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Darfur - Masalit: un genocidio nell’indifferenza internazionale


Roberto Roggero - La popolazione Masalit, etnia alla quale apparteneva il governatore del Darfur Occidentale, Khamis Abkar, barbaramente ucciso dai paramilitari ribelli delle RSF, sono oltre quattro milioni di persone che vivono in piccola parte nel Chad Orientale, ma principalmente nel West Darfur, dove attualmente si sta compiendo un vero e proprio genocidio, nel disinteresse della comunità internazionale, e nella totale impotenza dell’ONU.

Noti anche come Masala, vivono anche in gruppi stanziati nell’area di Al Qadarif, nel Sudan orientale, e anche in alcune zone dello stato meridionale detto Janub Darfur, in circa 20mila. Sono i discendenti diretti di un piccolo Sultanato, esistito fra la fine del 19° e l’inizio del 20° secolo, con una propria identità etnica e una propria lingua originale (scritta in caratteri latini), derivata dalle radici Maban e suddiviso in diversi dialetti, ma parlano abitualmente anche l’arabo. Le tradizioni Masalit fanno risalire la loro patria originaria alla Tunisia. Passando attraverso il Chad, alla fine si stabilirono nelle vicinanze del Sudan.

I Masalit sono anche conosciuti come Kana Masaraka, Mesalit e Massalit, e principalmente sono dediti all’agricoltura, con coltivazioni di arachidi, miglio e sorgo, e vivono nelle tipiche abitazioni in legno e paglia, di forma conica. Oggi i Masalit appartengono sostanzialmente alla religione islamica, che fra loro si è diffusa a partire dal 17° secolo.

Cultural Survival, organizzazione con sede negli Stati Uniti fondata nel 1972 che sostiene i diritti delle popolazioni indigene in tutto il mondo, ha denunciato un vero e proprio genocidio, in atto fin dai tempi del dittatore Al-Bashir, per opera delle milizie Janjaweed, e oggi questi crimini continuano per opera delle formazioni terroriste delle Rapid Support Force.

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