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Shireen Abu Akleh, un omicidio che rischia di restare impunito

Abdul Nasser Abou Aoun – Da diverso tempo ormai, i quotidiani internazionali, e in particolare quelli italiani, non parlano più della morte della giornalista palestinese Shireen Abu Akleh, uccisa da un proiettile israeliano nei pressi del campo profughi palestinese di Jenin l’11 maggio scorso. Eppure alcune novità si sono, purtroppo non tutte positive.

Si dice che il proiettile che ha troncato la vita della giornalista corrispondente di Al Jazeera, sua stato sparato da un soldato appartenente alla unità di élite Duvdevan (ciliegia), il quale avrebbe scambiato Shireen per un militante armato, a causa del giubbetto antiproiettile e dell’elmetto.

E’ quanto meno strano che un tiratore scelto, che osserva attraverso un mirino telescopico ad alta definizione, possa scambiare una donna con un giubbotto blu sul quale è vistosamente evidenziata la scritta “Press”, con un combattente palestinese armato. Ed è strano, oltre che ignobile, che i superiori di questo soldato, che non distingue fra giornalisti e militanti armati, consentano che possa continuare indisturbato il proprio “servizio”. In sostanza, non sorprende neanche che le autorità israeliane abbiano insabbiato prove, indagini verifiche ed evidenze, barricandosi dietro la qualifica “indagine riservata interna”.

La confusione creata intorno alla tragedia di Shireen, è inoltre manifestamente artificiale, o meglio, sapientemente creata ad hoc, ed è la prova evidente di quanto i militari, i poliziotti e i coloni israeliani, abbiano in profondo disprezzo la vita dei palestinesi, siano bambini, anziani, donne o uomini. E ulteriore prova dell’insiabbiamento è il fatto che, oltre a Shireen, pochi attimi prima i cecchini israeliani hanno sparato, fortunatamente solo ferendolo a una spalla, anche al giornalista Ali Samoudi.

A nulla sono servite le testimonianze di altri due colleghi giornalisti che si trovavano sul posto, Shatha Hanaysha e Mujahid al Saadi, i quali confermano che si sono chiaramente uditi oltre una decina di colpi diretti nella zona dove si trovava Shireen, uno dei quali ha colpito da dietro la giornalista alla testa.

Un civile palestinese ha provato a portarla via e i soldati hanno sparato altri tre proiettili nella loro direzione. È stato un solo soldato a sparare, o di più? Non è chiaro, anche se a questo punto non è nemmeno un elemento importante. Si è trattato di un soldato confuso che ha commesso un errore, o è stato il dito leggero sul grilletto che fa parte di una routine? Forse una routine che le forze di occupazione israeliane non hanno intenzione di cambiare, perché è un mezzo con cui si assicura la governabilità necessaria per far avanzare la colonizzazione.

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