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Iran - Cinema iraniano, tra tradizione e innovazione

Immagine del redattore: Patrizia BoiPatrizia Boi
Il Sapore della Ciliegia (1997) di Abbas Kiarostami - Immagine tratta dal Film iraniano
Il Sapore della Ciliegia (1997) di Abbas Kiarostami - Immagine tratta dal Film iraniano

Rubrica - Iran - Cinema, Le visioni e gli infiniti linguaggi - 21 Gennaio 2025


Maddalena Celano (Assadakah News) - Il cinema iraniano rappresenta una delle voci più significative e influenti del panorama cinematografico globale. Con una tradizione che si intreccia con la cultura millenaria del Paese, questo cinema si distingue per la sua capacità di unire poesia, filosofia e riflessione sociale. In questo contesto, figure come Abbas Kiarostami e Shirin Neshat emergono come pilastri di un cinema che continua a stupire per la sua vitalità artistica e il suo impegno intellettuale.

 

Abbas Kiarostami - Il Poeta del Quotidiano

Abbas Kiarostami - Immagine dal Web iraniano
Abbas Kiarostami - Immagine dal Web iraniano

Abbas Kiarostami è considerato uno dei più grandi registi della storia del cinema. Il suo stile, caratterizzato da un minimalismo visivo e narrativo, esplora le complessità dell'esistenza umana attraverso storie apparentemente semplici. Film come “Close-Up” (1990), “Il sapore della ciliegia” (1997, vincitore della Palma d'Oro a Cannes) e “Il vento ci porterà via” (1999) offrono uno sguardo poetico sulla vita quotidiana e sulla condizione umana, sfidando le convenzioni narrative tradizionali.


Abbas Kiarostami (Teheran, 22 giugno 1940 – Parigi, 4 luglio 2016) è stato uno dei più grandi maestri del cinema mondiale, un regista capace di unire poesia e realismo in una sintesi unica e profondamente umana. Il suo contributo al cinema è riconosciuto universalmente per l'innovazione narrativa e stilistica, che ha ridefinito il linguaggio cinematografico contemporaneo.

Abbas Kiarostami - Immagine dal Web iraniano
Abbas Kiarostami - Immagine dal Web iraniano

Kiarostami ha iniziato la sua carriera come grafico e pubblicitario prima di approdare al cinema, lavorando inizialmente a cortometraggi e documentari per il Centro per lo Sviluppo Intellettuale di Bambini e Adolescenti in Iran. Questi primi lavori, come “Il pane e il vicolo” (1970), già anticipavano il suo interesse per la semplicità narrativa e la profondità dei temi umani.


Il suo stile minimalista è caratterizzato da una straordinaria attenzione ai dettagli della vita quotidiana, che trasformano il banale in straordinario. Kiarostami esplorava le complessità dell'esistenza umana attraverso storie apparentemente semplici, facendo ricorso a inquadrature fisse, lunghe sequenze e dialoghi essenziali.

 

Il Riconoscimento Internazionale

Close-Up (1990) di Abbas Kiarostami - Immagine tratta dal film iraniano
Close-Up (1990) di Abbas Kiarostami - Immagine tratta dal film iraniano

Kiarostami ha raggiunto la fama internazionale con “Close-Up” (1990), un’opera che mescola documentario e finzione per raccontare la storia di un uomo che si spaccia per un famoso regista. Questo film lo ha consacrato come una delle voci più originali del cinema contemporaneo.


Nel 1997, Kiarostami ha vinto la Palma d'Oro al Festival di Cannes con “Il sapore della ciliegia”, un’opera che affronta il tema della morte con una poetica straordinaria, ponendo il pubblico di fronte a un dilemma morale e filosofico senza precedenti.

Il Sapore della Ciliegia (1997) di Abbas Kiarostami - Immagine tratta dal Film iraniano
Il Sapore della Ciliegia (1997) di Abbas Kiarostami - Immagine tratta dal Film iraniano

Tra le sue opere più celebri si annovera anche “Il vento ci porterà via” (1999), un film contemplativo che riflette sull'impermanenza della vita, utilizzando la natura come una presenza silenziosa ma potente, simbolo della condizione umana. 

Il vento ci porterà via (1999) di Abbas Kiarostami - Immagine tratta dal Film iraniano
Il vento ci porterà via (1999) di Abbas Kiarostami - Immagine tratta dal Film iraniano

L'Ultima Fase e l'Influenza Globale


Negli ultimi anni della sua carriera, Kiarostami ha realizzato film al di fuori dell'Iran, tra cui “Copia conforme” (2010), girato in Italia e interpretato da Juliette Binoche, e “Qualcuno da amare” (2012), ambientato in Giappone. Questi lavori confermano la sua capacità di trascendere confini culturali e geografici, mantenendo invariato il suo linguaggio universale.

Copia Conforme (2010) di Abbas Kiarostami - Immagini tratta dal Film iraniano


Parallelamente alla sua carriera cinematografica, Kiarostami è stato un fotografo e poeta di grande talento, dimostrando un approccio interdisciplinare all'arte che lo ha reso un intellettuale completo e innovativo.

 

L'Eredità di Kiarostami


Abbas Kiarostami ha lasciato un'eredità indelebile nel panorama del cinema mondiale. I suoi film continuano a ispirare registi e spettatori, non solo per la loro bellezza visiva ma anche per la loro capacità di stimolare riflessioni profonde sul significato della vita.


Con il suo cinema, Kiarostami ci ha insegnato a guardare il mondo con occhi nuovi, trovando il sublime nella quotidianità e trasformando le storie più semplici in esperienze universali.

 

Kiarostami era un maestro nel trasformare il banale in sublime, usando la natura e il paesaggio come metafore visive per riflettere sui dilemmi morali e filosofici. Il suo cinema invita gli spettatori a un'esperienza meditativa, ponendoli di fronte a domande universali sull'identità, la morte e il significato della vita.

 

Shirin Neshat - L'Arte del Corpo e dello Sguardo 

Women of Allah, tratta da una serie di immagini della regista e fotografa iraniana Shirin Neshat
Women of Allah, tratta da una serie di immagini della regista e fotografa iraniana Shirin Neshat

Shirin Neshat, artista visiva e regista iraniana, ha guadagnato una posizione di rilievo nell'arte contemporanea grazie alla sua capacità unica di esplorare temi complessi attraverso un linguaggio visivo straordinariamente evocativo. La sua opera è segnata da un profondo impegno nei confronti delle dinamiche culturali e sociali, ma al contempo si caratterizza per una forza espressiva che trascende i confini culturali e geografici.

 

L'Esilio e la Formazione dell'Identità Artistica


Nata nel 1957 a Qazvin, in Iran, Shirin Neshat ha vissuto gran parte della sua vita in esilio, una condizione che ha influenzato profondamente la sua arte. La distanza dal suo paese natale, unita alla riflessione sulla diaspora e sull'identità, è diventata una risorsa creativa, un motore per la sua esplorazione delle dinamiche tra individuo e società, tra tradizione e cambiamento.


Nel suo lavoro, Neshat ha spesso indagato la figura femminile, non solo come oggetto di riflessione sociale, ma anche come simbolo di forza e resilienza. Le sue serie fotografiche, come “Women of Allah” (1993-1997), sono caratterizzate da immagini potenti di donne velate, le cui figure emergono da paesaggi poetici, accompagnate da scritte in calligrafia persiana.


La scelta di questi elementi non è mai casuale: la calligrafia, che rappresenta una forma di scrittura profondamente legata alla cultura iraniana, diventa per Neshat un modo per esplorare la relazione tra identità culturale, religione e ruolo della donna nella società.

Women of Allah, tratte da una serie di immagini della regista e fotografa iraniana Shirin Neshat 


Il Cinema come Estensione del Linguaggio Visivo


Con il suo debutto cinematografico, “Donne senza uomini” (2009), Shirin Neshat ha consolidato il suo linguaggio artistico in un nuovo medium, che le ha permesso di ampliare ulteriormente il messaggio e il pubblico della sua opera. Il film, tratto dall'omonimo romanzo di Shahrnush Parsipur, racconta le vicende di quattro donne iraniane durante il colpo di stato del 1953. Un momento storico di grande cambiamento, che funge da sfondo per una riflessione sul potere, la libertà e la resistenza.


Il film mescola elementi di realismo magico e simbolismo, creando un'atmosfera sospesa tra il sogno e la realtà. Le scelte visive di Neshat, che intrecciano paesaggi suggestivi e scene intime, amplificano il significato della narrazione, dando vita a un'opera che parla di universali temi di emancipazione e solidarietà, ma con un'attenzione particolare alla condizione delle donne in un contesto di trasformazione politica e sociale.

Donne senza uomini (2009) di Shirin Neshat - Immagini dal Web
Donne senza uomini (2009) di Shirin Neshat - Immagini dal Web

Il Corpo e lo Sguardo - Strumenti di Espressione


Il corpo è una delle tematiche centrali dell'opera di Neshat, che lo utilizza come strumento per esplorare le complessità dell'identità, della memoria e del cambiamento. Nei suoi lavori, il corpo femminile diventa un luogo di espressione e resistenza, ma anche di fragilità e vulnerabilità. Le sue immagini, sia fotografiche che cinematografiche, raccontano storie di introspezione, ma anche di tensioni politiche e culturali, rivelando come il corpo possa essere un campo di battaglia, ma anche uno spazio di liberazione.


Lo sguardo è un altro elemento fondamentale. In molte delle sue opere, i soggetti guardano dritto verso lo spettatore, stabilendo una connessione profonda che sfida l'osservatore a confrontarsi con la realtà raccontata. Questo sguardo diretto diventa un atto di presenza e di sfida, un modo per affermare la propria identità e la propria voce.

Shirin Neshat al centro con la sua macchina da presa, ai lati in due autoritratti - Immagini dal Web


Un'Arte che Parla al Mondo


L'arte di Shirin Neshat, pur radicata in un contesto iraniano, è universale. Le sue opere parlano di temi che riguardano tutti: la ricerca di libertà, il rapporto con la propria identità, la lotta per la giustizia. L'abilità di Neshat nel creare opere che trascendono i confini culturali è ciò che le conferisce una potenza espressiva che raggiunge un pubblico globale.


La sua arte non è solo una riflessione sulla condizione delle donne, ma una meditazione più ampia sulla condizione umana, sulla resistenza individuale e collettiva. In questo modo, Neshat è riuscita a trasformare la sua esperienza personale e culturale in un messaggio universale che invita alla riflessione, al dialogo e alla comprensione.


Shirin Neshat è un'artista che ha saputo utilizzare il suo linguaggio visivo per raccontare storie che non sono solo legate a un contesto geografico o politico, ma che parlano di esperienze umane universali. La sua abilità nel rappresentare la complessità dell'identità, la forza del corpo e l'intensità dello sguardo fanno della sua arte una delle più significative e potenti nel panorama contemporaneo. Con il suo lavoro, Neshat non solo racconta storie, ma invita gli spettatori a riflettere sulla loro propria esperienza, spingendoli a esplorare le sfumature della condizione umana attraverso l'arte.

 

Nuove Voci e Nuovi Linguaggi

Girl Walks Home Alone at Night” (2014) di Ana Lily Amirpour - Immagine tratta dal film iraniano
Girl Walks Home Alone at Night” (2014) di Ana Lily Amirpour - Immagine tratta dal film iraniano

Accanto ai maestri come Kiarostami e Neshat, il cinema iraniano contemporaneo è animato da una nuova generazione di registi. Film come A “Girl Walks Home Alone at Night” (2014) di Ana Lily Amirpour, definito un "vampiro iraniano spaghetti western", dimostrano la capacità del cinema iraniano di sperimentare con i generi, offrendo un mix di horror, mélo sociale e fantasy surreale.


Allo stesso modo, registi come Vahid Jalilvand (Un mercoledì di maggio, 2015) e Mani Haghighi (A Dragon Arrives!, 2016) stanno ridefinendo i confini del cinema iraniano con opere che esplorano temi sociali, storici e onirici attraverso linguaggi innovativi.

 

Tra Cultura e Politica - Un Cinema Resiliente


Sebbene il cinema iraniano si sia spesso trovato a confrontarsi con restrizioni politiche e censura, ha saputo trasformare queste difficoltà in una fonte di creatività. I registi iraniani riescono a raccontare storie potenti attraverso metafore e simbolismi, aggirando i limiti imposti e offrendo al pubblico internazionale un'interpretazione unica della realtà iraniana.


Il successo di film come quelli di Kiarostami, Neshat e Panahi, dimostra che il cinema iraniano è non solo un mezzo di intrattenimento, ma anche uno strumento di resistenza culturale e di dialogo globale.

 

Conclusione


Il cinema iraniano è una finestra sulla complessità della cultura e della società di un paese ricco di contraddizioni e bellezza. Registi come Abbas Kiarostami e Shirin Neshat hanno elevato questo cinema a un livello universale, mentre le nuove generazioni continuano a esplorare nuove frontiere narrative e stilistiche. Scoprire il cinema iraniano significa immergersi in un mondo di poesia, riflessione e innovazione, un mondo che, nonostante le difficoltà, continua a brillare con una luce inconfondibile.

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