Damasco annuncia: la Siria nel nuovo ordine mondiale
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Wael Al-Mawla - L’annuncio proveniente da Damasco non è stato una semplice notizia politica di passaggio, ma un momento di svolta nelle dinamiche del Medio Oriente. Mentre gli occhi del mondo erano rivolti a Washington in attesa dei risultati della visita del presidente transitorio siriano Ahmad al-Shar’a, l’evento è arrivato dal cuore della capitale, dove il ministro dell’Informazione, Hamza al-Mustafa, ha annunciato ufficialmente l’adesione della Siria alla coalizione internazionale contro l’ISIS. Un solo tweet ha aperto la porta a grandi interrogativi: perché ora? E chi c’è dietro questa mossa sismica?
Dopo la caduta del regime di Assad e l’uscita dell’Iran dalla scena, è nata una nuova realtà politica. Oggi la Siria non è più l’estensione dell’“asse della resistenza”, ma il nucleo di un nuovo esperimento mediorientale: uno Stato moderato che non si oppone all’Occidente e mira a recuperare la propria sovranità attraverso un equilibrio regionale. La coalizione internazionale non è più un avversario, ma il canale per reintegrare Damasco nel sistema mondiale dopo un lungo isolamento.
La scelta di annunciare la decisione da Damasco è un messaggio simbolico preciso. Washington ha voluto conferire legittimità alla decisione siriana senza apparire come il principale sponsor del suo ritorno. L’annuncio dalla capitale significa che il Paese ha ritrovato la propria voce, seppur all’interno di intese definite da Stati Uniti, Turchia e Israele.
Oggi la coalizione internazionale non è più solo per combattere l’ISIS, ma per ridisegnare le sfere d’influenza. Washington usa lo slogan della “lotta al terrorismo” per liquidare l’eredità iraniana, contenere l’espansione turca e consolidare un sistema di sicurezza sotto supervisione americana, israeliana e araba.
La Turchia cerca di mantenere un ruolo di mediatore tra Damasco e Washington. È apparso chiaramente durante l’incontro tra Fidan e al-Shaybani a Washington, dopo la visita di al-Shar’a, che Ankara vuole conservare un ruolo centrale in tutto ciò che riguarda la Siria. Tuttavia, la fase successiva al predominio turco sembra essere già iniziata, con l’ingresso diretto di Damasco nella coalizione.
Il mondo arabo ritorna con volti nuovi: la Giordania come coordinatore della sicurezza, l’Arabia Saudita come sostenitrice della “stabilizzazione della maggioranza al potere” e l’Iraq come ponte che collega Damasco alla coalizione internazionale. Il loro ritorno non riporta il passato, ma consolida la Siria in un nuovo spazio politico realistico.
Israele è il presente silenzioso e il grande vincitore. Dopo l’esclusione dell’Iran, Tel Aviv è convinta che la nuova Damasco non tornerà a essere un nemico, ma un partner per la stabilità del fronte settentrionale, all’interno di un Medio Oriente rinnovato e privo di “resistenza”.
Le forze “Qasd” (SDF) rappresentano il braccio militare, mentre Damasco offre la copertura politica. Il graduale ingresso delle forze governative a est dell’Eufrate riflette uno scambio di influenza calcolato tra le due parti sotto la bandiera della lotta al terrorismo.
In conclusione, Damasco non è più il centro della resistenza, ma un laboratorio di nuova cooperazione in materia di sicurezza. La sua adesione alla coalizione è un annuncio indiretto della fine della fase dello scontro e dell’inizio di una stagione di equilibri realistici.
L’evento, iniziato con un tweet, non è stato casuale: è stato un annuncio studiato della nascita di una nuova Siria. una capitale risorta dalle ceneri che scrive il suo primo capitolo nel prossimo ordine mondiale.







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