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Il vino armeno conquista l’Italia

  • 22 ott
  • Tempo di lettura: 3 min

Assadakah News - Un nuovo libro racconta un settore in ascesa. Negli ultimi quindici anni, la viticoltura armena è cresciuta in qualità, esportazioni e reputazione. Il volume Vini Armeni di Kellerman Editore celebra una tradizione millenaria e il suo nuovo posizionamento globale, accompagnando il lettore in un viaggio attraverso la storia e l’anima vitivinicola dell’Armenia.

Nel corso dell’ultimo quindicennio, il settore vinicolo armeno ha conosciuto una crescita senza precedenti, diventando una delle forze trainanti dell’economia nazionale e conquistando una posizione di rilievo sui mercati internazionali. Il numero delle cantine è aumentato in modo esponenziale, raggiungendo oggi quota 170.

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Nell’ultimo decennio, sia la produzione sia l’export del vino armeno sono raddoppiati: la produzione totale si attesta intorno ai 13 milioni di litri e le esportazioni raggiungono i 4,2 milioni di litri. La qualità è migliorata grazie agli investimenti in tecniche moderne e al recupero di vitigni autoctoni millenari, mentre le esportazioni hanno raggiunto nuovi mercati, dall’Europa agli Stati Uniti fino all’Asia. Oggi l’Armenia non è più soltanto la “culla del vino”, ma un attore competitivo e riconosciuto sulla scena internazionale. Questo crescente interesse è confermato anche dal mercato italiano, uno dei più maturi e selettivi al mondo, dove è stato recentemente pubblicato il libro Vini Armeni. La cultura del vino ha radici antichissime di Manuela Da Cortà ed Enrico Dal Bianco (Kellermann Editore). Con una prefazione della scrittrice italiana di origini armene Antonia Arslan e un’introduzione dello storico e studioso di armenistica Aldo Ferrari, il volume si propone come un ponte culturale tra due Paesi uniti da profonde affinità artistiche, religiose e gastronomiche. L’autore Enrico Dal Bianco accompagna il lettore in un viaggio attraverso la storia e il patrimonio vitivinicolo dell’Armenia dal Neolitico a oggi: dalle scoperte archeologiche nella grotta di Areni - dove sono stati rinvenuti i resti della più antica vinificazione conosciuta al mondo (risalente a 6.100 anni fa) - fino alle moderne cantine che oggi conquistano medaglie nei più prestigiosi concorsi internazionali. Arricchito da fotografie, mappe e approfondimenti, il libro racconta i territori, le tradizioni, i produttori e i vitigni che rendono unico il patrimonio vinicolo armeno. Un’attenzione particolare è dedicata alle principali regioni vinicole dell’Armenia e ai loro vitigni autoctoni e locali, tra cui Vayots Dzor (Sev Areni, Khatoun Kharji), Aragatsotn (Kangun, Voskehat, Karmrahyut), la Valle dell’Ararat — che comprende le regioni di Armavir e Ararat — con rossi strutturati come Haghtanak e Milagh e bianchi come Kangun, Garan Dmak e Mskhali, Tavush (Lalvari, Banants) e Syunik (terroir d’altura con Khndoghni).

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Nonostante le sue dimensioni ridotte, i terroir dell’Armenia sono straordinariamente diversificati: vigneti d’altura (400–1800 m), suoli vulcanici e calcarei, forti escursioni termiche e un clima continentale che, insieme a oltre 350 varietà autoctone, contribuiscono a definire l’identità unica della viticoltura armena.

Tra i vitigni autoctoni più rappresentativi si distinguono Sev Areni (noto anche come Sev Malahi), uno dei più antichi vitigni armeni, coltivato ininterrottamente da millenni. I suoi vini sono eleganti, con vivace acidità e aromi di ciliegia e ribes nero, e sviluppano una ricchezza vellutata con l’affinamento in legno. Voskehat — letteralmente “bacca d’oro” e spesso definito la “regina dei vitigni armeni” — dà vita a bianchi complessi e longevi, con note agrumate, floreali e mielate. Pur originario dell’Aragatsotn, ha trovato il suo trionfo nel Vayots Dzor, dove oggi si producono alcuni dei più celebrati vini bianchi armeni. Haghtanak (“Vittoria”), varietà locale della Valle dell’Ararat, dà rossi di colore intenso e struttura importante, con aromi di mora, prugna e delicate spezie, mentre Kangun si distingue per la sua versatilità nella produzione di bianchi fermi e spumanti, oltre che di brandy, apprezzato per la sua freschezza e il suo carattere floreale-fruttato. Khndoghni (Sireni/Shireni), originario del sud, aggiunge profondità e spezie ai robusti rossi di Syunik.

“Il vino armeno non è solo un prodotto agricolo: è simbolo culturale e identitario, un ambasciatore della nostra storia e della nostra ospitalità. Negli ultimi anni abbiamo compiuto grandi progressi nel migliorare la qualità, la riconoscibilità e la distribuzione, e il crescente interesse dell’Italia conferma che siamo sulla strada giusta”, afferma Zaruhi Muradyan, direttrice della Vine and Wine Foundation of Armenia, l’organizzazione che ha contribuito alla realizzazione del volume. Vini Armeni non è solo una guida per appassionati ed esperti di vino, ma anche un invito a scoprire un Paese in cui la storia del vino si intreccia con quella della civiltà, e dove, ancora oggi, ogni calice racconta secoli di cultura, resilienza e bellezza.

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