Oman - "Tracce", Intervista all'Architetta Majeda Alhinai
- Patrizia Boi
- 10 mag
- Tempo di lettura: 11 min
Aggiornamento: 12 mag

Patrizia Boi (Assadakah): Il Sultanato dell'Oman svela la sua anima architettonica a Venezia in un dialogo poetico e appassionato tra tracce ancestrali e futuro
Nella città lagunare dove la pietra respira storia e l'acqua riflette sogni, il Sultanato dell'Oman fa il suo ingresso, un battito di cuore inedito alla 19ª Mostra Internazionale di Architettura – La Biennale di Venezia. E per questo debutto vibrante, affida la narrazione di sé a Tracce, un'evocazione spaziale curata dalla visionaria architetta omanita Majeda Alhinai.

Come un sussurro di antiche saggezze che si fa eco nel presente, il padiglione trae la sua linfa vitale dalla Sablah, quel sacro spazio comunitario omanita dove le anime si incontrano e i destini si intrecciano. Da questa matrice culturale millenaria, Tracce germoglia come una potente affermazione architettonica, un ponte immateriale tra la sacralità della continuità culturale e la fulgida intelligenza spaziale.

Tracce non è solo un luogo, ma un'esperienza: un invito all'ospitalità radiosa, un'agorà per la sacra arte della riunione, un santuario per la quieta riflessione. La sua essenza pulsa al ritmo delle informali strutture civiche che costellano il paesaggio omanita, trasfigurandole in un nuovo linguaggio per la vita pubblica contemporanea. La Sablah qui non è un'immagine statica da contemplare, ma un metodo vivo, un'anima che permea lo spazio. Le sue qualità intrinseche – la fluida circolazione come un respiro condiviso, la presenza che nutre la collettività, la capacità metamorfica di adattarsi, l'abbraccio caldo dell'ospitalità – si traducono in sinfonie di forme architettoniche.

Il padiglione, così, diviene una promessa: un inedito spazio civico che affonda le sue radici nella terra fertile della specificità culturale, elevandosi al contempo per interrogare le grandi questioni globali della nostra epoca: il noi che si fa comunità, la sacralità del riuso, la gravità etica della responsabilità architettonica.

E la materia stessa si fa poesia: alluminio grezzo, plasmato da un sistema sartoriale di pannelli che si piegano e si tagliano come origami metallici. Ogni superficie vibra di perforazioni precise, un alfabeto di motivi astratti distillati dal cuore pulsante delle pratiche culturali omanite: la danza ritmica della tessitura delle foglie di palma, i silenzi eloquenti delle porte di legno intagliate, la geometria liquida e vitale del sistema di irrigazione Falaj. Questi non sono orpelli decorativi, ma istruzioni silenziose che l'architettura obbedisce, modellando la luce che accarezza gli spazi, definendo volumi eterei, tessendo la trama stessa della struttura.

L'intero corpo del padiglione è un inno alla mobilità e alla rinascita: concepito per viaggiare, per essere smembrato e ricomposto altrove, mantenendo intatta la sua anima. Ogni frammento, dalla sua ossatura al suo manto, è stato pensato per un disassemblaggio che non conosce la perdita, ma solo la trasformazione. E così, dopo la sua epifania veneziana, Tracce troverà la sua dimora definitiva in Oman, perpetuando la sua scala e la sua sacra funzione di spazio civico.

La sua forma, libera da rigidi schemi, è un invito aperto all'esistenza, una tela bianca che attende l'impronta della vita. Non vi sono confini invalicabili, né un unico sentiero da seguire, niente soglie o recinzioni, nessun asse di movimento singolare. I visitatori danzano attraverso lo spazio, si abbandonano alla quiete della sosta, si fondono nel calore dell'incontro. La sua geometria sinuosa orchestra variazioni spaziali, un gioco di compressioni e rilasci, di svelamenti e di intimi rifugi, senza la necessità di erigere muri convenzionali. L'architettura stessa si fa anfitrione, plasmata dagli stessi sacri principi di ospitalità e dialogo che definiscono l'essenza della Sablah.

Con parole che vibrano di passione, la curatrice Majeda Alhinai svela:
«Tracce offre un'ossatura spaziale intessuta con la sapienza culturale delle pratiche omanite. Dimostra come l'architettura possa germogliare da sistemi ereditati di creazione, manutenzione e adattamento. Questo padiglione non è un mero simbolo della tradizione, ma un modello vivo, un prototipo di come lo spazio civico possa essere reinventato attraverso la conoscenza intrinseca».
Tracce - Padiglione dell'Oman - Al centro il Kahnjar, il pugnale cerimoniale, uno degli elementi di ispirazione del Padiglione - Per gentile concessione del Sultanato dell'Oman
La partecipazione dell'Oman a questa prestigiosa Biennale è il riflesso di un'ambizione più profonda: dialogare con il fervore del discorso contemporaneo senza mai recidere il legame con le proprie sacre tradizioni spaziali. Questo progetto si allinea con la lungimirante Oman Vision 2040, contribuendo a un impegno secolare verso la sostenibilità culturale, l'audacia dell'innovazione architettonica e la feconda linfa della collaborazione internazionale.
Tracce - Padiglione dell'Oman - Le accoglienti 'Porte' omanite, uno degli elementi di ispirazione del Padiglione - Per gentile concessione del Sultanato dell'Oman
Del resto lo abbiamo potuto constatare in questi ultimi tempi come proprio l'Ambasciata del Sultanato dell'Oman in Italia si sia fatta Sablah favorendo l'incontro tra Iran e Usa per discussioni di grande importanza mondiale, sempre a favore di un dialogo di Pace, come del resto da sempre si fa "luogo di incontro" nella Penisola Arabica per facilitare i rapporti internazionali smorzando le cause di conflitto. L'Architetta ha centrato in pieno, quindi, quell'essenza che permea l'anima omanita, plasmata da tempi immemori dalla sua Sablah.

Il sipario sul Padiglione dell'Oman alla 19ª Mostra Internazionale di Architettura – La Biennale di Venezia si è alzato sabato 10 maggio e incanterà il pubblico fino a domenica 23 novembre 2025.
Non trascurate di guardare i pannelli esposti con tutti i dettagli dello studio progettuale
E non trascurate di vedere i pannelli illustrativi del Progetto, i dettagli costruttivi in Mostra e il bellissimo video che mostra l'essenza delle tradizioni, dei paesaggi e della bellezza della cultura omanita.
Alcuni passaggi del video - Guardare il video significa rilevare le Tracce che il progetto ha saputo cogliere del Paesaggio, delle Tradizioni e della Bellezza della Cultura Omanita
Majeda Alhinai - Un'Anima Architettonica tra Arte, Spazio e Futuro
Tracce - Padiglione dell'Oman - La curatrice Majeda Alhinai illustra la sua creazione - L'opera si fa utero e spazio vitale per l'accoglienza dei visitatori durante il Pre-opening
Majeda Alhinai, un nome che risuona come un vento innovatore tra le discipline, è un'architetta, designer ed educatrice la cui fervida pratica tesse un ponte incantato tra l'austera bellezza dell'architettura, la vibrante eloquenza dell'arte e le infinite promesse della tecnologia. Il suo percorso accademico, nutrito dalle prestigiose aule dello SCI-Arc e dall'Alma Mater dell'Università di Nottingham, ha germogliato in un magistero illuminante e in acute disamine critiche presso istituzioni faro come la Kent State University, lo SCI-Arc stesso, il visionario Misk Art Institute, il lungimirante Rensselaer Polytechnic Institute (RPI), la luminosa Syracuse University e la fervente Ohio State University.
Tracce - Padiglione dell'Oman - La curatrice Majeda Alhinai illustra la sua creazione - L'opera afferma la necessità di sostenere lo spazio collettivo, pilastro e colonna della società
Il cuore pulsante dell'opera di Majeda palpita all'unisono con i temi dell'identità collettiva, scrutando con occhio appassionato la danza dinamica, quasi un respiro congiunto, tra l'essere umano e lo spazio che abita, mettendo in luce i concetti di identità collettiva e come questi influenzano l'ambiente architettonico. Le sue creazioni, nate da una mente fertile e un cuore sensibile, hanno trovato eco e ammirazione in palcoscenici regionali e internazionali di straordinaria risonanza, esposte in numerose mostre e istituzioni artistiche di prestigio come la galleria Hauser & Wirth, il visionario A+D Museum, l'innovativo LACI, la fucina creativa della SCI-Arc Gallery, il vibrante Kent CAED, la contemplativa Armstrong Gallery, il custode delle tradizioni Khaleeji Art Museum e l'illuminante Stal Gallery, dove la sua stella nascente brillò più fulgida, conquistando il Gran Premio nella mostra dedicata ai giovani talenti emergenti.
Tracce - Padiglione dell'Oman - L'opera diventa spazio gestazionale per l'amicizia tra il popolo e tra popoli e tentacolo per attrarre il passeggero del mondo globalizzato ormai perduto nella fretta e nella furia della modernità - Immagini scattate durante il Pre-opening
Ella è la mente co-creatrice di Brash Collective, un'agenzia di design con radici a Los Angeles, un crogiolo di idee audaci e innovative. Come un'anima nomade tra due mondi, Majeda divide il suo tempo tra la vibrante energia di Los Angeles e il fascino millenario di Muscat, continuando a plasmare, con instancabile dedizione, spazi che vibrano di umanità e ingegno su scala globale, attraverso la sua opera indipendente e le sue preziose collaborazioni, lasciando un'impronta indelebile nel tessuto dell'architettura contemporanea.

Ma Majeda è anche una giovane Donna che ci ha trasmesso un'emozione forte come emerge da questa intervista che Assadakah News ha realizzato a Venezia l'8 Maggio all'inaugurazione del Padiglione omanita durante il Pre-opening.
Patrizia Boi: Majeda Alhinai, grazie per aver aperto a noi di Assadakah News le porte di questo racconto. Sappiamo del desiderio dell'Ambasciatore dell'Oman a Roma di far germogliare al più presto la storia e l'anima del padiglione "Traces". Iniziamo dal battito del suo cuore nell'aver ricevuto una tela così importante da dipingere, in un'età così fresca.
Majeda Alhinai: «Patrizia, le parole faticano a danzare l'emozione. Mi sento avvolta da un'onda di onore. Questo è un istante di grazia, un crocevia luminoso per il mio cammino. Sento che è la scintilla perfetta per accendere nuove strade nella mia carriera, e la gioia di essere parte di questa narrazione è immensa. È un momento vibrante per l'Oman, e il mio cuore trabocca di orgoglio per la nostra comunità, per la nostra terra, che con tale energia e desiderio anela a mostrare la trama del nostro lavoro qui, nel cuore pulsante di Venezia. E ci tengo a sottolineare il ruolo della donna in questo incarico di curatrice della Mostra. Sono profondamente grata che il mio Paese abbia avuto questo slancio, questa sete di raccontare la propria anima, le proprie radici».

Patrizia Boi: Proprio su queste radici, su queste tradizioni omanite, vorrei soffermarmi. È la prima volta che l'Oman approda a Venezia, alla Biennale, con un padiglione interamente dedicato al respiro dell'accoglienza, allo spazio che ne custodisce l'essenza. Potrebbe svelarci le sue profondità?
Majeda Alhinai: «Certamente. L'anima del nostro padiglione quest'anno si nutre dei principi della "Sablah", il nostro spazio di ritrovo comunitario in Oman. È un filo dorato intessuto profondamente nella trama della nostra cultura, un tratto distintivo della nostra identità. La Sablah è un luogo dalle molteplici voci: non solo un angolo per incontri fugaci, è uno spazio multifunzionale, un palcoscenico per celebrazioni gioiose, per incarichi condivisi, per decisioni che plasmano il nostro futuro. Abbiamo sentito l'urgenza, la bellezza di offrire questo concetto al mondo, attraverso la risonanza della Biennale».

Patrizia Boi: Dunque, il cuore pulsante è la "Sablah", un abbraccio di unione e dialogo dalle mille sfaccettature, un'eco della cultura e dell'anima omanita. Uno spazio che accoglie sussurri informali, l'eco di feste, la solennità delle decisioni. Uno spazio vivo dove la comunità si stringe per parlare, per intrecciare idee e creare. Quali materiali avete scelto per dare corpo a questa visione?
Majeda Alhinai: «La materia prima che abbiamo plasmato è un velo sottile di alluminio, appena 1,5 mm. Con esso abbiamo tessuto pannelli che richiamano la memoria delle nostre tradizionali coperture di palma, così familiari in Oman. L'alluminio è un materiale che respira la durata, pensato per custodire storie nel tempo. Il nostro desiderio, al calar del sipario sulla Biennale, è di liberare la struttura e farla rinascere in uno spazio pubblico in Oman, confermando la sua essenza non effimera. La lavorazione dell'alluminio, nella sua forma, danza con l'intreccio delle foglie di palma, un gesto distintivo del nostro artigianato».

Patrizia Boi: La forma del padiglione è magica. Un'assenza di spigoli vivi, un fluire di curve che paiono un abbraccio morbido. C'è una melodia segreta dietro questa scelta progettuale?
Majeda Alhinai: «Aspiravamo a creare uno spazio che dissolvesse il confine tra dentro e fuori. Il padiglione è una sinfonia di soglie, che invitano l'anima a vagare liberamente attraverso la materia, adattando lo spazio al ritmo delle diverse funzioni che ospiterà, qui a Venezia e poi, di nuovo, nella nostra terra. La forma è nata da un delicato ricamo di "tracce" rubate ai nostri antichi artefatti, ai nostri oggetti culturali. Molte delle curve che si offrono allo sguardo riecheggiano le linee sinuose di icone come il Kahnjar, il pugnale cerimoniale, i gioielli d'argento, il "mandu", una sorta di sacco che custodisce storie. Questa fluidità formale è un omaggio alla dolcezza, all'armonia che vibra nel nostro patrimonio. L'assenza di angoli netti è un invito all'apertura, alla continuità».

Patrizia Boi: Dunque, l'intento è di superare la barriera tra interno ed esterno, creando un abbraccio spaziale aperto e mutevole, la cui forma respira l'anima degli oggetti tradizionali omaniti, come i cuscini che vedo adagiati?
Majeda Alhinai: «Esattamente. La forma stessa del padiglione recupera le linee morbide e avvolgenti di elementi che parlano la lingua antica dell'Oman, come i cuscini che hanno catturato la sua attenzione».

Patrizia Boi (Assadakah): A proposito di questi cuscini, e più in generale dei materiali che vestono l'interno, sento il profumo della palma.
Majeda Alhinai: «Sì, anche questi elementi sono nati dalle mani sapienti che lavorano la palma, un'arte che scorre nel sangue della nostra cultura. All'interno del padiglione, un tappeto morbido tesse un'atmosfera ancora più accogliente, un invito alla sosta».
Patrizia Boi (Assadakah): Majeda Alhinai, la ringrazio di cuore per aver condiviso con noi la sua visione poetica e il significato profondo di "Traces". È un canto affascinante all'accoglienza e alla vibrante ricchezza culturale dell'Oman.
Majeda Alhinai: «Grazie a lei, Patrizia, per avermi offerto questo spazio per narrare l'anima di questo progetto».
Tracce - Padiglione dell'Oman - Le suggestive 'Finestre' omanite, uno degli elementi di ispirazione del Padiglione - Per gentile concessione del Sultanato dell'Oman
Tracce
Commissario: Sayyid Saeed bin Sultan bin Yarub Al Busaidi, Sottosegretario del Ministero della Cultura, dello Sport e della Gioventù per la Cultura
Curatore: Majeda Alhinai
Espositori: Majeda Alhinai, William Virgil, Jalila Almamari, Abdullah Alrashdi, Ben Elmer, Ian Fennimore
Sede: Arsenale
Per immergersi ulteriormente nel racconto del padiglione e nei temi che lo animano, si prega di visitare omaninvenice
Per ogni ulteriore desiderio di conoscenza o per tessere dialoghi con i protagonisti, si prega di contattare:
Francesca Brizzi francesca.brizzi@flint-culture.com
Hesham El Kammash hesham.elkammash@flint-culture.com

Informazioni sul Ministero della Cultura, dello Sport e della Gioventù
Il Ministero della Cultura, dello Sport e della Gioventù del Sultanato dell'Oman è l'anima nazionale che plasma la politica culturale e artistica del paese. Riveste un ruolo sacro nel rappresentare l'Oman sul palcoscenico globale, attraverso la partecipazione a mostre internazionali che sono finestre sul mondo, festival che celebrano l'anima umana ed eventi culturali che tessono legami tra popoli. Il Ministero è custode zelante del patrimonio omanita, promuovendone la sacralità e nutrendo un dialogo interculturale che abbatte i muri dell'incomprensione, sostenendo al contempo la fioritura del talento artistico. Le sue iniziative sono semi di bellezza che germogliano nella creazione e gestione di sale d'arte che sono templi dell'ispirazione, gallerie che narrano storie attraverso forme e colori, e spazi creativi che sono fucine per il futuro, oltre alla raccolta, alla documentazione e all'avanzamento dell'eredità artistica dell'Oman, un tesoro prezioso sia a livello nazionale che internazionale.
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