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Perché il conflitto per il Levante…??

  • 7 ore fa
  • Tempo di lettura: 3 min

✍ Wael Almawla – Scrittore e giornalista


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Ogni volta che la Regione viene scossa, il Levante torna al centro della scena, come se fosse un cuore il cui battito riprende solo quando le potenze si dispongono attorno ad esso. Fin dall’inizio, questa piccola area – con la sua ricchezza culturale, le diversità religiose e politiche, è stata teatro di un conflitto incessante tra potenze regionali in cerca di un sostegno e un centro d’influenza. Il presente somiglia molto al passato, attualmente, sulla terra del Levante si incrociano i progetti di Israele, degli Stati Uniti, della Gran Bretagna, della Turchia e della Repubblica Islamica dell’Iran.

La storia insegna che la salvezza del Levante è sempre passata per mano egiziana.

In questa epoca, Israele procede come una forza che mira a imporre una realtà che non consente la nascita di nessuno Stato forte nel proprio ambiente strategico. Da sempre i Paesi di Siria, Libano, Giordania, Egitto hanno rappresentato meritevoli linee di equilibrio, che ostacolavano il compimento dell’egemonia israeliana. Per questo, Tel Aviv lavora per smantellare qualsiasi asse potenzialmente ostile e per mantenere il Levante come una terra di sanguinamento e conflitto permanente, senza che emerga un’autorità capace di imporre stabilità o di ristabilire pienamente la sovranità.

Dall’altro lato, la Turchia si muove con una fiducia crescente. Osserva attentamente l’intero territorio siriano come un’estensione della propria influenza storica, e come uno spazio vitale per la sua sicurezza nazionale.

Attualmente, la Turchia non è solo un vicino, ma un progetto che mira a ridisegnare le mappe del Mashreq, attraverso il patrocinio di alcune figure influenti, una politica di “turchizzazione” di ampie aree siriane e la costruzione di una zona d’influenza di lungo periodo. Un progetto che impedisce la nascita di un’entità curda e conferisce ad Ankara la capacità di incidere sul futuro di Damasco, Aleppo e Idlib, trasformando la Siria in un retroterra strategico turco.

Quanto alla Repubblica Islamica dell’Iran, entra nel conflitto dalla porta della ‘resistenza’ e dei corridoi strategici. Per Teheran, il Levante non è un semplice dossier politico, ma storia e un antico sogno. È la pietra angolare del sistema di deterrenza e dell’anello che collega Teheran–Baghdad–Damasco–Beirut. Per questo, la sua presenza è stata pesante e prolungata, andando oltre la politica, per toccare l’ideologia, la strategia e talvolta persino la presenza militare diretta.

Tra queste tre potenze, l’Egitto può apparire assente in superficie, ma resta profondamente presente nella storia e nella coscienza collettiva. Fin dall’inizio lo Stato egizio antico, gli Egiziani hanno compreso che la loro sicurezza inizia dal Levante, qualsiasi minaccia proveniente da est, può essere respinta solo nella terra di Canaan. Quando l’Egitto era forte, gli equilibri del Mashreq mutavano, quando si indeboliva, il Levante crollava e veniva conteso dagli imperi.

L’Egitto non è mai stato una forza di occupazione nel Levante, ma una forza di stabilità. Da Ahmose a Thutmose, dall’epoca dei Mamelucchi al progetto di Saladino, da Gamal Abdel Nasser a ogni tentativo arabo di costruire un equilibrio regionale, il Cairo è stato il centro che ha dato al Mashreq un senso di coesione. L’Egitto non è entrato nel Levante per brama di risorse, ma per difendere il proprio bastione orientale e l’idea araba unitaria.

Per questo, la salvezza del Levante è rimasta sempre legata all’Egitto, non solo perché è il Paese arabo più grande. È l’unico a possedere la legittimità dell’iniziativa araba: esercito, cultura, una massa umana determinante, una coscienza storica che vede nella stabilità del Levante non un’opzione geografica, ma una necessità esistenziale.

Senza un Egitto forte, il Levante si trasforma in un campo conteso da potenze non arabe, e senza un progetto arabo centrale, Israele e la Turchia avanzano per colmare il vuoto.

Oggi la Regione vive un nuovo momento di ri-configurazione, in cui i progetti regionali avanzano con forza, mentre arretra il ruolo arabo che un tempo costituiva il muro di equilibrio di fronte alle ambizioni esterne. La verità che non cambia sta nel fatto che il Levante, per quanto il conflitto si intensifichi, non può stabilizzarsi, né rialzarsi, né liberarsi dal pericolo se non quando l’Egitto recupera il suo ruolo naturale.

Questa terra, per la sua sensibilità, la sua geografia e il suo valore simbolico, cerca sempre un centro arabo che la protegga. L’Egitto è stato e resterà questo centro, quando sceglierà di tornare alla sua missione. Perché l’Egitto non è solo un Paese, l’Egitto è una grande potenza araba.

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