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Palestina – Il “tatreez” patrimonio culturale UNESCO

(a cura dell’ambasciata di Palestina in Italia) - L'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Educazione, la Scienza e la Cultura (UNESCO) ha aggiunto l’arte del ricamo tradizionale palestinese alla lista che compone il patrimonio culturale immateriale e intellettuale.

L’elenco è stato stilato il 15 dicembre durante la 16a Sessione del Comitato Intergovernativo per la Salvaguardia del Patrimonio Culturale Immateriale, un raduno annuale di centinaia di partecipanti tra rappresentanti statali, ONG e istituzioni culturali.

Il Primo Ministro palestinese Mohammad Shtayyeh ha ringraziato l’UNESCO per la sua decisione. “Questo passo è importante e tempestivo, al fine di proteggere la nostra identità, il nostro patrimonio e la nostra narrativa palestinese, di fronte ai tentativi dell’occupazione di rubare ciò che non possiede”, ha affermato Shtayyeh.

L’ultimo di questi tentativi si era verificato solo qualche giorno prima della decisione dell’UNESCO, quando le concorrenti del concorso per Miss Universo, organizzato quest’anno ad Eilat, attraverso post sponsorizzati dal Ministero del Turismo israeliano, avevano mostrato il cibo, l’abbigliamento e le tradizioni di danza palestinesi, definendo tutto ciò come tipicamente “israeliano”. Lo ha denunciato il gruppo di attivisti Jewish Voice for Peace (JVP), con sede negli Stati Uniti, che ha parlato di un vero e proprio “furto culturale” e di un “tentativo di auto-indigenizzazione”.

Il ricamo palestinese – o “tatreez” – è una tradizione artistica tramandata di generazione in generazione che prevede la composizione a mano di determinati motivi attraverso l’utilizzo di fili dai colori vivaci. Il “thobe”, ampio abito tradizionale indossato dalle donne palestinesi, è il capo di abbigliamento più comunemente ricamato. Sebbene la pratica abbia avuto origine nelle aree rurali, la cultura di cucire e indossare abiti ricamati è ora comune a villaggi e città, con diversi modelli che rappresentano le varie regioni della Palestina storica, indicando al contempo lo stato civile della donna che li indossa.

Atef Abu Saif, Ministro della Cultura della Palestina, ha dichiarato che il suo Ministero ha lavorato per più di due anni per far inserire i ricami palestinesi nell’elenco. “Il patrimonio culturale è il serbatoio vivente della memoria del nostro popolo su questa terra. La conservazione dell’identità culturale nazionale del nostro patrimonio è indispensabile nell’affrontare un’occupazione che sfrutta tutte le sue capacità per sradicarla e rubarla”, ha affermato in una nota. “Ciò che i nostri nonni e antenati hanno creato e lasciato per noi in un’eredità fatta di bellezza, splendore e radici profondamente radicate, è la migliore prova che siamo il popolo di questa terra”, ha aggiunto Abu Saif.

L’elenco aggiornato il 15 dicembre descrive il ricamo palestinese come una “pratica sociale e intergenerazionale” per cui “le donne si riuniscono nelle case dell’una e dell’altra, spesso con le proprie figlie, allo scopo di praticare il ricamo e il cucito. Molte donne ricamano per hobby, mentre alcune producono e vendono pezzi ricamati per integrare il reddito della loro famiglia, da sole o in collaborazione con altre donne”. La pratica viene trasmessa di madre in figlia, ma anche attraverso corsi di formazione più formali, si legge.

Laila Ghannam, governatrice di Ramallah, ha subito commentato, nel corso di una manifestazione spontanea, che “questo tipo di abbigliamento fa parte della nostra vita quotidiana e tutti coloro che seguono la nostra cultura lo sanno. Non lo usiamo per le sfilate o per le reginette di bellezza. La nostra bellezza è ben nota, è nelle nostre madri, nelle madri dei martiri e dei prigionieri, nella bellezza delle donne oppresse”.

L’UNESCO definisce il patrimonio culturale immateriale come “le pratiche, le rappresentazioni, le espressioni, le conoscenze e le abilità – nonché gli strumenti, gli oggetti, i manufatti e gli spazi culturali ad essi associati – che le comunità, i gruppi e, in alcuni casi, gli individui riconoscono come parte del proprio patrimonio culturale”.

La Lista Rappresentativa del Patrimonio Culturale Immateriale è stata lanciata per la prima volta nel 2008. Nella sua convenzione del 2003, l’UNESCO definiva scopo della lista quello di “assicurare una maggiore visibilità” e “aumentare la consapevolezza” circa il valore degli elementi nominati come rappresentanti del patrimonio culturale immateriale. Tra questi, ricordiamo il teatro delle ombre cinesi, la gastronomia francese, il Kimchi sud-sudcoreano e, da quest’anno, la calligrafia araba.

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