El-Fasher - Ultimo appello dell’umanità
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Wael Almawla - La situazione attuale in Sudan, e in particolare nella regione del Darfur, ha raggiunto livelli insostenibili. Ciò che sta accadendo oggi nella città di El-Fasher non è più un conflitto locale o uno scontro passeggero, ma una catastrofe umanitaria che colpisce milioni di civili e racchiude in sé il dolore di tutto il Sudan. La città, un tempo centro di vita e di civiltà, si è trasformata in uno spazio di devastazione, dove la fame perseguita le persone e lo Stato è completamente assente dal suo dovere di proteggere i cittadini.
Oggi El-Fasher è sotto assedio. Gli ospedali sono distrutti o fuori servizio, mentre medicine, cibo e acqua sono ormai quasi inesistenti. Migliaia di famiglie dormono all’aperto senza rifugio, e i bambini muoiono di fame o di sete in una scena che rievoca le peggiori carestie africane. Questa città è diventata il simbolo della tragedia sudanese, dove il crimine incontra il silenzio, e l’umanità ferita si scontra con l’impotenza del mondo.

La tragedia del Darfur non fa distinzioni. La fame non conosce colore, e la morte non chiede di quale tribù o religione si sia. Tutti i sudanesi oggi sono vittime di una guerra insensata, senza vincitori, se non la distruzione. La dignità umana deve restare al di sopra di ogni considerazione politica o militare, e la protezione dei civili è un dovere morale che non ammette attesa. Ospedali e scuole non sono obiettivi del conflitto, ma gli ultimi simboli di vita che devono essere preservati.
La responsabilità di ciò che accade non ricade solo sui sudanesi, ma sulla coscienza del mondo intero. I Paesi arabi devono assumersi le loro responsabilità storiche e umanitarie verso il Sudan fratello, e agire con urgenza per fornire aiuti e soccorsi immediati. Allo stesso modo, l’Unione Europea, le Nazioni Unite, la Mezzaluna Rossa e la Croce Rossa devono garantire corridoi umanitari sicuri, mentre i mezzi di comunicazione devono raccontare la verità con obiettività, lontano da politicizzazioni e interessi ristretti. Ma la vera salvezza deve cominciare dall’interno. È tempo che tutti i sudanesi, nonostante le loro differenze, smettano di sparare e si siedano attorno a un tavolo di dialogo: le armi non costruiscono una patria, ma seminano odio e divisione. Solo la pace può aprire una finestra di luce in questa lunga oscurità, e El-Fasher deve essere il punto di partenza, non il simbolo della fine.
Ciò che accade in Sudan è una dura prova per la coscienza dell’umanità. Per questo, lanciare una campagna internazionale intitolata «Salvate El-Fasher… Salvate il Sudan» non è più un lusso, ma una necessità morale urgente. Il Sudan non ha bisogno di altre dichiarazioni, ma di azioni concrete che gli restituiscano la vita e la speranza, e che rimettano l’essere umano al centro, prima che la morte lo inghiotta nel silenzio.







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