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Editoriale - Un futuro per Gaza

Roberto Roggero* - Più di 41mila palestinesi a Gaza - la maggior parte dei quali civili, tra cui donne, bambini, anziani e a volte intere famiglie - sono stati uccisi, e più di 95.500 feriti. Si stima che 1/4 dei feriti di Gaza, ovvero circa 22.500 persone, necessiterà di riabilitazione e assistenza specializzata per tutta la vita, compresi individui con gravi lesioni agli arti, amputazioni, danni al midollo spinale, lesioni cerebrali traumatiche e ustioni gravi. Più di 2 milioni di palestinesi sono privi di protezione, cibo, acqua, servizi igienici, alloggi, assistenza sanitaria, istruzione, elettricità e combustibile - le necessità di base per sopravvivere. Le famiglie sono state sfollate con la forza, più e più volte, da un luogo pericoloso all'altro, senza via d'uscita. La dignità, la sicurezza, la salute e i diritti di donne e ragazze sono stati gravemente compromessi. Il rischio di carestia persiste e tutti i 2,1 milioni di residenti hanno ancora urgente bisogno di assistenza alimentare e di sostentamento, poiché l'accesso umanitario rimane limitato.

A Gaza sono stati registrati più di 500 attacchi all'assistenza sanitaria. La forza inutile e sproporzionata scatenata in Cisgiordania, unita all'escalation di violenza dei coloni, alle demolizioni di case, agli sfollamenti forzati e alle restrizioni alla circolazione discriminatorie, ha causato un aumento di morti e feriti. La guerra sta mettendo a repentaglio il futuro di tutti i palestinesi e rende lontana una possibile ripresa. È necessario rendere conto delle gravi violazioni del diritto internazionale umanitario e dei diritti umani.

Le organizzazioni umanitarie e di assistenza hanno fatto del loro meglio per fornire soccorso a Gaza e in Cisgiordania, spesso con grandi rischi personali e con molti operatori umanitari che hanno pagato il prezzo più alto”, evidenzia il Comitato. La capacità di fornire aiuti è indubbia se viene garantito l'accesso necessario. Il primo ciclo della campagna di vaccinazione antipolio, che ha raggiunto più di 560mila bambini sotto i 10 anni, è solo un esempio. Il secondo ciclo di vaccinazioni deve essere effettuato in sicurezza e deve raggiungere tutti i bambini di Gaza.

Unicef, Oms, Fao, WWP e Unhcr esortano dunque i leader mondiali, ancora una volta, a esercitare la loro influenza per garantire il rispetto del diritto internazionale umanitario, del diritto internazionale dei diritti umani e delle sentenze della Corte Internazionale di Giustizia, attraverso la pressione diplomatica e la cooperazione per porre fine all'impunità. La protezione dei civili è un principio fondamentale per la comunità globale e nell'interesse di tutti i Paesi. Permettere che l'abominevole spirale negativa causata da questa guerra nel Territorio Palestinese Occupato continui avrà conseguenze globali inimmaginabili.

Nel frattempo, la stampa internazionale ha registrato due dichiarazioni: da un lato Nabih Berri, presidente sciita del Parlamento libanese, ha parlato di “ore decisive” per evitare una guerra aperta tra Hezbollah e Israele; dall’altro i comandi militari israeliani hanno spostato verso nord due brigate di riservisti, dichiarando di essere pronti a invadere il Libano, un Paese di 6 milioni di abitanti che quasi per miracolo non è crollato sotto il peso di 300mila rifugiati palestinesi, un milione e mezzo di siriani e i quasi 100mila profughi già provocati dai bombardamenti di Israele nel Sud.

Esagerazione? Certo, ma anche i 42mila morti di Gaza lo sono, come i mille della Cisgiordania, o i 600 in un solo giorno in Libano. Anche i soldati israeliani caduti con ogni probabilità lo sono, se non fosse che il Governo di Israele li nasconde con la censura militare e il blocco di ogni forma di libera informazione dal fronte. Su che cosa dobbiamo sperare, dunque, perché non deflagri una guerra aperta disastrosa per i civili, per i Paesi coinvolti e per le sorti del Medio Oriente? A questo punto, oltre che sulla fragile buona volontà dei politici, su una lezione che arriva proprio dalla superiorità di Israele. Un’invasione Israele l’ha già condotta, è quella della Striscia di Gaza. E non pare un gran successo: se non fosse per il totale controllo dei cieli e i bombardamenti a tappeto (non definiamoli “attacchi mirati”) parleremmo forse di fallimento, perché Hamas non è stato sradicato, il controllo del territorio è instabile e non vi è alcuna prospettiva credibile per il futuro della Striscia.

Mentre invece Israele continua a mietere successi laddove è davvero forte: con la capacità di penetrazione nei ranghi nemici dei servizi segreti e con l’uso della tecnologia. L’uccisione in piena Teheran del leader di Hamas Ismail Haniyeh. La distruzione in Siria di una fabbrica segreta di missili costruita dagli iraniani. L’esplosione dei cercapersone e delle radio in Libano. Queste le azioni che hanno davvero disorientato e paralizzato il nemico. Possiamo quindi immaginare che Netanyahu, di fronte alla prospettiva di perdere uomini e mezzi in un’invasione, preferisca affidarsi alle astuzie del Mossad. Ma è una speranza sottile, e di certo poco consolante.

(*Direttore resposabile Assadakah News)

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