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Sudan - I giovani di “Voices for Peace”

Assadakah News - Mentre l’attenzione del mondo è rivolta (non senza ragione) a Gaza, Ucraina, Iran, altri conflitti continuano a essere “invisibili”. Il Sudan sta attraversando la peggiore crisi umanitarie del mondo. I numeri descritti dagli ultimi rapporti delle Nazioni Unite sono drammatici: oltre 14 milioni di persone costrette alla fuga, sfollati interni e rifugiati, fame, epidemie, aiuti che non arrivano e interi territori come il Darfur ancora teatro di massacri.

L’agenzia stampa della Santa Sede (Fides) si domanda se si sta andando verso una spartizione del Paese, dopo la presa di controllo del cosiddetto triangolo di confine Sudan-Libia-Egitto da parte dei paramilitari ribelli della Rapid Support Force. Secondo i militari delle forze armate regolari (Sudan Armed Forces) del presidente riconosciuto Abdel Fattah al-Burhan, la conquista del triangolo di confine da parte delle RSF è stata facilitata dal Libyan National Army (LNA), la fazione con base a Bengasi che controlla la Cirenaica, e si oppone al Governo di Accordo Nazionale (GNA) di Tripoli.

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Mentre infuria la guerra, un gruppo di giovani sudanesi hanno lanciato, a Kampala in Uganda, la campagna "Voci di Pace".

Inaugurata sabato 14 giugno da Sa'ad Mohamed, Direttore Esecutivo dell'African Centre for Justice and Peace Studies (ACJPS), “Voices of Peace” mira a coinvolgere i giovani sudanesi nella costruzione di un processo di pace sostenibile. “Attraverso questa campagna, intendiamo costruire un processo di pace completo, che metta al centro i giovani, beneficiando del potere e dell'influenza dei social media nel plasmare l'opinione pubblica" ha dichiarato uno dei giovani sudanesi presenti. L’obiettivo è sfruttare i social media e le arti tradizionali per promuovere la riconciliazione e porre fine al conflitto in corso nella loro patria dilaniata da una cruenta guerra civile (fonte: Agenzia Fides 17/4/2023).

Secondo gli organizzatori, l'iniziativa utilizzerà i media digitali e le arti tradizionali, incluso il ruolo delle Hakamat (cantanti e cantastorie tradizionali femminili) per diffondere messaggi di pace e coesistenza, monitorando e documentando al contempo le violazioni dei diritti umani in tutto il Sudan.

Nella nota pervenuta all’Agenzia Fides si legge anche che i gruppi civili e politici sudanesi vantano una vasta esperienza nell'utilizzo dei media digitali e dei social network, che hanno svolto un ruolo fondamentale nella mobilitazione della Rivoluzione sudanese da dicembre 2018 ad aprile 2019. Di fronte alla repressione mediatica, piattaforme di social media come Facebook, Twitter e WhatsApp sono diventate cruciali per organizzare proteste e coordinare le azioni. La rivolta ha di fatto infranto il blocco mediatico ufficiale, trasformando i social media in uno strumento di comunicazione popolare e unificando gli slogan rivoluzionari. Gli attivisti sudanesi hanno ottenuto il sostegno internazionale, in particolare su Twitter, trasformandolo in uno spazio di solidarietà globale. Le piattaforme digitali sono diventate anche un mezzo vitale per i giovani per discutere di costruzione dello Stato, giustizia di transizione e diritti umani, promuovendo una cultura di resistenza digitale.

Asjad Bahaa, fondatrice e partecipante alla campagna, ha affermato che "Voices of Peace" è la seconda fase di un progetto dell'ACJPS, iniziato ad aprile e incentrato sulla documentazione delle sparizioni forzate. Ha spiegato che la campagna formerà i giovani come osservatori e documentatori delle violazioni dei diritti umani, affrontando l'esodo di molti attivisti a causa delle minacce alla sicurezza.

I giovani sono "il carburante della guerra e della pace" spesso facilmente reclutabili dai gruppi armati, ha sottolineato un attivista della campagna. "Stiamo cercando di invertire questa tendenza formando i giovani a essere promotori di pace", ha affermato. Le condizioni umanitarie continuano a peggiorare e le violazioni dei diritti civili sono diffuse.

A valorizzare il potenziale delle arti e dei media nella costruzione della pace valgono inoltre gli esempi di altri paesi. Tra questi il Ruanda che, dopo il genocidio del 1994, ha utilizzato arti tradizionali, teatro comunitario e trasmissioni radiofoniche per promuovere amore, riconciliazione e perdono. O la Sierra Leone dove, dopo la guerra civile del 2002, gruppi musicali giovanili itineranti hanno utilizzato la musica tradizionale per reintegrare i bambini soldato e promuovere la tolleranza. In Colombia le campagne mediatiche che incorporavano arti e musica tradizionali hanno incoraggiato decine di combattenti a disarmarsi e a reintegrarsi nella società. In Niger il ruolo delle Hakamat nella costruzione della pace è stato rafforzato attraverso i canti popolari per trasmettere informalmente messaggi che esortavano a porre fine alla violenza e a promuovere la convivenza nelle comunità pastorali.

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