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Lega Araba - “Damasco dovrà rispettare precise condizioni”

Roberto Roggero - Il mondo arabo, e il mondo di conseguenza, sta attraversando un periodo di importanti trasformazioni. Dal riavvicinamento Riyadh-Teheran, alla ripresa delle relazioni diplomatiche fra altri rivali storici, e la riammissione della Siria nella Lega Araba, dopo 12 anni di sospensione a causa della repressione messa in atto dal governo nel 2011 e alla successiva guerra civile che non è ancora del tutto terminata, a causa del fondamentalismo islamico. Una riammissione non senza polemiche e manifestazioni di opposizione da parte di alcuni Paesi, sia dello stesso mondo arabo, sia in Occidente, Stati Uniti in testa. Da non dimenticare le attuali questioni ancora aperte come quella israelo-palestinese, quella fra Marocco e Algeria, l’emergenza Yemen e ora il Sudan.

La riammissione è stata decisa durante la riunione di emergenza convocata dai ministri degli Esteri della Lega Araba al Cairo. A dare l’annuncio il ministro degli Esteri egiziano, Sameh Al Shoukry: “Siamo convinti che l’unico modo per risolvere la crisi in Siria, sia accogliere la via della diplomazia che proviene dall’interno del Paese, senza alcuna interferenza esterna”. Il governo siriano dovrà comunque rispettare precise condizioni, fra cui la accoglienza dei fuoriusciti, dei profughi e degli oppositori senza alcuna ritorsione; un processo politico che porti a elezioni democratiche; e la fine assoluta del traffico di stupefacenti e petrolio con i Paesi confinanti. Le condizioni di una ripresa dovranno anche fronteggiare la massiccia corruzione diffusa a tutti i livelli, se davvero si ha intenzione di percorrere la strada della normalizzazione, avviata dallo stesso presidente Bashar Al Assad con viaggi ufficiali in diversi Paesi del Golfo, poiché la riammissione della Siria era subordinata anche ai rapporti bilaterali fra Damasco e i singoli Paesi membri.

E’ stato un periodo drammatico, con una lotta intestina feroce, e ovviamente l’intromissione straniera, sull’onda delle primavere arabe, con il risultato che sono morte oltre mezzo milione di persone e più di dieci milioni sono fuggite dal Paese.

Nell’ultimo anno le cose hanno iniziato a cambiare. Il presidente Assad, in carica da 23 anni dopo il padre, è uscito dall’isolamento internazionale, ed è stato invitato alla prossima riunione annuale della Lega Araba prevista il 19 maggio a Jeddah, in Arabia Saudita. Nei giorni scorsi ha ricevuto il presidente Ebrahim Raisi, primo capo di Stato iraniano a visitare la Siria dallo scoppio della guerra, e quindi il processo ha preso avvio grazie anche alla mediazione degli Emirati Arabi, con i ringraziamenti ufficiali di Assad al presidente Muhammad ben Zayed. In poche settimane, anche Tunisia, Giordania, Egitto, Oman e Arabia Saudita hanno riattivato i rapporti con Damasco.

Per un accoglimento all’unanimità nel Consiglio di Cooperazione del Golfo, mancano però ancora Qatar e Kuwait. Gli analisti sono divisi: alcuni vedono imminente l’approvazione, altri vedono indecisione, in riferimento all’approvazione al reintegro da parte del rappresentante di Doha presso il Consiglio della Lega Araba, e la successiva dichiarazione del ministro degli Esteri Majed Al-Mansari, secondo cui non è al momento prevista una normalizzazione dei rapporti diplomatici, almeno ufficiali, con il governo siriano. Ovviamente contrari gli Stati Uniti, che hanno manifestato intenzione di mantenere le sanzioni e di non volere la normalizzazione dei rapporti diplomatici e politici, approfittandone per portare a proprio vantaggio le importazioni di gas e petrolio. Una reazione alla ormai evidente perdita di influenza sul territorio. Di contro, e altrettanto ovviamente, la Russia ha accolto con favore il ritorno della Siria nella Lega Araba, come Venezuela, Cina e Iran. Da notare che la decisione della Lega Araba potrebbe essere una vittoria proprio per Iran e Russia, che hanno sostenuto il governo Assad durante la crisi e la guerra, evidenziando che questo Paese ha bisogno di assistenza regionale per ripristinare le relazioni diplomatiche e la ricostruzione.

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