Palestina - Interrogativi sul ruolo dei media: parla Al-Halabi
- 16 giu
- Tempo di lettura: 3 min

Issam Al-Halabi (Assadakah News Libano) - I media palestinesi tra retorica faziosa e sfide dei campi profughi: Issam Al-Halabi analizza l’impasse e propone una via d’uscita.
Il Dr. Khaled Mamdouh Al-Azzi, docente all'Università libanese ed esperto in media e relazioni internazionali, intervista il giornalista Issam Al-Halabi.
Nel caos del panorama mediatico arabo, i campi profughi palestinesi in Libano restano testimoni del dolore della Nakba, portando il peso dell’esilio e sfidando condizioni complesse di emarginazione ed esclusione. Con questa presenza drammatica del campo nella memoria politica ed emotiva, emerge una domanda fondamentale: i media palestinesi sono all’altezza di tali sfide? Svolgono davvero il loro ruolo come voce dei rifugiati o sono immersi nelle divisioni interne?
In questo contesto, abbiamo condotto un’intervista approfondita con il veterano giornalista Issam Al-Halabi, responsabile delle relazioni pubbliche e dell’informazione presso la Sicurezza Nazionale Palestinese in Libano, che ha offerto una lettura critica e coraggiosa della realtà mediatica palestinese, analizzandone le lacune e proponendo soluzioni per liberarsi dal discorso settario e approdare a un’informazione nazionale unificata.
Ain al-Hilweh… arena di conflitto e resistenza
Al-Halabi inizia il suo intervento parlando del campo di Ain al-Hilweh, che definisce la “capitale della diaspora palestinese”, con oltre 75.000 rifugiati palestinesi e sfollati da campi siriani. Il campo – spiega – ha subito le ripercussioni delle crisi regionali, in particolare quella siriana e la divisione politica libanese.

Nonostante le pressioni, Al-Halabi apprezza la consapevolezza palestinese dimostrata con l’avvio di iniziative di sicurezza volte a proteggere il campo e tenerlo fuori dai conflitti regionali. Aggiunge:
La consapevolezza delle forze nazionali e islamiche della pericolosità della divisione interna a Gaza le ha spinte a unire le forze in Libano. Il nemico sionista non aspetta altro che un momento di debolezza per colpire la causa palestinese ovunque si trovi.
Media palestinesi… una voce chiusa entro mura ideologiche
Al-Halabi critica duramente la realtà dei media palestinesi, definendoli “rinchiusi nei propri schemi faziosi ristretti” e denunciando l’assenza di un discorso nazionale che parli a tutti con un linguaggio moderno. Afferma:
I nostri media sono ancora lontani dall’uso efficace delle tecnologie moderne, che sono ormai il linguaggio del presente. Non riusciamo a trasmettere i nostri messaggi né all’interno della Palestina né al mondo arabo o internazionale.
Sottolinea come la giustezza della causa palestinese venga oggi marginalizzata, perché non viene presentata in maniera universale e umana, capace di influenzare l’opinione pubblica mondiale.
Immagini distorte e stereotipi
Al-Halabi denuncia anche l’atteggiamento di alcuni media arabi e libanesi che contribuiscono a distorcere l’immagine dei campi, amplificando eventi isolati e presentandoli come focolai di tensione:
I problemi nei campi non sono molto diversi da quelli di altre aree libanesi, a volte persino minori. Eppure, i media li descrivono come zone fuori controllo, ignorando i successi nel campo dell’arte, della scienza e della cultura.
Crisi di piattaforme… una voce senza eco
Al-Halabi descrive il giornalista palestinese come “prigioniero di piattaforme settarie ristrette o subordinato a media non palestinesi che impongono le loro condizioni”. Evidenzia l’assenza di una struttura mediatica palestinese unificata che possa contare su strumenti come cinema, teatro e dramma, fondamentali per costruire una coscienza collettiva.
Aggiunge:
Anche gli opinionisti palestinesi si trovano costretti a pubblicare su media stranieri, poiché mancano piattaforme libere nello spazio mediatico palestinese.
Tentativi promettenti… ma insufficienti
Al-Halabi cita alcuni tentativi seri come la rivista Al-Quds, il sito Falastinuna e portali web affiliati a diverse fazioni, ma ritiene che il loro linguaggio rimanga ancora troppo influenzato da logiche faziose. Elogia invece l’esperienza della Sicurezza Nazionale Palestinese nel creare un ufficio stampa impegnato in attività sociali e culturali, rafforzando la fiducia tra la gente e le forze di sicurezza:
Abbiamo creato un sito web e pagine social, iniziato corsi di formazione... Ma ci serve un organico più ampio, risorse materiali e una visione centrale di supporto.
Appello a un discorso mediatico nazionale unificato
Conclude con un appello chiaro per la creazione di un’informazione palestinese unificata, che non si dissolva nelle fazioni ma le superi:
Abbiamo bisogno di un discorso che affronti con coraggio e trasparenza temi sensibili come il rapporto palestinese-libanese, i diritti civili dei rifugiati e la rappresentanza politica, senza compromettere la sovranità libanese né la dignità palestinese.
I media come fronte della resistenza
Al termine del suo intervento, Al-Halabi sottolinea che i media rappresentano “il secondo fronte della resistenza”, in quanto portatori della narrazione storica, custodi della memoria e voce viva contro l’emarginazione e l’oblio:
Abbiamo bisogno di un’informazione che sfidi l’oblio e la distorsione, che custodisca la nostra storia. Un’informazione che serva la consapevolezza, non interessi faziosi.







Commenti