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Hiroshima - Il crimine che ha cambiato il mondo

  • 6 ago
  • Tempo di lettura: 2 min
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Letizia Leonardi (Assadakah News) - L’America, la bomba e la vergogna dell’umanità. L’atomica non fu una necessità bellica. Fu una dimostrazione di potere. E da allora viviamo sotto l’ombra di quella scelta.

Il 6 agosto del 1945, alle 8:15 del mattino, una bomba a fissione nucleare esplose sul cielo di Hiroshima. Tre giorni dopo, un secondo ordigno colpì Nagasaki. Fu la prima, e finora unica, volta nella storia in cui un’arma atomica venne usata in guerra. Il mondo ne uscì cambiato per sempre. Ma non in meglio.

A ottant’anni esatti da quel giorno, è il momento di tornare a chiamare le cose col loro nome. Le due bombe americane non furono un atto inevitabile per porre fine alla guerra, come per decenni ci è stato raccontato. Il Giappone era ormai vicino alla resa. Al contrario, l’atomica fu una scelta politica, strategica, ideologica. Serviva a dimostrare, con brutale chiarezza, il primato assoluto degli Stati Uniti nella nuova era postbellica. Fu un avvertimento al mondo, e in particolare all’URSS: “Questa è la nostra forza. Attenzione a sfidarci”.

Quel gesto inaugurò non la pace, ma l’epoca della minaccia nucleare permanente. Da allora, il genere umano convive con la consapevolezza che un solo ordine, un errore di calcolo o un atto di follia potrebbe cancellare la civiltà in pochi minuti. Una paura silenziosa, sistemica, banalizzata. Ma mai sradicata.

Ci si sarebbe aspettati, dopo Hiroshima e Nagasaki, una reazione globale, un tabù assoluto, una messa al bando universale della bomba atomica. E invece, nulla di tutto questo. Le bombe furono legittimate, studiate, replicate. Altri Stati cominciarono a volerle, a costruirle, a custodirle. Il mondo si trasformò in una polveriera, e lo è ancora oggi.

La memoria delle vittime giapponesi merita rispetto. Ma non basta la commemorazione. Serve la condanna lucida e senza retorica di ciò che accadde. L’America, per prima, ha utilizzato l’arma più distruttiva mai concepita contro una popolazione civile. Non per disperazione, ma per egemonia. Non per salvare vite, ma per segnare un confine di potere.

Il vero scandalo, però, è che quella scelta non venne mai ritenuta un crimine. Nessun processo, nessuna sanzione. Al contrario: la bomba divenne “strumento di pace” nel linguaggio distorto della deterrenza.

Oggi viviamo ancora sotto il peso di quella menzogna originaria. Le potenze nucleari non sono “garanti della stabilità”: sono ostaggi del proprio arsenale. E noi con loro.

A ottant’anni da Hiroshima, non serve solo ricordare. Serve dire, finalmente, che tutto ciò è stato un errore, meglio definirlo orrore storico, morale e politico. E che l’unico futuro degno di questo nome sarà quello in cui la bomba atomica non esisterà più. Non per disarmo unilaterale, ma per scelta collettiva. Perché nessuna nazione, nessuna, dovrebbe avere il diritto di tenere in ostaggio il destino del mondo.

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