GERD - La grande diga della discordia
- 11 nov
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Roberto Roggero* - Lo scorso 9 settembre, dopo anni di lavori (da parte della azienda italiana WeBuild, ex Impregilo), miliardi di dollari, lotte giuridiche, omicidi, corruzione, vicende giudiziarie, con una sontuosa cerimonia il primo ministro etiope Abiy Ahmed ha ufficialmente inaugurato la Grand Ethiopian Renaissence Dam (GERD), con un bacino artificiale vasto come la città di Londra, contenente circa 75 miliardi di metri cubi d’acqua, che Il Cairo e Khartoum indicano come minaccia alla sopravvivenza dei rispettivi Paesi.
Il presidente egiziano Abdel Fattah Al-Sisi, proprio in occasione della Conferenza sull’Acqua, ha espressamente dichiarato che l’Egitto non rimarrà a guardare di fronte a quello che ha definito un vero e proprio abuso da parte dell’Etiopia, mentre il governo sudanese non ha ancora ufficializzato la propria posizione, dal momento che in affetti ha ben altro a cui pensare, pur avendo pubblicamente la propria opposizione alla Grande Diga.
La questione delle risorse idriche fra Etiopia, Egitto e Sudan in effetti non ha origine dalla costruzione della diga, iniziata nel 2011, ma ben prima, quando la GERD non era nemmeno stata progettata. In ballo ci sono le risorse portate dal Nilo, che non sono cosa da poco.

Negli anni ci sono stati diversi accordi e Memorandum d’Intesa fra Egitto ed Etiopia, che a quanto pare Addis Abeba ha costantemente disatteso, come confermano anche numerosi studi geologici.
Com’è noto, oltre l’85% delle acque che attraversano il Sudan scorrono nel Nilo Azzurro, e provengono dagli altopiani etiopi, a differenza dell’altro ramo del grande fiume, il Nilo Bianco, che attraversa la cosiddetta Rift Valley, e per questo motivo la “politica e la guerra dell'acqua” si concentrano maggiormente sul controllo da parte dell’Etiopia.
La rivalità ha avuto diversi picchi storici, come nel 1902, in occasione dell’inaugurazione della prima diga di Assuan, quando l’Egitto era ancora sotto occupazione inglese, con Londra che concluse un trattato con Addis Abeba, nell’interesse delle colonie britanniche, che potevano così avere potere di veto su qualunque costruzione a monte della diga stessa, per il rischio di vedere limitare eccessivamente il flusso delle risorse idriche. Successivamente, prima nel 1929 e poi nel 1959, i trattati conclusi furono favorevoli all’Egitto, che si assicurò il 66% del flusso delle acque del Nilo, condizione rimasta inalterata fino all’inizio dei lavori di costruzione della GERD, evento che di fatto a messo in discussione tutti i precedenti accordi, anche per la violazione del trattato del 2015 che stabiliva una giusta ripartizione delle acque del Nilo anche in vista della costruzione della GERD, accordo sfumato poi per il cambiamento della situazione politica in Sudan e in Etiopia, dal momento che l’unico leader ancora al potere fra quelli che avevano firmato il trattato è i presidente egiziano Al-Sisi.
Inoltre, in Etiopia, la propaganda di stato ha unito la popolazione, che si è compattata a favore della diga, e ha perfino fatto passare in secondo piano il continuo conflitto armato nel Tigray. Anche in Egitto, la popolazione è unita, ma in aperta opposizione alla diga, dato che il 95% degli egiziani (su circa 115milioni) vive in una fascia che corrisponde al 5% delle terre lungo il corso del Nilo, dato che il resto del territorio è praticamente deserto. Il governo sudanese è orientato verso la posizione egiziana, soprattutto a causa delle conseguenze della guerra in corso, anche se gli analisti di strategia vedono la posizione particolarmente conveniente per non perdere gli aiuti militari, dato che prima della guerra le autorità sudanesi pensavano che il progetto fosse positivo per il Sudan, grazie alle promesse dell'Etiopia di condividere l'elettricità prodotta con Khartoum. Tuttavia, quando il leader sudanese riconosciuto, Abdel Fattah Al-Burhan ha incontrato Al-Sisi al Cairo lo scorso 15 ottobre, gran parte della colpa è stata attribuita alla GERD, affermazione che l'Etiopia nega.
Nell’Unione Europea, la posizione dominante pare essere allineata a quella di Egitto e Sudan, come confermato dalla dichiarazione rilasciata in occasione della recente visita di Al-Sisi a Bruxelles, anche in riferimento al disaccordo europeo verso il comportamento del governo etiope per la condotta repressiva nella sanguinosa guerra nel Tigray, e specialmente per conservare l’appoggio egiziano sulla questione Gaza.
(*Direttore responsabile Assadakah News)







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