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Libano - Terzo anniversario dell’esplosione di Beirut

Assadakah Beirut - Il 4 agosto 2020, alle 18.08, un’esplosione di potenza come poche nella storia, che ha fatto registrare una magnitudo superiore a 4 dalla US-Geological Survey, ha devastato il porto e parte di Beirut, uccidendo 218 persone, ferendone più di settemila e danneggiando gran parte della città. Una tragedia che si aggiunge alla profonda crisi politica ed economica, fra manifestazioni di protesta, peggiorata con la pandemia.

Le indagini sono difficili, ancora lontane dall’avere chiarito le reali responsabilità, ma procedono anche con il contributo di organismi internazionali come il Goldsmiths Forensic Architecture di Londra, istituto specializzato in investigazioni su violazioni dei diritti umani e abusi commessi da autorità statali, o da imprese private, invitato dal quotidiano egiziano Mada Masr a esaminare fonti, informazioni, video, fotografie e documenti accessibili.

L’inchiesta ricostruisce la cronologia precisa degli eventi creando un modello in tre dimensioni dell’incidente, con lo scopo anche di aiutare le indagini in corso e stabilire le responsabilità.

Quel 4 agosto 2020, secondo il governatore di Beirut, oltre 300mila persone sono rimaste senza casa, cioè i 2/3 della popolazione cittadina. Il disastro, equivalente alla detonazione di circa 1.200 tonnellate di tritolo, è stato causato da 2.750 tonnellate di nitrato di ammonio, immagazzinate nel porto di Beirut dopo un sequestro avvenuto nel 2014 da una nave moldava diretta in Mozambico, senza alcuna garanzia di sicurezza o sorveglianza. Le condizioni dei numerosi feriti sono poi state aggravate dalla poca operatività degli ospedali a causa della crisi di forniture sanitarie e personale,

I motivi che stanno alle spalle della tragedia sono numerosi, fra cui la bancarotta dell’armatore della nave moldava (un uomo d’affari russo a Cipro), battaglie legali e decine di udienze, mentre il nitrato di ammonio rimaneva nel magazzino del porto libanese, in condizioni di estrema precarietà. Le diverse richieste di rimozione sono state sostanzialmente ignorate, fino al disastro.

Il disastro

Una prima, più piccola esplosione causò una nuvola di fumo. La seconda esplosione fu molto più potente, scosse il centro di Beirut e produsse una nuvola rosso-arancione. Fu avvertita nel nord di Israele e a Cipro, a 240 km di distanza.

L'esplosione ha ribaltato auto e devastato edifici. All'interno dell'area portuale, l'esplosione ha distrutto una sezione del litorale. Sono state distrutte circa 15mila tonnellate di grano, lasciando il Paese con meno di un mese di riserva disponibile.

I danni furono superiori ai 10 miliardi di dollari, tre ospedali sono stati completamente distrutti, mentre altri due hanno subito gravi danni.

Le ambasciate dentro e vicino a Beirut hanno riportato vari danni. Argentina, Australia, Finlandia e Cipro, che si trovavano nelle immediate vicinanze dell'esplosione, hanno subito pesanti danni.

La nave da crociera Orient Queen, ormeggiata nelle vicinanze, ha subito ingenti danni con due vittime e molti feriti, e si è capovolta durante la notte.

Le autorità libanesi hanno posto agli arresti domiciliari, sotto la supervisione dell'esercito, i funzionari del porto di Beirut responsabili del deposito e della sicurezza, in attesa di un'indagine sulle esplosioni.

Le indagini

Il giudice responsabile dell'inchiesta, Tarek Bitar, ha arrestato 38 persone in relazione all'esplosione del 4 agosto 2020, perlopiù lavoratori e funzionari portuali di livello inferiore e medio, oltre ad alti rappresentanti istituzionali e della sicurezza libanese. Tredici sono stati rilasciati, mentre 25 tra cui il responsabile doganale, Badri Daher, e il capo dell'autorità portuale di Beirut, Hasan Kraytem, sono ancora detenuti. Il 16 settembre 2021 è stato emesso un mandato di arresto in contumacia nei confronti dell'ex ministro dei Trasporti e dei Lavori Pubblici, Youssef Fenianos. Il 4 ottobre 2021, la Corte d'appello di Beirut ha respinto una ricusazione avanzata contro il giudice Bitar, presentata dal deputato ed ex ministro Nouhad Machnouk. L'inchiesta è poi stata sospesa il 12 ottobre 2021, dopo che Ali Hasan Khalil, ex ministro delle Finanze, e Ghazi Zeaiter, deputato sciita, entrambi esponenti del movimento Amal, convocati per un interrogatorio, hanno presentato una denuncia legale contro l'investigatore capo, con il leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah, ha accusato Bitar di pregiudizi politici e di voler strumentalizzare l'inchiesta. Una manifestazione sciita contro il giudice davanti palazzo di giustizia è terminata con scontri che hanno portato alla morte di sei persone.

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