Iraq - Mohamed Al-Sudani verso il secondo mandato
- 12 nov
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Roberto Roggero* - Anche se l’annuncio ufficiale deve ancora essere divulgato, i risultati della tornata elettorale per eleggere la Camera dei Rappresentanti in Iraq, hanno segnato la vittoria della lista sciita Coalizione Sviluppo e Ricostruzione, dell’attuale primo ministro Mohamed Shia Al-Sudani (giunto ai vertici politici del Paese nel 2022, con il sostegno del Quadro di Coordinamento, alleanza di partiti e gruppi sciiti) che quindi si prepara a un secondo mandato. La prossima tappa saranno le consultazioni per formare il nuovo esecutivo, che in genere sono particolarmente lunghe e difficoltose per come la Costituzione prevede la spartizione delle cariche e dei ministeri, a cui dovranno seguire i primi provvedimenti su riforme, occupazione, sanità, istruzione e altro ancora, chieste dalla società irachena.
Ovviamente, fra le priorità, la gestione del difficile equilibrio in politica estera, in un periodo estremamente delicato per il Medio Oriente, con la necessità di trovare una quadra fra i due principali alleati dell’Iraq, che però a loro volta si trovano su fronti opposti, cioè Stati Uniti e Repubblica Islamica dell’Iran.

Secondo le prime indiscrezioni le seste elezioni legislative dalla fine del regime di Saddam Hussein, avrebbero fatto guadagnare al partito del primo ministro almeno 50 seggi in Parlamento, diventando la prima forza politica. Le maggiori formazini che dovranno prendere parte alla formazione del nuovo governo sono, fra gli sciiti, la Coalizione per lo Stato di Diritto dell’ex primo ministro Nuri Al-Maliki; Organizzazione Badr; e Blocco Al-Sadiqoun. Fra i sunniti, il partito Taqaddum dell’ex presidente del parlamento Mohammed Halbusi, e l’Alleanza Azm; per l’etnia curda, il Partito Democratico del Kurdistan (KDP), Unione Patriottica del Kurdistan (PUK) e Fronte Popolare.
Ulteriore priorità, la nomina di un nuovo presidente della Repubblica, carica riservata a un rappresentante dell’etnia curda (dal 2022 il presidente è Abdul Latif Rashid), e un nuovo presidente del parlamento che, come prescrive la Costituzione, dovrà essere di confessione sunnita. I seggi in lizza sono 329, per oltre 7.700 candidati in 90 liste elettorali, di cui circa 1/3 donne, con una affluenza superiore al 55% che comunque è un notevole miglioramento rispetto al 41% delle scorse elezioni del 2021, e nonostante la forte opposizione del leader sciita Muqtada Al-Sadr, che ha denunciato “brogli elettorali su base settaria”.
Rimane il fatto che l’Iraq negli ultimi anni ha vissuto una sorprendente stabilità interna, dopo anni e anni di conflitti e repressione durante il regime di Saddam Hussein, e in seguito all’invasione americana del 2003. Non a caso, queste elezioni sono seguite attentamente da Washington, che ha ancora un contingente di circa 3.000 soldati in Iraq, e sta cecando di recuperare prestigio e credibilità a cominciare dalla Siria, con il recente incontro fra i presidenti Trump e Al-Sharaa, ma sono seguite con estremo interesse anche a Teheran, che di certo vuole mantenere un importante collegamento, dopo le disavventure capitate ai sostenitori, primi fra tutti Hezbollah in Libano e Hamas a Gaza, e con il potere in Siria che ha cambiato ordinamento. Da parte americana comunque, non è casuale la nomina di Mark Savaya, imprenditore naturalizzato americano, a incaricato speciale per l’Iraq, il quale è nato a Tel Keif, proprio in Iraq.
I risultati definitivi delle elezioni saranno annunciati entro un giorno o due al massimo, e confermati ufficialmente dopo il consueto lungo e minuzioso esame dei ricorsi.
(*Direttore responsabile Assadakah News)







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