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Lega Araba - Il nuovo corso della diplomazia di Damasco

Roberto Roggero - Dopo una esclusione durata 12 anni, a causa della guerra civile, la Siria è di nuovo Paese membro della Lega degli Stati Arabi, avvenimento sancito con la partecipazione del presidente Bashar Al Assad al recente vertice tenuto a Jeddah, in Arabia Saudita, accolto ufficialmente dal principe ereditario, S.A. Mohammed bin Salman.

Si apre quindi un nuovo scenario nel mondo arabo, con segnali più che evidenti, in particolare il riavvicinamento fra Riyadh e Teheran, al quale sta facendo seguito un processo di riavvicinamento fra diversi Stati del Golfo e Paesi arabi che in precedenza avevano raffreddato i rapporti diplomatici, in primis i principali membri della stessa Lega Araba, ovvero Egitto, Arabia Saudita e Qatar.

Il ministro degli Esteri siriano, Faisal Mekdad, a partire dall’incontro fra il principe saudita e il presidente Assad, ha esposto il programma di massima che costituisce il fulcro delle nuove relazioni fra Damasco e il Regno d’Arabia. L’obiettivo condiviso è un rapporto che renda sempre più saldo il blocco arabo rispetto alle ingerenze occidentali, creando un fronte stabile che possa contrastare i troppo invasivi interessi terzi, per il quale è necessario un riavvicinamento anche con Paesi del Golfo che con la Siria non hanno mai avuto profonde simpatie, in particolare il Qatar, che tuttavia non ha posto alcun veto sulla riammissione di Damasco, e questo è un segno decisamente positivo. Per quanto riguarda l’Egitto, il ministro Mekdad ha esposto l’intenzione del proprio governo di ripristinare completamente i rapporti diplomatici, ma ha anche fatto presente che non sono questioni che si risolvono da oggi a domani, e che richiedono il tempo necessario, poiché le questioni bilaterali da risolvere sono estremamente delicate. Certo è che per creare quel fronte unico, è necessaria la unanime coesione. I presidenti egiziano e siriano hanno avuto un lungo colloquio telefonico, il cui argomento prevalente è stato comunque la situazione della popolazione siriana colpita dal terremoto del 6 febbraio scorso, ideale base per un processo di riavvicinamento. Mekdad ha dichiarato: “Siamo di fronte a una situazione promettente in termini di approfondimento delle relazioni fra Paesi arabi, tenendo conto delle condizioni peculiari di ciascun Paese”. Mekdad ha poi fatto riferimento alle sanzioni imposte alla Siria, definite misure coercitive unilaterali imposte dagli Stati Uniti, contrarie al diritto internazionale, facendo presente che la presenza americana in Siria ha tutt’altro scopo che il contrasto al terrorismo, anzi, prova evidente che lo stesso fondamentalismo è strumentalizzato da Washington come pretesto per mantenere e sviluppare gli interessi americano nell’area. Altra questione, per la quale Mekdad accusa i Paesi occidentali, è il rientro dei profughi siriani.

Sempre secondo il ministro Mekdad, elemento fondamentale per il ripristino di condizioni che favoriscano la cooperazione fra Paesi arabi è la normalizzazione dei rapporti fra Siria e Turchia, punto focale di una questione che coinvolge il territorio del Kurdistan. Mekdad ha infatti ribadito che non sarà possibile alcun riavvicinamento finché le forze armate di Ankara occuperanno parti del territorio siriano: “Non sarà possibile alcun incontro fra il presidente Assad e il suo omologo turco Erdogan, fino al completo ritiro di truppe turche dalla Siria”.

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