo appuntamento della giornata cominciata presto, con la visita alla tomba del Santo Maronita libanese, Charbel. Il Papa chiede a lui il dono della pace per il Libano e per il mondo. Poi il santuario di Nostra Signora di Harissa, l'incontro con il Clero i consacrati che lavorano nelle aree di guerra, nelle carceri, accanto ai milioni di rifugiati che sono in Libano. L'ospedale Psichiatrico.
E pace rimane il tema della giornata, anche nell'incontro interreligioso, in cui chiede alle diverse fedi di camminare insieme, per una pace giusta e duratura. “A conflitti complessi e di lunga data, si può trovare speranza e incoraggiamento […] il popolo del Libano, pur abbracciando religioni diverse, rappresenta un potente esempio. Paura, sfiducia e pregiudizio non hanno qui l'ultima parola, mentre l'unità, la riconciliazione e la pace sono sempre possibili”.
In Libano convivono 18 confessioni religiose, di conseguenza, certe volte, questo pluralismo religioso, ma anche politico richiede di tanto in tanto un’ intesa, per mettersi d'accordo, altrimenti le cose non possono andare bene.
“I libanesi sono molto forti, non si arrendono alle difficoltà”, queste le parole del Papa rivolte ai familiari delle vittime dell’esplosione, avvenuta nel 2000, nel porto di Beirut.





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