La Global Sumud Flotilla e il volto della brutalità.
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Maddalena Celano (Assadakah News)- La verità taciuta sulle torture inflitte agli attivisti per la pace

C’è un silenzio che pesa come una pietra. È il silenzio che avvolge le violenze inflitte dagli apparati militari israeliani agli attivisti della Global Sumud Flotilla, una missione internazionale di pace che aveva un solo obiettivo: portare un messaggio di solidarietà al popolo di Gaza e denunciare, con mezzi non violenti, l’assedio che da anni imprigiona oltre due milioni di civili palestinesi.
Tra questi attivisti c’era anche Greta Thunberg, simbolo mondiale della giustizia climatica, oggi vittima – come molti altri – di umiliazioni, pestaggi, torture fisiche e psicologiche. Ma la vicenda non riguarda solo lei: decine di volontari, giornalisti, medici, insegnanti, uomini e donne di pace provenienti da diversi Paesi, sono stati trattenuti, picchiati, umiliati e privati dei diritti fondamentali da un esercito che non tollera neppure il dissenso pacifico.

Un Crimine Contro la Dignità Umana: Le Testimonianze dell'Orrore
Le testimonianze dei sopravvissuti parlano con voce tremante ma limpida. Alcuni attivisti riferiscono di essere stati trascinati a terra, picchiati, spogliati, insultati, sottoposti a ore di interrogatori senza avvocati né interpreti, rinchiusi in celle sporche e prive d’acqua.
A Greta Thunberg – secondo varie fonti giornalistiche internazionali – sarebbe stato imposto di reggere la bandiera israeliana davanti alle telecamere, come simbolica “umiliazione”, dopo essere stata picchiata e privata dei suoi effetti personali.
Molti altri, compresi medici e volontari di ONG, avrebbero subito torture fisiche e privazioni, fra cui la negazione di cure mediche essenziali, la mancanza di acqua potabile e il confinamento in celle infestate da insetti. Sono stati riferiti casi di collasso fisico, di crisi respiratorie e di lesioni non curate, mentre i militari israeliani – secondo le testimonianze – ridacchiavano o documentavano la scena con i cellulari.
Queste pratiche non sono solo violazioni morali: sono crimini di guerra e violazioni del diritto internazionale. La Convenzione contro la tortura delle Nazioni Unite, di cui Israele è firmatario, vieta espressamente ogni forma di coercizione fisica o psicologica nei confronti di detenuti civili. Tuttavia, ancora una volta, il diritto viene sospeso e la brutalità viene giustificata in nome della "sicurezza".

Il Velo Caduto: Le Prove Contro la Narrazione Ufficiale
Come sempre accade, la risposta ufficiale israeliana è stata la negazione totale. Le autorità parlano di “operazione regolare”, di “intercettazione legittima” e di “detenzione temporanea di individui non cooperativi”. Ma la verità, come spesso accade, filtra dalle voci degli stessi attivisti e dai resoconti di medici e avvocati che li hanno visitati dopo il rilascio: livelli elevati di stress post-traumatico, lesioni fisiche e segni inequivocabili di abusi.
La strategia è chiara: negare, occultare, distorcere. I media internazionali, spesso timidi nell'affrontare le responsabilità israeliane, hanno dato spazio prevalentemente alla narrazione ufficiale, bollando gli attivisti come "provocatori" o, nel peggiore dei casi, come "sostenitori del terrorismo". Questo meccanismo di delegittimazione è fondamentale per il potere: se si riesce a disumanizzare la vittima e a criminalizzare il dissenso pacifico, l'abuso diventa meno visibile, più accettabile.
Ma l'evidenza delle ecchimosi, dei certificati medici e, soprattutto, delle testimonianze concordi di persone provenienti da culture e Paesi diversi, demolisce la propaganda. Non si tratta di "inconvenienti" o di "eccessi isolati", ma di un modus operandi sistematico, finalizzato a terrorizzare chiunque osi rompere l'assedio fisico e mediatico imposto a Gaza.
La Silenziosa Complicità Internazionale
Di fronte a questa violenza, la comunità internazionale risponde con una vergognosa indifferenza. Le Nazioni Unite hanno espresso le solite "profonde preoccupazioni", ma senza alcuna azione concreta. L'Unione Europea, pur considerandosi un baluardo dei diritti umani, continua a mantenere solidi rapporti commerciali e diplomatici con Israele, ignorando le palesi violazioni dei trattati internazionali. Il silenzio delle cancellerie è una forma di complicità.
Ci si indigna per i dittatori lontani, ma si abbassa lo sguardo quando un Paese democratico, forte dei suoi alleati occidentali, commette torture contro attivisti per la pace, inclusa una figura di risonanza globale come Greta Thunberg. Dov'è la condanna unanime che si riserverebbe a qualsiasi altro Stato che maltrattasse giornalisti, medici e volontari internazionali?
Il caso della Global Sumud Flotilla non è un incidente isolato, ma l'ennesima riprova che il diritto internazionale viene applicato in modo selettivo. Finché la comunità internazionale non deciderà di superare questa doppia morale, consentendo indagini indipendenti e sanzioni contro i responsabili, le violenze non cesseranno.
La verità è che la Global Sumud Flotilla non è fallita. Non è riuscita a rompere l'assedio di Gaza, ma ha involontariamente esposto al mondo intero un lato ancora più oscuro e brutale del conflitto: non solo la prigione imposta a due milioni di persone, ma anche la sistematica violenza di Stato esercitata contro chiunque osi portare un barlume di speranza e solidarietà. È questo il crimine per cui gli attivisti sono stati puniti, e il loro dolore è un monito che non può e non deve essere ignorato.

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