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Gaza - L’appello di “Bidna Naish”

  • 18 apr
  • Tempo di lettura: 3 min

Assadakah News - Ha 28 anni, è un attivista per i diritti umani, si chiama Hamza Howidi, palestinese rifugiato in Germania, e fa parte del movimento “Bidna Naish”, in arabo “Vogliamo Vivere”, fondato nel 2019, che oggi è in prima linea nell’organizzare la protesta in corso nella Striscia di Gaza, non solo contro l’aggressione israeliana, ma anche contro Hamas.

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È importante non identificare tutti i palestinesi con Hamas - dichiara il giovane Hamza - Ai pro-israeliani chiediamo di non identificare tutti i palestinesi come se fossero due milioni di terroristi. È importante dare modo alle voci moderate di esprimersi”. A Hamza si unisce Muhammad (in collegamento video da Gaza e sotto identità coperta), in occasione della tappa italiana, prima all’Università La Sapienza poi al Senato, dove nel corso di un incontro moderato da Sharon Nizza («Voci da Gaza, La fine del regime di Hamas è la premessa per il cessate il fuoco») ha raccontato il proprio impegno contro i terroristi.

L’evento si è tenuto il 16 aprile all’Aula Convegni di Palazzo Carpegna, su iniziativa del senatore Ivan Scalfarotto, e oltre alla partecipazione dell’autrice Sharon Nizza (“7 ottobre 2023: Israele, il giorno più lungo”) ha visto la partecipazione di Piero Fassino (deputato PD) e Lucio Malan (senatore di Fratelli d’Italia).

Sia Hamza che Muhammad hanno sperimentato sulla propria pelle arresto illegale, carcere e tortura ma non da parte israeliana, bensì per mano di Hamas, che oggi è sensibilmente indebolita e ha meno ascendente sulla popolazione stremata, che scende per le strade in segno di protesta.

L’organizzazione dissidente “Bidna Naish” apre una reale possibilità alla gente di Gaza, ma a determinate condizioni: che l’Autorità Nazionale Palestinese affronti i rivali islamisti, che i Paesi arabi abbiano un ruolo fondamentale, e che l’Europa smetta di girare la testa facendo finta di non vedere.

Hamza Howidi
Hamza Howidi

Secondo Muhammad, i palestinesi non ne possono più né di Israele, né di Hamas, e vogliono che esca dalla scena politica. Non è certo una cosa semplice, ma è necessario che Hamas venga disarmata e che gli ultimi ostaggi israeliani tornino a casa. Secondo Hamza e Muhammad, solo così potrà aprirsi un nuovo capitolo per i palestinesi.

Da quando Hamas è al potere - ha dichiarato in collegamento Muhammad - la società palestinese è diventata autocratica, ricca di estremismi e propaganda. Io stesso ero incentivato in questa direzione. Poi ho cominciato a parlare, ho iniziato il mio attivismo. Ad aiutarmi nel mio percorso di de-radicalizzazione, perché sono nato come uno che odia Israele, è stato guardare l’altro come persona e non come ideologia. Ho condannato l’attacco di Hamas del 7 ottobre, mai c’era stata una simile escalation”.

Quando 2 milioni di palestinesi venivano descritti come terroristi - ha concluso Hamza - ho capito che le cose si sarebbero messe male. Adesso il futuro è pieno di incognite. Di certo non possiamo accettare la proposta del presidente americano Trump su pulizia etnica e ricollocamento, né la rioccupazione israeliana della striscia. Anzi, devono essere gli israeliani a dover ricostruire, investendo su coloro che non useranno i soldi per i tunnel e per punire il dissenso. Le proteste che si stanno svolgendo, sono diverse rispetto a quelle a cui avevo partecipato io perché oggi non si chiede solo la fine del governo di Hamas, ma anche lo smantellamento delle milizie. Hamas rappresenta una minaccia per chi dissente. Solo che ora, a differenza di allora, è impegnato in una guerra, ci sono i bombardamenti, e la repressione del dissenso non è più la priorità”.

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