Iran - Assalto israeliano più esteso degli ultimi decenni
- 14 giu
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Aggiornamento: 17 giu
Issam Al-Halabi (Assadakah News Libano) -L’Iran sotto attacco: un errore strategico apre la strada al più ampio assalto israeliano degli ultimi decenni.
All’alba di venerdì 13 giugno 2025, esplosioni simultanee hanno scosso il cuore del territorio iraniano. Israele ha rivendicato la responsabilità per quella che è una delle sue operazioni militari più estese nella storia del conflitto non dichiarato con Teheran. Più di 15 siti militari e strategici sono stati colpiti nel giro di pochi minuti, seguiti da ulteriori attacchi che hanno interessato diverse località in almeno sei province e città iraniane. Una situazione che ha provocato shock interno e preoccupazione a livello internazionale.
Attacco a sorpresa… e grave fallimento dell’intelligence iraniana
Secondo fonti iraniane citate dal New York Times, la leadership di Teheran non si aspettava alcuna escalation prima dei colloqui nucleari previsti con Washington in Oman il 15 giugno. Questa eccessiva "tranquillità" ha portato i servizi di sicurezza a ignorare rapporti d’intelligence interni ed esterni che avevano messo in guardia da movimenti israeliani non convenzionali.
Il risultato è stato disastroso: una riunione militare d’emergenza è stata colpita in una sede non protetta a Teheran, causando la morte di diversi alti ufficiali, tra cui il generale Hossein Naseri, comandante dell’aeronautica dei Guardiani della Rivoluzione. Strutture strategiche a Natanz, Isfahan, Shiraz, Kermanshah e Tabriz hanno subito gravi danni, incluso l’impianto di arricchimento dell’uranio di Natanz, reso quasi completamente inoperativo.
Israele ha continuato i suoi attacchi contro numerosi siti militari e aeroporti, e l’operazione non si è fermata al primo colpo a sorpresa, ma è proseguita a ondate nel corso della giornata, aggravando i danni e ampliando il raggio degli obiettivi colpiti.
Reazioni confuse e misure interne d’emergenza in Iran
All’alba del giorno dell’attacco, la leadership iraniana ha adottato una serie di misure d’urgenza, tra cui:
-Dichiarazione dello stato d’emergenza in tutte le province.
-Trasferimento della Guida Suprema Ali Khamenei in una struttura fortificata a nord di Teheran.
-Licenziamento di ufficiali dell’intelligence dei Pasdaran e apertura di inchieste sulle falle nella sicurezza.
-Rafforzamento della censura mediatica e limitazione di Internet a livello nazionale.
-Evacuazione di sedi militari e amministrative sensibili in diverse città.
-Tali misure miravano a contenere la crisi interna e a rassicurare l’opinione pubblica scioccata dall’entità della violazione della sicurezza.
La risposta militare: limitata e impulsiva
Nelle ore successive all’attacco, l’Iran ha lanciato circa 200 missili e droni verso città israeliane come Tel Aviv e Gerusalemme. Una risposta apparsa affrettata e disorganizzata, che ha causato la morte di un israeliano e il ferimento di altri.
Dopo circa 18 ore, la leadership iraniana ha annunciato una controffensiva "composita", che ha incluso:
-Raffiche di droni e missili contro il Ministero della Difesa israeliano e altri centri di sicurezza.
-Ridislocamento delle batterie antiaeree S-300 attorno agli impianti nucleari.
-Dispiegamento di unità della Forza Quds lungo i confini con Iraq e Siria.
Dichiarazioni della leadership iraniana: un’escalation calcolata
La Guida Suprema Ali Khamenei ha dichiarato in un breve comunicato:
"Israele pagherà il prezzo. La nostra pazienza non è debolezza... la risposta arriverà quando meno se lo aspettano."
Il generale Esmail Qaani, comandante della Forza Quds, ha promesso una "risposta strategica che supererà i confini geografici", aggiungendo che "questa guerra non rimarrà confinata ai cieli di Teheran e Tel Aviv".
Il portavoce dell’esercito, il generale Shakarji, ha affermato che "quanto accaduto è solo l’inizio. La risposta completa sarà realizzata in fasi".
Le motivazioni israeliane: nessun negoziato sotto minaccia nucleare
Israele ha giustificato l’operazione come necessaria per impedire all’Iran di raggiungere la cosiddetta “soglia nucleare”, alla luce di rapporti occidentali che confermavano l’avvicinamento di Teheran alla capacità di costruire un’arma nucleare.
L’attacco ha incluso:
-Bombardamenti aerei di precisione.
-Operazioni di sabotaggio interne supportate da intelligence.
-Attacchi informatici che hanno paralizzato radar e sistemi di difesa aerea iraniani.
Uno degli obiettivi principali era lanciare un messaggio chiaro: i negoziati non escludono l’opzione militare, se ritenuta necessaria.
La posizione americana: compiacimento discreto e prudenza diplomatica
Sebbene Washington non abbia partecipato direttamente all’attacco, le dichiarazioni di alcuni funzionari hanno rivelato un consenso implicito:
Il presidente degli Stati Uniti ha definito l’operazione "un passo importante e positivo".
Il Segretario di Stato Marco Rubio ha dichiarato che "si è trattato di un’azione difensiva. L’Iran è responsabile dell’escalation".
Il Congresso ha espresso pieno sostegno a Israele, chiedendo un rafforzamento della cooperazione militare.
Parallelamente, l’amministrazione ha espresso timori riguardo al rischio di un’escalation incontrollabile che potrebbe costringerla a intervenire direttamente.
Reazioni europee contrastanti… e l’avvertimento russo
La Francia ha attribuito all’Iran la responsabilità della tensione, pur chiedendo un “cessate il fuoco immediato”.
Il Regno Unito si è detto “profondamente preoccupato”, sollecitando un ritorno al dialogo.
Germania e Unione Europea hanno richiesto un vertice urgente.
La Russia ha condannato l’attacco, definendolo una “palese aggressione contro uno Stato sovrano”.
Una fase cruciale negli equilibri regionali
L’attacco israeliano ha messo a nudo la fragilità delle difese iraniane, ridisegnando l’equilibrio della deterrenza nella regione. L’Iran oggi si trova davanti a due scenari:
Una risposta totale, che potrebbe innescare una guerra regionale su vasta scala.
Un temporaneo arretramento per riprendere l’iniziativa politica e militare.
Israele, dal canto suo, sembra aver imposto una nuova equazione: nessun negoziato sotto minaccia nucleare, e la risposta militare non è più un’ipotesi remota se viene superata la linea rossa della sicurezza.
Ad oggi, il mondo si trova sull’orlo di una crisi grave e pericolosa, mentre la voce della diplomazia resta flebile rispetto al fragore delle esplosioni.







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