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Libano – Il confine conteso


Paola Sireci – A seguito della pausa diplomatica di otto mesi tra Libano e Israele, riprendono i colloqui tra le due potenze nemiche, di lunga data, sulla ridefinizione dei confini marittimi nel Mediterraneo che ha bloccato l’esplorazione di idrocarburi in quest’area particolarmente ricca di gas. La ripresa avviene a Naqoura, in Libano, al culmine di tre anni di diplomazia mediata dagli Stati Uniti, cui ultimi contatti risalgono a ottobre, quando le Nazioni Unite hanno ospitato le tre potenze nel sud del Libano attraverso il peacekeeping, azioni politiche e militari svolte dalle Forze di Pace della Nazioni Unite per mantenere la pace internazionale.

Un tentativo non troppo efficace vista l’interruzione invernale dei colloqui tra Israele e Libano dovuti alla presentazione delle stesse di mappe contrastanti relative alla delineazione dei confini che aumentava la dimensione dell’area contesa. Lo stallo dei colloqui, sebbene abbia rallentato gli accordi tra gli Stati, è stato producente in quanto martedì scorso, il Primo Ministro libanese e i ministri della difesa e dei lavori pubblici, hanno approvato una proposta di decreto che aggiudicherebbe al Libano 1.400 chilometri quadrati alla sua zona economica esclusiva, progetto non ancora approvato e che si aggiunge alle difficoltà economico-umanitarie che sta affrontando il Paese a seguito della Guerra Civile del 1975-1990 e per le quali sta cercando donatori stranieri disposti a sostenerlo. Al contrario di Israele, che produce gas da importanti giacimenti offshore, il Libano non dispone, all’interno delle sue acque, di riserve di gas commerciale motivo per cui, portare a termine questa trattativa con Netanyahu, inizierebbe a risanare la condizione di precarietà cui è investita da trent’anni a oggi con l’aiuto e il sostegno, per l’ennesima volta, degli Stati Uniti che portano avanti la loro missione diplomatica in Medio Oriente.

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