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Speciale MedDialogues - Priorità Stato di Palestina

  • 7 ore fa
  • Tempo di lettura: 7 min

Assadakah News - Manal Radwan, consigliera del ministero degli Esteri dell'Arabia Saudita, intervenuta alla 11a edizione 2025 di MedDialogues, ha posto l’attenzione sulla situazione attuale fra Israele Gaza: “GCC e UE possono raggiungere risultati concreti. Solo un impegno congiunto e un coordinamento effettivo tra i Paesi del Golfo, in particolare quelli del Consiglio di Cooperazione (GCC), insieme a un partenariato con Unione Europea e con i principali Paesi europei possono produrre risultati concreti". Radwan ha ricordato che "quando si parlava di pace nel pieno del genocidio in corso, molti dubitavano della possibilità di un'intesa", ma ha sottolineato che "la presentazione congiunta del New York Declaration Plan per porre fine alla guerra ha rappresentato una svolta, offrendo una nuova visione per la regione".

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Secondo la diplomatica saudita, “questo genocidio deve finire, la guerra deve finire: ogni giorno in più di violenze è un giorno di troppo" ha concluso, avvertendo che la prosecuzione delle ostilità "mette a rischio non solo le vite dei palestinesi, ma anche la stabilità regionale e internazionale". Il ministero Esteri saudita, ribadisce: nessuna normalizzazione con Israele senza Stato palestinese.

La normalizzazione dei rapporti tra Arabia Saudita e Israele potrà avvenire solo "in una situazione realmente normale", ovvero quando sarà riconosciuto lo Stato palestinese. Andando alle basi, la normalizzazione riflette una condizione di normalità, ma come può l'Arabia Saudita normalizzare i rapporti con un Paese coinvolto in un genocidio? Come possiamo avere relazioni normali con chi nega l'esistenza e il diritto all'autodeterminazione dei palestinesi? Non siamo in una situazione normale.

Sicurezza per tutti è il nostro motto", ha sottolineato, "ma non si può costruire ignorando i palestinesi e i loro diritti. Il primo passo verso la normalizzazione - ha aggiunto - deve essere il riconoscimento di uno Stato palestinese che viva in pace e sicurezza accanto a Israele. Se raggiungeremo questo punto di riferimento, tutto il resto sarà possibile e contribuirà ad aumentare il livello di sicurezza per tutti, israeliani e palestinesi compresi".

Manal Radwan, consigliera del ministero degli Esteri dell'Arabia Saudita
Manal Radwan, consigliera del ministero degli Esteri dell'Arabia Saudita

La ministra degli Esteri della Autorità Nazionale Palestinese, Varsen Aghabekian Shahin, ha a sua volta dichiarato: “Pace a Gaza non significa pace in tutta la Palestina. La tregua raggiunta nella Striscia di Gaza rappresenta soltanto un primo passo e non può essere confusa con la pace complessiva in Palestina. Non dimentichiamo che esiste anche e soprattutto la questione di Gerusalemme Est”. La ministra ha ribadito che il territorio palestinese deve essere considerato "nella sua unità geografica e umana", sottolineando che "Gaza non può essere separata da Gerusalemme e dalla Cisgiordania". Lo status di questi territori, ha aggiunto, "è regolato dal diritto internazionale", e qualsiasi soluzione politica "deve rispettarne i confini e la sovranità". Aghabekian ha poi ricordato i recenti progressi diplomatici in tema di riconoscimento dello Stato palestinese: "Venti Paesi hanno riconosciuto la Palestina nel 2025, portando a 153 il numero totale". Inoltre, ha esortato altri governi a fare lo stesso, definendo tale passo "una prova concreta di rispetto per il diritto internazionale". La ministra ha infine richiamato l'attenzione sulle "continue violazioni nei territori occupati", avvertendo che "in Cisgiordania e a Gerusalemme occupata vengono commesse violazioni ogni giorno" e che la pace reale "non potrà essere raggiunta finché non verranno garantiti protezione, diritti e dignità a tutto il popolo palestinese.

La ministra degli Esteri della Autorità Nazionale Palestinese, Varsen Aghabekian Shahin
La ministra degli Esteri della Autorità Nazionale Palestinese, Varsen Aghabekian Shahin

Fermare l'aggressione sulla Striscia di Gaza era la nostra priorità" ma senza una tregua durevole "non possiamo fare altri passi avanti. Il cessate il fuoco entrato in vigore a Gaza lo scorso venerdì 10 ottobre deve essere sostenibile per arrivare veramente alla pace. La ministra ha sottolineato la necessità di tradurre il cessate il fuoco in misure sul campo per alleviare la sofferenza della popolazione e ha richiamato la responsabilità della comunità internazionale. Tutti hanno preso parte a rendere possibile questo momento; ora dobbiamo assicurarci che abbiano ciò che serve, cioè tradurre gli impegni in azioni concrete. La sicurezza di Israele e' parte fondamentale dello Stato di Palestina, e viceversa, e a questo scopo stiamo continuando a lavorare per raggiungere un sostegno ancora più ampio al riconoscimento dello Stato palestinese. Avviamo un'alleanza globale e vogliamo sfruttare strumenti che permettano l'attuazione della Dichiarazione di New York. Il cessate il fuoco a Gaza è fondamentale ma dobbiamo intraprendere anche altri passi che ci porteranno verso la pace. La Dichiarazione di New York contiene una lista di ciò che dobbiamo fare. Vogliamo vedere come e in che modo attuare questi impegni. Noi stiamo facendo ciò che dobbiamo per rafforzare le istituzioni, creare governo e diritto specifico, e dobbiamo avere l'opportunità di lavorare in pace".

Prendendo a sua volta la parola, il ministro di Stato Qatar, Mohammed bin Abdulaziz Al-Khulaifi, ha poi evidenziato la necessità di dialogo fra Iran, Qatar e alleati regionali: “Non esiste altra soluzione se non il dialogo diretto con l'Iran quando si tratta di questioni chiave. Un ulteriore coinvolgimento con Teheran è essenziale, e tutti i Paesi del Consiglio di Cooperazione del Golfo.

Il ministro di Stato Qatar, Mohammed bin Abdulaziz Al-Khulaifi
Il ministro di Stato Qatar, Mohammed bin Abdulaziz Al-Khulaifi

L'Iran è un Paese vicino, qualunque preoccupazione l'Occidente abbia riguardo alle questioni nucleari dovrebbe preoccupare noi ancora di più. L'approccio del Qatar è favorevole al dialogo, e ci porta a continuare a incoraggiare i nostri colleghi statunitensi a mantenere il loro impegno diplomatico con l'Iran. Per quanto riguarda la questione Gaza, bisogna dare il massimo sostegno al dialogo. L'impegno del Qatar non è iniziato il 7 ottobre: abbiamo oltre 50 anni di impegno fra Palestina e Israele. Penso che dobbiamo andare oltre il cessate il fuoco e compiere i passi successivi per trovare una soluzione duratura e sostenibile. Il piano statunitense rappresenta il percorso per evitare nuove escalation in futuro. Dobbiamo assolutamente affrontare la questione della sicurezza, la formazione della Forza Internazionale di Stabilizzazione, che dovrà essere dispiegata a Gaza, la sua formazione e la futura governance”.

Il ministro degli Esteri dell’Iraq, Fuad Hussein, ha a sua volta sottolineato la priorità del dialogo, l’impegno del proprio Paese, ma ha anche precisato che l’Iraq non invierà truppe, e ha poi ribadito la partnership cp l’Italia per quanto riguarda le esportazioni di petrolio: “Siamo felici di essere tornati a esportare petrolio in Italia, e di aver riaperto il flusso attraverso l'oleodotto Iraq-Turchia dopo un blocco di un anno e mezzo. Le imprese italiane sono un fondamentale elemento nella ricostruzione e nello sviluppo energetico, come il contributo delle forze italiane nell'addestramento delle nostre unità di sicurezza". Infine, sulle elezioni legislative di novembre, Hussein ha parlato di "una tappa necessaria per consolidare il processo democratico. Abbiamo bisogno di nuove elezioni - ha concluso - si tratta di un passaggio indispensabile per rafforzare la democrazia in tutto il Paese".

Il ministro degli Esteri dell'Iraq, Fuad Hussein
Il ministro degli Esteri dell'Iraq, Fuad Hussein

Sul fronte interno, Hussein ha confermato che la minaccia terroristica in Iraq è più debole, ma non scomparsa. "Lo Stato islamico è ancora attivo dall'altra parte della frontiera, in Siria", ha spiegato, sottolineando che "la cooperazione con Damasco è costante e ci auguriamo di poter combattere insieme i residui del gruppo terroristico". Ampio spazio anche ai temi energetici: l'Iraq, ha detto il ministro, "punta a raggiungere l'autosufficienza nella produzione di gas ed elettricità' entro quattro anni". Baghdad, ha proseguito, "ha già aumentato gli scambi energetici con Turchia, Giordania e Paesi del Golfo" e investe nella cattura del gas flaring. "Contiamo di dipendere completamente dal nostro gas per la produzione di elettricità nei prossimi tre o quattro anni", ha affermato.

Riguardo alle relazioni con Washington, Hussein ha ribadito che l'Iraq considera strategica la propria relazione con gli Stati Uniti, ricordando che hanno aiutato gli iracheni a liberarsi di Saddam Hussein e nella lotta contro lo Stato islamico. Il ministro ha sottolineato che l'accordo di partenariato strategico tra Baghdad e Washington copre molti settori: economia, energia, commercio, salute, cultura, educazione e sicurezza.

Sulle relazioni tra Iran e Occidente, Hussein ha ammesso che "la tensione è molto alta, soprattutto nei rapporti tra l'Iran e l'Europa, in particolare con Regno Unito, Francia e Germania". Baghdad, ha ricordato, aveva svolto in passato un ruolo di facilitatore, ma oggi "non esistono margini per un dialogo concreto". "E' una sfortuna che i negoziati sul nucleare siano giunti a un punto morto", ha aggiunto, citando il ritorno delle sanzioni e "l'assenza di un processo di negoziazione con la parte statunitense".

Sul piano regionale, il ministro ha ribadito il sostegno di Baghdad al processo di pace in Medio Oriente, pur mantenendo prudenza rispetto a una possibile partecipazione irachena a una forza internazionale di stabilizzazione. "Molti Paesi sono stati invitati a partecipare, ma non vedo ancora quale tipo di forza potrebbe esistere. Penso che molti stiano aspettando di capire cosa accadrà all'interno di Gaza. Non credo che l'Iraq parteciperà come forza o come unità", ha chiarito Hussein. Il capo della diplomazia irachena ha definito il piano di Sharm el Sheikh "un primo passo nella direzione giusta", ma ha ricordato che "la sicurezza rappresenta il secondo passo, fondamentale per ogni futuro accordo di pace". Dalla sicurezza a Gaza alla crisi iraniana, dal rapporto strategico con Washington ai contatti con la nuova amministrazione in Siria fino alla cooperazione con Roma: il ministro degli Esteri iracheno, ha tracciato la visione di un Iraq al centro delle dinamiche regionali e deciso a consolidare il proprio ruolo di attore di stabilità nel Medio Oriente allargato. "La sicurezza resta la condizione essenziale per qualsiasi processo di pace", ha spiegato Hussein, aggiungendo che senza un accordo chiaro sul disarmo di Hamas "non si potrà costruire nulla". Ufficialmente Baghdad supporta l'Autorità Nazionale Palestinese e il popolo palestinese in generale", ha ribadito Hussein, chiedendo nuovamente "chi sarà responsabile a Gaza e chi garantirà la sicurezza a Gaza? sono domande cruciali". "Il piano - ha concluso Hussein - deve essere attuato passo dopo passo: il cessate il fuoco ferma anche le deportazioni, ed è un elemento importante sia per i palestinesi che per gli egiziani. Inoltre, invia un messaggio positivo alla Cisgiordania. Tutte queste fasi sono interconnesse".

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