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Sudan - Dieci mesi di guerra

Assadakah News Agency - I media occidentali se ne occupano sempre meno, eppure il conflitto civile scoppiato in Sudan il 15 aprile 2023 sta continuando, mentre la comunità internazionale sembra essere concentrata su altri teatri di crisi. Com’è la situazione ad oggi?

In dieci mesi di guerra, sono state registrate oltre 15mila vittime, ma di certo è una cifra sottostimata, poiché l’estensione del Paese e le caratteristiche della guerra in corso non permettono una valutazione esatta, considerando i milioni di profughi sparpagliati per le immense distanze del territorio.

Il problema migranti

Altri riescono ad arrivare alle coste del Mediterraneo, ma spesso qui trovano la morte: pochi giorni fa, al largo della Tunisia, sono annegati 13 sudanesi e altri 27 risultano dispersi. Il gruppo, composto da 42 persone, era partito da Jebiniana, tutti regolarmente registrati come rifugiati dell’UNHCR. L’imbarcazione con la quale hanno tentato di raggiungere le coste italiane, si è capovolta e la Guardia Costiera tunisina è riuscita a salvarne solamente due. Altri sudanesi, invece, muoiono di fame e stenti anche nei campi per sfollati e profughi. L’Unicef ha lanciato un nuovo allarme: oltre 700mila bambini rischiano di essere colpiti dalla peggior forma di malnutrizione e decine di migliaia potrebbero morire. I profughi e gli sfollati disseminati per il Sudan sono circa 11milioni, e almeno 2 milioni si sono riversati nei Paesi confinanti: Il Chad ospita il 37% di chi ha cercato protezione all’estero, il Sud Sudan il 30%, l’Egitto il 24%, Etiopia, Libia e Repubblica Centrafricana il resto. La situazione umanitaria è catastrofica in tutto il territorio nazionale, e oltre 25 milioni di sudanesi necessitano di aiuti umanitari.

Allarme epidemie

Le malattie endemiche sono un altro pericolo reale, il colera si sta diffondendo a causa delle cattive condizioni igieniche con circa 11mila casi registrati ad oggi e almeno 300 morti.

La guerra fra i paramilitari ribelli della Rapid Support Force comandata dal generale Mohamed Hamdan Dagalo, e il de facto presidente e capo dell’esercito, Abdel Fattah Al-Burhan, ha messo in ginocchio l’intera popolazione, e distrutto gran parte delle infrastrutture. Gli ospedali, sono chiusi o operano solo parzialmente per mancanza di medicinali, attrezzature e personale. La rete internet non funziona e in alcune zone è fuori uso.

Dopo un’assenza prolungata, l’8 febbraio scorso il presidente al-Burhan è ritornato a Khartoum da Port Sudan, dove si trovava dallo scorso agosto, insieme al Consiglio Sovrano e al governo, per allentare le tensioni all’interno dell’esercito.

Negli ultimi mesi il presidente sudanese si è recato spesso all’estero, dove ha incontrato diversi capi di Stato. Un prossimo tour lo porterà a breve a Teheran, in Turchia e in altri Paesi della regione.

Mercoledì scorso a Ginevra Martin Griffiths, capo di Ocha, l’Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari, ha annunciato che le parti belligeranti abbiano accettato di incontrarsi per discutere di questioni umanitarie. Al meeting in Svizzera dovrebbero partecipare i due generali. Non è ancora stata fissata la data.

I combattimenti sono particolarmente cruenti nella capitale Khartoum e nelle regioni del Darfur, con massacri che ricordano il genocidio degli anni 2003-2005, ma si combatte violentemente anche nel Kordofan e a Gezira, mentre il resto del territorio sotto il controllo dall’esercito regolare gode di una calma relativa.

Dal Sudan al Corno d'Africa

La guerra in Sudan preoccupa la regione del Corno d’Africa, che ne subisce le conseguenze, con il rischio concreto di sprofondare in una lunga crisi umanitaria con gravi ripercussioni geopolitiche. Prima del conflitto, il Sudan ospitava oltre 1,1 milione di rifugiati stranieri, tra questi 800.000 sud sudanesi e numerosi eritrei ed etiopi. Il Sudan era quindi uno dei principali Paesi di accoglienza dei rifugiati in Africa.

Oggi le dinamiche sono opposte e c’è pertanto il rischio che la guerra sudanese possa incendiare i Paesi vicini, in particolare il fragile Sud Sudan, ma anche il Chad e altri. In questo scenario, le aspirazioni dei sudanesi, specie dei numerosi giovani, rimangono comunque libertà, giustizia, democrazia. In una parola: pace.

L’emergenza dei profughi in Sudan è una delle più grandi al mondo perché sta avvenendo una crisi umanitaria che ha il potenziale di crescere e andare ancora più fuori controllo. Secondo le statistiche delle Nazioni Unite, oltre 10 milioni di sudanesi sono fuggiti dalle proprie case, molti si sono rifugiati in Paesi come il Ciad, l’Egitto, il Sud Sudan, l’Etiopia e la Repubblica Centrafricana. Quasi 18 milioni di sudanesi vivono nell’insicurezza alimentare, non hanno regolare accesso a cibo sufficiente per una crescita normale, e 5 milioni di loro si trovano dinanzi a livelli di carestia e rischio di morte per malnutrizione.

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