Beato Salvatore Lilli: tra Abruzzo, Terra Santa, Armenia e Oriolo Romano
- 24 set
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Aggiornamento: 25 set

Brunella Bassetti
Sabato 20 settembre presso il Pontificio Collegio Armeno di Roma si è tenuta la presentazione del romanzo “Il seme e la neve. Il martirio del beato Salvatore Lilli”. Presenti gli autori, Giovannino Giosuè e don Vincenzo Massotti, quest’ultimo già autore di un altro opuscolo “Beato Salvatore Lilli. Sacerdote, francescano, martire” dedicato al frate francescano abruzzese che – il 22 novembre 1895 – fu trucidato, insieme ad altri sette cristiani armeni laici, dai soldati dell’Impero Ottomano nella località di Mujuk-Deresi. Ricordiamo che il 3 ottobre 1982 sono stati beatificati da papa Giovanni Paolo II come “Martiri in Armenia Minore”.Ad impreziosire ancora di più il pomeriggio l’intervento, dettagliato e circostanziato, di Padre Narciso Klimas, vicedirettore dell’Archivio della Custodia di Terra Santa e Gerusalemme, esperto delle carte che documentano il martirio del frate italiano. Una storia minore che parla di fede, di inculturazione, di tolleranza e di dialogo. Inoltre, dal punto di vista storico gli scritti e i documenti del beato Salvatore sono fondamentali come testimonianze storiografiche dei “progrom”, ossia dei massacri precursori del più noto genocidio armeno del 1915. E per quelle strane circostanze della vita altri documenti relativi al Beato sono stati trovati, alcuni anni fa, presso il Convento di Sant’Antonio da Padova di Oriolo Romano dove Adolfo Lilli - figlio del fratello Giovanni del beato Salvatore - fu guardiano per alcuni anni. Anch’egli francescano ma con un ministero in Italia dedicò gran parte della sua vita a raccogliere, preservare e tramandare la “straordinaria testimonianza di fede” dello zio martire di cui scrisse “Vita del padre Salvatore Lilli da Cappadocia della provincia romana di San Michele Arcangelo martirizzato nell’Armenia minore il 22 novembre 1895”, pubblicato nel 1949 a Gerusalemme per i Tipi Francescani. Una curiosità: padre Adolfo che prenderà come religioso il nome dello zio morirà il 21 aprile 1963 e la sua tomba è ancora visibile presso il cimitero comunale di Oriolo Romano. I documenti su citati, grazie all’interessamento del giornalista e corrispondente della stampa estera Talal Khrasis, anch’egli presente all’evento, sono stati consegnati al Museo del Genocidio Armeno di Yerevan dove si sta effettuando una collazione con quelli conservati presso la Custodia di Terra Santa. L’operazione letteraria della vita romanzata, nelle intenzioni degli Autori, vorrebbe restituire “attualità e visibilità” a questo grande atto di fede e di coraggio edulcorandolo dalla retorica agiografica classica mettendo in evidenza la dimensione umana, terrena e spirituale di questo ruvido abruzzese che con il suo carisma si fece messaggero del calore della fede evangelica nelle aride terre dell’Anatolia. Una breve notazione anche per quanto riguarda il titolo, evocativo e simbolico: da un lato vi è l’omaggio al romanzo siloniano “Il seme sotto la neve”; la neve, inoltre, permise la conservazione dei corpi. Infatti, il 22 novembre 1895 dapprima furono uccisi a colpi di baionetta e, in seguito, i loro corpi furono dati alle fiamme. Fu possibile ritrovarli soltanto nella primavera del 1896 al disgelo delle nevi … e, infine, il “seme”, quel seme nascosto sotto la neve che può crescere silenziosamente e con speranza, anche quando non è visibile…







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